domenica 23 agosto 2015

LETTERATURA: RECENSIONE DI FONTAMARA DI IGNAZIO SILONE

Fontamara è il primo romanzo di Ignazio Silone e mostra lo scontro eterno tra i “cafoni”, l’ultimo anello della catena sociale, e i potenti. I secondi esercitano sui primi ogni tipo di sopruso sin da quando l’uomo ha memoria e i cafoni sono ormai assuefatti allo stato di cose e lo accettano passivamente. L’avvento del fascismo peggiora però le cose, con i soprusi a danno dei cafoni che vengono apertamente promossi dal Governo e che diventano ancora più odiosi e insopportabili, finendo per far svanire l’eterna rassegnazione degli ultimi e portarli ad un’inattesa rivolta.

Centrale nel romanzo è la figura di Berardo Viola, l’unico che mai accetta i soprusi di cui sono vittima i cafoni, ma che viene seguito più con divertimento che con convinzione. Solo verso la fine della vicenda, subito l’ennesimo sopruso e vista svanire l’ennesima opportunità, renderà concreta la sua ribellione e spingerà i paesani a seguire la sua strada.

La vicenda si svolge in un paesino abruzzese, appunto Fontamara, abitato da piccoli braccianti che vivono del loro lavoro e sembrano staccati da ogni realtà nazionale. I cafoni però imparano che non ci si può alienare dal resto del mondo, si può credere di farlo, ma si finisce solo per non capire quali nuove armi possono usare i potenti per truffarli.

La vita dei cafoni di Fontamara peggiora sempre più, fino ad arrivare al drammatico finale, è questo dimostra una certa rassegnazione. Finché i cafoni di Fontamara subiscono passivamente, vedono peggiorare le proprie condizioni di vita, quando poi si decidono a reagire, finiscono anche peggio. Come nel Verismo di Verga, non si può fuggire dal proprio destino, solo che in Fontamara non è un destino mosso dalla Provvidenza, ma è la malvagità dei ricchi e dei potenti a portare le sventure sui cafoni.

Nella descrizione delle ingiustizie perpetrate dai fascisti contro i cafoni di Fontamara, Silone mostra anche le contraddizioni del fascismo che, dopo essersi presentato come movimento del popolo, usa violenza contro lo stesso popolo che dovrebbe proteggere. Se il programma del Partito Fascista era di stampo socialista, le azioni andarono in tutt’altra direzione.

L’evoluzione del modo di pensare di Berardo Viola, figura centrale del romanzo, mostra anche la vicenda personale dell’autore. Silone infatti crebbe tra i contadini di Pescina e in gioventù si iscrisse al Partito Comunista per tutelarli, poi entrò in dissenso con il partito e ne uscì, ciò però non bastò ad evitargli noie con il fascismo e così fu costretto all’esilio. Allo stesso modo Viola prima propaganda ai paesani la necessità di ribellarsi anche con azioni violente, poi però cambia idea e finisce per abbandonare i propositi rivoluzionari perché desideroso di sposare la bella Elvira, infine la sua vicenda si conclude con l’aperto contrasto al fascismo.

Francesco Abate

giovedì 20 agosto 2015

FILOSOFIA: NIETZSCHE E IL NAZISMO

Per molti anni il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche è stato considerato precursore del nazismo. L’associazione nasce spontaneamente in chi ha una conoscenza solo superficiale dei due fenomeni, ma allo stesso tempo fu favorita proprio da alcuni ideologi del nazionalsocialismo le cui teorie ebbero poi larga diffusione.

L’equivoco nasce nella definizione che Nietzsche diede di superuomo, un uomo che ha abbandonato ogni fede ed ogni desiderio di certezza per reggersi su tutte le possibilità, crea nuovi valori e non subisce quelli tradizionali, è un uomo che ama la ricchezza e la transitorietà del mondo. Ovviamente in questa definizione di superuomo non c’è nulla che abbia a che fare con la sopraffazione violenta di altri uomini, cosa che era invece alla base della dottrina nazista, quindi l’analogia che molti hanno visto non c’è e il concetto di superuomo espresso da Nietzsche era diverso da quello pensato dai nazisti.

Un altro punto su cui c’era evidente distanza tra il filosofo e i nazisti era l’antisemitismo. Tutti sappiamo che per il nazionalsocialismo la distruzione della razza ebraica, portatrice di una malattia morale, era un punto fermo. Anche ai tempi di Nietzsche, che precedette il nazionalsocialismo di alcuni decenni, era di moda in Europa l’antisemitismo e il filosofo non ne aveva affatto una buona opinione. Egli non amava le religioni, meno di tutte il Cristianesimo, che giudicava anche peggiore dell’Ebraismo, però non è mai arrivato a teorizzare o propagandare la persecuzione e la cancellazione violenta di tali religioni.

Per concludere, posso dire che Nietzsche non è stato per nulla precursore del nazismo, bensì è stato il nazismo ad appropriarsi ed a distorcere il suo pensiero per creare una base culturale forte alle sue folli idee.

Francesco Abate