martedì 26 aprile 2016

TEATRO: MACBETH DI WILLIAM SHAKESPEARE

Scritta agli inizi del 1600, Macbeth è una delle tragedie più famose di William Shakespeare e narra le vicende del signore di Gladis che, a seguito di sanguinosi complotti, diventa re di Scozia.

Re Macbeth esistette davvero e Shakespeare ne conobbe la storia attraverso l'opera Re Macbeth di Scozia di Raphael Holinshed. In quest'opera il sovrano è presentato come un despota sanguinario ed è accentuata la contrapposizione tra il castello, centro del potere, e la foresta, dove si muove l'intera popolazione. Tale contrapposizione è molto evidente nella tragedia, infatti nel castello si svolgono gli intrighi del despota e dalla foresta arriva il rovesciamento del despota stesso. In realtà la percezione negativa di re Macbeth nacque intorno al XIV secolo, le leggende antecedenti tale periodo parlavano invece di un sovrano generoso verso i poveri e rispettoso delle autorità ecclesiastiche.

Macbeth può essere definita una tragedia dell'ambizione. Il protagonista è signore di Gladis nonché cugino di re Duncan, all'inizio dell'opera lo troviamo impegnato nella valorosa difesa del suo sovrano contro il complotto ordito dal signore di Cawdor. Dopo la battaglia vinta, mentre è con il suo fedele amico Banquo, a Macbeth appaiono tre streghe che gli predicono la sua nomina a signore di Cawdor e la sua salita sul trono. Le streghe poi predicono a Banquo una vita infelice, ma gli rivelano anche che la sua progenie siederà sul trono di Scozia. La predizione sconvolge i due, ma ha effetti profondi su Macbeth in cui inizia a crescere una smisurata ambizione, specie quando viene a sapere di essere stato nominato signore di Cawdor da re Duncan. Macbeth informa la moglie della predizione ricevuta e di come parte di essa si sia già avverata, così anche in lei inizia a germogliare il seme dell'ambizione. Se però in Macbeth l'ambizione resta celata, lady Macbeth passa subito all'azione e inizia a pianificare la realizzazione dell'evento più importante, la conquista del trono da parte del marito. L'occasione si presenta quando re Duncan viene a cena nel castello di Macbeth. Il piano orchestrato da lady Macbeth è semplice: giunta la notte, drogherà le guardie così che suo marito possa uccidere il re. La notte arriva, le guardie vengono addormentate dal lady Macbeth e il marito commette l'omicidio. Macbeth però, sconvolto e in preda ai sensi di colpa, dimentica di sporcare di sangue le guardie e addirittura porta via i loro pugnali (lasciati accanto al re per far cadere su di loro la colpa del misfatto), così la moglie torna nella camera e rimedia agli errori del marito. Ad omicidio avvenuto, i figli di Duncan, tra cui l'erede al trono Malcom, fuggono dalla Scozia per timore di essere uccisi a loro volta.
Divenuto re, Macbeth è perseguitato dai sensi di colpa, mentre la moglie gestisce la situazione con maggiore freddezza. Il nuovo re ricorda la profezia che le streghe fecero a Banquo e comincia a percepire l'amico come un pericolo, così ordisce un complotto e lo fa uccidere. Il piano di Macbeth prevedeva anche l'uccisione del giovane figlio di Banquo, ma questo riesce a fuggire. Saputa della morte del vecchio amico, i sensi di colpa cominciano a manifestarsi a Macbeth sotto forma di allucinazioni. Nonostante ciò il sovrano ha ormai fatto l'abitudine ai complotti. Interroga nuovamente le streghe e queste gli rivelano tre cose: deve guardarsi da Mcduff, perirà solo quando la foresta di Birnam si muoverà verso la collina di Nunsinane, non dovrà temere alcun figlio partorito da donna. Macbeth comincia perciò a credere di essere immortale, dato che non esistono figli non partoriti da donna e le foreste non si muovono. Reso più sicuro dalle nuove predizioni, diventa ancora più sanguinario e decide di eliminare Mcduff con tutta la sua famiglia. Mcduff si salva perché corso in Inghilterra a spronare Malcom, erede legittimo al trono, affinché guidi la sommossa contro il sanguinario despota, e lì viene a sapere della crudele uccisione della sua famiglia. Malcom, reso più sicuro anche dall'aiuto promessogli dall'Inghilterra, decide di guidare la rivolta contro Macbeth. Saputo dell'imminente attacco, il despota si rifugia nella fortezza posta sulla collina di Nunsinane, sicuro di non correre alcun pericolo. Le sue certezze vacillano però quando viene informato che la foresta di Birnam sta avanzando verso la fortezza, infatti Malcom ha ordinato che i soldati tagliassero ognuno il ramo di un albero così da mimetizzarsi e non far capire il loro numero. Poco prima della battaglia, lady Macbeth (sonnambula e perseguitata da terribili incubi in cui vede le sue mani sporche di sangue) si uccide. Alla fine Macbeth affronta lo scontro sicuro di non poter essere ucciso, infatti nessun partorito da donna lo può uccidere, ma alla fine dell'opera Mcduff gli rivela di non essere stato partorito, ma estratto da un chirurgo tramite taglio cesareo, e proprio lui lo decapita. Morto Macbeth, il trono passa alla progenie di Banquo, come predetto dalle streghe.

Macbeth è di certo una delle tragedie più cruente e sanguinose di Shakespeare. Anche se può sembrare determinante il ruolo del Fato nelle vicende, in realtà è la tragedia dell'ambizione. Le streghe, che nell'opera rappresentano il destino, non fanno altro che fornire informazioni e guardare le vicende, ma qualunque azione arriva dagli uomini. Macbeth uccide il re, accecato dall'ambizione e spinto dalla moglie, e poi per difendere il trono usurpato cade in una spirale di crudeltà e violenza. Le streghe non fanno altro che parlare, rivelano il destino anche a Banquo, ma quest'ultimo non cambia i suoi modi di agire e lo subisce. In questa tragedia il destino è descritto, ma a farlo sono solo gli uomini.

Macbeth è un uomo ambizioso e in lui si vedono gli effetti negativi dell'ambizione. Egli è un signore, un guerriero valoroso e combatte per il re, ricevendone gli onori. Vede l'occasione di diventare re e sogna il trono, però non pensa all'azione e decide di lasciare che gli eventi vadano da sé, convinto di essere eletto dal destino. La prima azione cruenta, l'assassinio di re Duncan, è spinto a farla dalla moglie e in lui provoca gravi sensi di colpa. La degenerazione del suo animo è però iniziata, anche l'omicidio di Banquo lo farà soffrire, ma stavolta sarà lui a organizzare tutto, non sarà solo l'esecutore materiale, non avrà bisogno della spinta della moglie e organizzerà tutto con precisione, senza fare pasticci come in precedenza. Alla fine poi si vede un re Macbeth crudele che, percependo Mcduff come una minaccia, non esita ad ordinare non solo la sua uccisione, ma anche quella della moglie e dei figli. Non c'è più senso di colpa in lui, non c'è più esitazione, c'è solo la difesa a oltranza della sua posizione, senza scrupolo alcuno.
Lady Macbeth è altrettanto ambiziosa, ma a differenza del marito è una donna d'azione. Conosciute le rivelazioni delle streghe, capisce subito di dover essere lei a spingere il marito a forzare gli eventi, ella infatti sa che lui tende ad aspettare che le cose si sistemino da sé. Possiamo definirla come l'esteriorizzazione del marito, l'incarnazione della sua ambizione, lui desidera e lei trama affinché il desiderio si realizzi. Arriva addirittura a pregare affinché dal suo animo sparisca ogni forma di pietà, in modo che possa essere una guida più efficace per il marito. L'invocazione di lady Macbeth ha il suo effetto, infatti pianifica alla perfezione l'uccisione di re Duncan ed è fredda quando rientra nella stanza del morto per riparare gli errori commessi dal marito sconvolto e fuori di sé. Se però nella parte iniziale è lei la più fredda, la più cinica e calcolatrice, alla fine soccombe ai sensi di colpa impazzendo e uccidendosi, mentre il marito lotta fino alla fine per difendere il trono conquistato spargendo tanto sangue.

Come in tutte le opere di Shakespeare, in Macbeth non mancano momenti di grande poesia e profonde riflessioni esistenziali. 
Molto poetica, e terribilmente rappresentativa di una volontà che cede completamente ai sentimenti più oscuri, è la preghiera che lady Macbeth recita una volta conosciuta la rivelazione delle streghe: "Venite o voi spiriti che vegliate sui pensieri di morte, in quest'istante medesimo snaturate in me il sesso, e colmatemi tutta, da capo a piedi, della più atroce crudeltà. Spessite il mio sangue, occludete ogni accesso ed ogni via alla pietà...Venite alle mie poppe di donna, e prendetevi il mio latte in cambio del vostro fiele". Lady Macbeth in questa preghiera chiede che la sua umanità sia annullata, vuole diventare un'assassina senza alcun briciolo di umanità. Molto efficace la contrapposizione del suo essere donna, delle parti del corpo che rappresentano la maternità e quindi la generazione di vita, con la crudeltà di colei che la vita vuole toglierla.
"La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla". In questo monologo Macbeth, arroccato nella fortezza di Nunsinane, spiega il concetto che ha maturato della vita umana, un susseguirsi di eventi "rumorosi" senza alcun significato.

Questa tragedia, forse per il suo carattere estremamente sanguinario, è da sempre considerata portatrice di malaugurio nell'ambiente teatrale anglosassone, è quindi abitudine degli addetti ai lavori non pronunciarne mai il nome, ma usare perifrasi come "la tragedia di Scozia". Tale superstizione ha ispirato un po' di anni fa ad una scenetta molto divertente nel cartone animato The Simpsons dove la famiglia Simpson, ignara di tale oscura natura dell'opera, fa involontariamente capitare una serie di disgrazie a sir Ian McKellen (uno dei maggiori attori shakespeariani viventi) che li ha invitati proprio a vedere una sua interpretazione del Macbeth.

Francesco Abate

giovedì 21 aprile 2016

STORIA: IL REGIME DEI COLONNELLI IN GRECIA

La Grecia del dopoguerra soffrì a causa della debolezza del potere centrale che accentuò i contrasti tra la destra e la sinistra del paese. Tali contrasti furono alla base della guerra civile del 1945, dopo la quale si insediarono una serie di governi deboli ed incapaci di pacificare il paese. 

Nel 1963 le elezioni furono vinte dal centrista Georgios Papandreu, che però si dimise per puntare alla maggioranza assoluta dei seggi. L'impresa a Papandreu riuscì, infatti alle elezioni successive ottenne il 53% dei voti, conquistando un'ampia maggioranza in Parlamento. 
Papandreu entrò in contrasto con il re Costantino II e questi nel 1965 lo costrinse alle dimissioni. La scintilla che fece scoppiare l'incendio fu la questione del controllo sull'esercito, il re infatti voleva mantenerlo a tutti i costi ed arrivò a dichiarare, pur di delegittimare Papandreu, che tra i militari vi fosse un gruppo di cospiratori comunisti.
La caduta di Papandreu destabilizzò definitivamente la politica greca, i governi che vennero non riuscirono mai ad ottenere una maggioranza netta in Parlamento e quindi la fiducia.

In questo clima di instabilità si inserisce il golpe dei colonnelli. 
Il 21 aprile 1967 alle 2 del mattino i generali Papadopoulos, Makarezos e Ladas annunciarono il colpo di Stato in Grecia. Questo mentre la polizia militare procedeva all'arresto di circa 10.000 persone tra leader politici e semplici simpatizzanti di sinistra. Il golpe riuscì senza intoppi perché basato su un piano elaborato circa sei mesi prima, il piano "Prometheus", messo a punto per fronteggiare un eventuale golpe comunista.
Inizialmente il re cercò il dialogo con i golpisti, nonostante il parere contrario del primo ministro Kannellopoulos che suggerì di denunciarli pubblicamente. Il dialogo però non portò alcun frutto e i rapporti tra la giunta militare e il sovrano si fecero tesi. Il re fuggì a Kavala, piccolo paesino ad est di Salonicco, e organizzò da lì una controffensiva contro il regime mossa usando i militari rimasti a lui fedeli. La controffensiva fu organizzata, ma si rivelò un fallimento. La Giunta militare decise a quel punto di procedere all'arresto di Costantino II, il quale fuggì dal paese. 

La Giunta militare nominò come reggente Georgios Zoitakis il quale scelse Papadopoulos come primo ministro. Tale status rimase inalterato fino al 1972 quando, a seguito di contrasti nati all'interno della Giunta, Papadopoulos prese l'incarico di reggente.
Papadopoulos inizialmente riuscì ad ottenere ampi consensi. Si presentò come vicino all'uomo qualunque e con una politica economica di sviluppo delle aree rurali si accattivò le simpatie delle classi più povere. Il regime dei colonnelli però cancellò ogni traccia di libertà, fu infatti abolita la libertà di stampa, i partiti politici e la libertà sindacale, molte letture furono vietate (tra cui Euripide, Tolstoj e Sofocle). Il regime impose anche alcuni divieti riguardo i costumi, fu infatti vietato l'uso della minigonna.

Nonostante la dura repressione organizzata dal regime, fatta di incarcerazioni senza processo e torture, un movimento di opposizione nacque e si organizzò nel paese. Al malcontento del popolo di sinistra, si unì anche quello di alcune aree della destra, infatti la crisi economica e l'isolamento internazionale del paese andò a colpire gli interessi delle classi più ricche. 
Il 13 agosto 1968 Papadopoulos uscì illeso da un attentato, fu infatti piazzata una bomba lungo la strada che percorreva per andare dalla sua residenza estiva ad Atene. La bomba fu messa da Alekos Panagulis, il quale fu arrestato e torturato. Panagulis fu anche condannato a morte, ma la condanna non fu mai eseguita per evitare proteste da parte della comunità internazionale. La Giunta militare, per recuperare un po' di consensi, propose a Panagulis l'amnistia, ma quest'ultimo intuì le vere ragioni della concessione e la rifiutò.

Il regime dei colonnelli si avviò al declino quando le luci dei riflettori internazionali si accesero sui suoi crimini. A scatenare la repentina presa di coscienza internazionale fu l'ammutinamento del cacciatorpediniere Velos, al comando di Nicholaos Pappas. Il cacciatorpediniere era dislocato tra la Sardegna e la penisola italiana, impegnato in una manovra coordinata dalla Nato, quando ricevette la notizia dell'arresto di alcuni ufficiali di marina che avevano contestato il regime. Pappas faceva parte di un gruppo di ufficiali democratici e si indignò alla notizia, così il 23 maggio 1973 decise di ammutinarsi con il suo equipaggio, si rifiutò di tornare in Grecia e il comandante denunciò i crimini del regime in una conferenza stampa.
Poco meno di sei mesi dopo l'ammutinamento del Velos, esattamente il 14 novembre 1973, gli studenti del Politecnico di Atene scesero in piazza per protestare contro il regime. La Giunta militare sulle prime non intervenne, giudicando la protesta priva di pericolosità, ma quest'atteggiamento morbido spinse i lavoratori ed altri studenti ad unirsi alla protesta. Il 17 novembre Papadopoulos ordinò che venisse repressa ogni manifestazione contro il regime, intervennero le forze militari ed in campo scese anche un carro armato. Fu una strage, persero la vita 24 civili. A causa dell'eco negativa avuta dalla dura repressione, il 25 novembre Papadopoulos fu rimosso dall'incarico.

Il colpo di grazia al regime, già barcollante dopo i fatti del 1973, arrivò quando il generale Dimitrios Ionnides tentò di rovesciare con un colpo di Stato il presidente di Cipro. Questo tentativo portò alla reazione decisa della Turchia che occupò militarmente la parte nord dell'isola. Il pericolo di una guerra portò gli stessi generali a rimuovere Ionnides e ad iniziare un dialogo con gli esponenti dei vecchi partiti. Si arrivò così ad un governo di unità nazionale e alle prime elezioni libere post-regime, l'11 giugno 1975 fu promulgata la Costituzione repubblicana.

Francesco Abate

lunedì 18 aprile 2016

LETTERATURA: RECENSIONE DE "IL MONDO NUOVO" DI ALDOUS HUXLEY

"Il Mondo Nuovo" è il romanzo più famoso dello scrittore britannico Aldous Huxley ed appartiene al filone dei romanzi distopici, cioè che descrivono una realtà indesiderabile sotto ogni punto di vista, una realtà da incubo.

Scritto nel 1932, il romanzo è ambientato dallo scrittore in un futuro lontano. Nel mondo nuovo di Huxley il governo controlla tutti non infliggendo punizioni, come succede invece in 1984 di Orwell, bensì manipolando le persone affinché gli sia indispensabile comportarsi in un certo modo. 
Nella società immaginata da Huxley gli uomini non vengono concepiti con l'atto sessuale, bensì sono creati in laboratorio. Fin da quando sono feti in provetta, attraverso l'aggiunta di sostanze chimiche e l'alterazione dell'ambiente circostante, le persone sono condizionate affinché abbiano precise caratteristiche fisiche. Le malformazioni, le caratteristiche positive e quelle negative dell'individuo sono perciò indotte dal governo affinché il nascituro abbia caratteristiche ideali per la casta a cui apparterrà (e quindi i lavori che dovrà eseguire). Dopo la nascita, l'individuo è poi sottoposto ad una continua ipnopedia, cioè gli vengono impartite in modo continuativo delle nozioni nel sonno. Lo scopo dell'ipnopedia è far sviluppare nell'individuo le inclinazioni standard imposte dal governo, così che alla maturità egli non sia più individuo, ma sia solo parte di un tutto. Nel mondo nuovo infatti la persona non esiste, gode di una libertà apparentemente totale, ma è una libertà fasulla perché il condizionamento subito in gioventù gli fa desiderare solo ciò che già ha, ciò che il governo vuole che egli abbia.
I cittadini del mondo nuovo sono sempre felici, ma come la libertà anche la loro felicità è apparente. Essendo annullata la loro individualità, essi sentono solo il bisogno di fare la vita sociale. C'è totale libertà sessuale e la promiscuità è incoraggiata. Il loro è un sesso semplicemente finalizzato al piacere, non c'è una vera selezione del partner (anche perché in sostanza sono tutti uguali) e non c'è traccia di un vero sentimento. Nelle occasioni in cui, per un qualsiasi motivo, la felicità del cittadino vacilla, c'è il soma, una droga fornita dal governo che tutti assumono in quantità abbondanti e che non dà controindicazioni. 
Non esiste la vecchiaia, le persone vivono molto meno della media di oggi (intorno ai sessant'anni) e mantengono un aspetto giovanile. Non c'è tristezza nella morte, non essendoci famiglie ed amicizie vere non si sviluppano legami che fanno sentire la mancanza di una persona. Con il condizionamento inoltre il governo fa percepire la morte ai cittadini come qualcosa di poca importanza.
Al fine di evitare che si sviluppi l'interiorità dei cittadini, il governo controlla anche la letteratura e le arti. Tutto ciò che è vecchio, che esprime o racconta cose ormai sparite come i sentimenti, le passioni, le difficoltà, è cancellato. Tutta l'arte è sostituita da musica sintetica, cinema odorosi e altre forme d'arte completamente vuote e asettiche.
Non esiste religione, non c'è nemmeno il concetto di Dio. La società adora Ford, chiaro riferimento ad Henry Ford I, l'uomo che per la prima volta introdusse la catena di montaggio. Gli anni della nuova società si contano inoltre dalla produzione per la prima volta della Fort T, la prima auto prodotta su larga scala, e la T è il simbolo che va a sostituire la croce. Alla figura di Ford nel mondo nuovo vengono attribuite anche le teorie psicanalitiche di Freud. L'invenzione della catena di montaggio e la psicanalisi rendono Ford degno di venerazione nel mondo nuovo, infatti lì tutta l'organizzazione statale e la vita delle persone è basata su condizionamento psicologico e vita di massa.
Vi sono poi delle riserve, zone del mondo che il governo non ha ritenuto degne di essere civilizzate, in cui gli uomini vivono al di fuori della civiltà. La vita nelle riserve è l'opposto di quella della società civilizzata, molto simile a quella delle popolazioni dell'america pre-colombiana, con cerimonie religiose, fustigazioni e rituali antichi. Ovviamente nelle riserve ci sono ancora i matrimoni, i figli nascono dal sesso e non c'è alcuna forma di condizionamento.

Il romanzo parla delle vicende di Bernard Marx, psicologo specializzato in ipnopedia. Nonostante appartenga ad una delle classi più alte, egli vive una segreta angoscia, sente il bisogno di individualità e soffre la mancanza di passioni e sentimenti diversi dalla fasulla felicità della massa. Marx trascina Lenina, una bella ragazza che lo frequenta nonostante la sua "stranezza", in una riserva di selvaggi in Nuovo Messico. In questa riserva conosce John e Linda, due personaggi dalla storia molto particolare: molti anni prima Linda, cittadina del mondo civilizzato, era andata in vacanza nella riserva con quello che ora è il Direttore del Centro di Condizionamento di Londra centrale, si smarrì e non fu più ritrovata. Il caso volle che Linda fosse rimasta all'epoca incinta del Direttore, cosa che ancora non riesce a spiegarsi visto che aveva preso tutte le precauzioni, così è nato John. Linda ha sofferto tutte le pene della società a cui non era più abituata (dolore, privazioni, ecc.), inoltre non è stata mai accettata dalla comunità di selvaggi sia perché straniera sia perché dedita alla promiscuità sessuale, cosa non tollerata da quelle parti. Bernard, per fare un dispetto al Direttore che è intenzionato a trasferirlo in Islanda per punirlo della sua "stranezza", porta John il selvaggio e la madre Linda nel mondo civile. Intanto John si innamora di Lenina e lei anche vorrebbe farci sesso, ma lui la respinge perché non vuole solo qualcosa di carnale, vuole l'amore e la passione che ha letto in un vecchio libro di Shakespeare. Alla fine John si ribella alla società, aiutato da un vecchio amico di Bernard da tempo in preda alle stesse inquietudini dello psicologo, e su sua richiesta viene spedito in un faro isolato. Egli cerca infatti l'isolamento, vuole tornare alla natura, non tollera l'annullamento dell'individualità e la mancanza di momenti di solitudine che c'è nel mondo civile. Trovata la solitudine, la vicenda di John prende però una svolta imprevista e drammatica.

Attraverso questo romanzo, Huxley ci presenta diversi temi importanti. C'è il condizionamento, operato dal governo sfruttando sia i progressi della scienza che quelli della psicanalisi freudiana. Huxley ci mostra persone modellate ad uso e consumo del governo, l'individuo sparisce per fare posto ad un pezzo del tutto, l'uomo diventa un semplice ingranaggio. La società perciò non è più il rifugio dell'essere umano, è una macchina di cui le persone sono i componenti, niente di più. La società dipinta da Huxley sacrifica la felicità per raggiungere la stabilità politica ed economica. In nome della stabilità viene eliminata la coscienza, vengono cancellate le emozioni, vengono azzerate le personalità. Il fine ultimo dell'uomo nel mondo nuovo è quello di lavorare per far sì che permanga la stabilità e consumare, parte del condizionamento è infatti finalizzato a creare nella persona il desiderio di fare cose che hanno un costo. Ai cittadini del mondo nuovo non piacciono le gite in campagna, preferiscono cinema odorosi o gite in elicottero. 

La figura del selvaggio John serve a creare un contrasto importantissimo nel romanzo. John è l'antitesi dei cittadini del mondo nuovo, egli vive le passioni con fin troppo ardore (in un paio di occasioni picchia Lenina che tenta approcci sessuali con lui), ha una spiritualità molto accentuata (si fustiga per punirsi dei peccati), ama le opere di Shakespeare e sente il bisogno di avere una sua privacy, un suo spazio individuale in cui nessun altro possa entrare. Ama Lenina, ma con lei vorrebbe vivere una storia d'amore appassionata e vorrebbe sposarla, soffre invece quando capisce che lei vuole solo fare sesso con lui.
Bernard Marx vive nel mondo nuovo, però percepisce che c'è qualcosa di sbagliato. Tende a ricercarsi degli spazi di vita isolata, non vuole condividere tutto. A differenza del selvaggio, però, in lui queste inquietudini sono appena accennate, infatti quando arriva la fama comincia a vivere con piacere il sesso promiscuo senza sentimenti, la vita pubblica e lo stordimento del soma. Rimane sospeso fino alla fine tra il desiderio di ribellarsi e l'accettazione della società attuale, non riesce a prendere una decisione definitiva. A differenza di Bernard, il suo amico Helmholtz finisce per unirsi alla ribellione del selvaggio John, distaccandosi così da quella società che gli dava inquietudine.
Lenina è prima partner di Bernard, poi tenta invano di sedurre John. Lei non capisce né l'inquietudine di Bernard né l'amore di John, è attratta da quella stranezza, da quei bricioli di individualità, ma non li comprende. 
Linda è l'ex civilizzata che finisce nella riserva dei selvaggi. Lei subisce tutto il condizionamento della società civile, poi si ritrova a vivere la vita "reale". Non riesce mai ad adattarsi davvero agli usi ed ai costumi di quella società che disprezzerà fino alla fine, Entra in contrasto con le donne della riserva a causa della sua promiscuità sessuale (lei nemmeno capisce perché le donne non vogliano che vada a letto con i loro uomini), viene isolata perché diversa e finisce per essere cercata solo dagli uomini in cerca di piacere. Alla fine riesce a provare un qualcosa di simile all'amore per un certo Popè, ma comunque cerca sempre lo stordimento prima col mescal tra i selvaggi e poi col soma nel mondo civile. Sente di odiare John perché nella sua cultura manipolata la maternità è qualcosa di primitivo e disgustoso, eppure ha degli slanci di amore materno.

La grandezza de "Il mondo nuovo" di Huxley ha diverse ragioni. Prima di tutto lo scrittore ha avuto il merito di aver compreso alcune direzioni distorte che la società aveva preso ai suoi tempi e che hanno portato alle deformazioni di oggi. Nella società attuale infatti l'individuo ha sempre meno spazio, è sempre meno importante ciò che la persona ha dentro e viene data attenzione solo al ruolo del cittadino nella grande macchina che è lo Stato. Essendo il romanzo di Huxley ambientato nel 2540 (632 anno di Ford), c'è ancora tempo per degenerare e finire come il mondo distopico raccontato nel romanzo. 
Huxley poi sottolinea come la felicità priva totalmente di legami e di sentimenti, quella fatta solo della mancanza di imprevisti e di eventi negativi, sia fasulla e sia solo elemento di disumanizzazione. Il cittadino del mondo crede di essere felice, così come vuole lo stato, perché ha tutto ciò che vuole. Il problema è che egli non ha personalità, non vuole davvero ciò che ha, semplicemente qualcuno gli ha imposto di volerlo. Quando nel mondo civile ci arriva un individuo privo di condizionamento, non riesce a trovare la felicità perché non c'è niente di autentico, nessun sentimento, nessuna esclusività, niente che sia veramente intimo e personale, non c'è bellezza. John il selvaggio alla fine reclama il suo diritto ad essere infelice, intendendo come infelicità l'antitesi di quella felicità sintetica e fasulla. Piuttosto che quel finto e perenne surrogato di felicità, l'individuo pensante e dotato di personalità preferisce la felicità breve e fugace che nasce in mezzo a mille tribolazioni e sofferenze. 


sabato 16 aprile 2016

ESTRATTO N°2 DEL ROMANZO "IL PREZZO DELLA VITA"

Una donna che chiede trenta euro per un rapporto sessuale è definita una prostituta; una che per stare con te ed appagare i tuoi desideri chiede di essere accudita e viziata con tanti regali (che vengono pagati in denaro) è una fidanzata. Un uomo che per ricevere soldi da un ricco si finge suo amico è etichettato con disgusto come opportunista; uno che vende la propria dignità al ricco per soldi è semplicemente un lavoratore precario.
La verità è che le parole hanno poca importanza, perché sono il frutto dell'opportunità e delle idee di chi le pronuncia; ciò che conta sono le azioni, specchio fedele della moralità e del pensiero di chiunque. Osservando le azioni delle persone, non è azzardato dire che, tutto sommato, tutti abbiamo un prezzo; per esempio, moltissimi di noi, nel corso della loro vita, si sono trovati costretti a fare un lavoro degradante o poco onesto per tirare avanti. Un po' è colpa nostra, che in fondo finiamo sempre per venderci se non possiamo comprare, molta è invece la colpa del mondo in cui viviamo; infatti, senza soldi non abbiamo amici, non abbiamo amanti, non abbiamo casa e non abbiamo svago. Molti saranno disgustati da quello che sto dicendo, ma quanti ragazzi poveri, che hanno a stento i soldi per uscire la sera o per fare un regalo di compleanno, hanno la fidanzata? Questo accade perché tutti i poveri sono brutti e vuoti dentro o perché la cifra del conto in banca ha un valore tutt'altro che trascurabile? I maschietti non sorridano, che anche noi siamo dei venduti: quanti di noi, infatti, si costringono a leccare il culo (o lo fanno con piacere, perché zerbini nel cuore) all'amico con i soldi o al datore di lavoro per mantenersi in buoni rapporti con loro? Le prostitute non sono solo le donne che vendono i propri rapporti sessuali, ma io definirei "prostituta" chiunque vende sé stesso o i suoi sentimenti; molti di noi, quindi, possono definirsi delle prostitute. Spesso persone che predicano altissimi principi morali finiscono, per necessità o per avidità, per fare lavori che consistono nel truffare le persone (vedi la maggior parte dei tele-selling) o per ingannare chi gli è vicino al fine di comprarne i sentimenti, in vista di momenti in cui questi possano tornare utili. L'essere umano fu definito da Aristotele un "animale politico"; in realtà, di tutti gli animali che vivono in branco, noi siamo i più egoisti. Amiamo vivere in gruppo solo perché alcuni nostri bisogni non possiamo appagarli da soli, ci facciamo gli amici perché ci servono spalle su cui piangere o spinte per arrivare chissà dove. Alla fine, o con soldi o con prestazioni, finiamo sempre per pagare al fine di ottenere qualcosa in cambio. La società non è nient'altro che un rumoroso mercato, dove ognuno di noi cerca di vendere la propria merce, mentendo per far aumentare il valore di quello che ha e farlo sembrare migliore di quello che offrono gli altri. A dispetto di Aristotele, non me ne vogliano i filosofi, io dico che l'uomo è semplicemente un "mercante", niente di più.

(Brano tratto dalla Prefazione de Il Prezzo della Vita - Francesco Abate - CSA Editrice)

Maggiori informazioni sullo scrittore le troverete sulla pagina Facebook "Francesco Abate, lo scrittore battipagliese".

Il romanzo si può acquistare in tutte le librerie, sul sito internet della CSA Editrice (www.csaeditrice.it) e su tutti gli store online.

Francesco Abate

mercoledì 13 aprile 2016

STORIA: LA CHIESA CATTOLICA E IL NAZISMO

I rapporti tra la Santa Sede e la Germania nazista sono tutt'ora oggetto di numerosi studi e dibattiti. 

Il nazismo è ideologicamente anti-cristiano, infatti è una dottrina politica che predica la guerra tra razze e la purificazione attraverso la violenza, mentre il Cristianesimo predica l'amore tra gli uomini e condanna ogni forma di violenza. Nonostante ciò, la folle ideologia nazista riuscì a prendere piede in Germania nonostante la maggior parte della popolazione fosse cristiana (perlopiù protestanti, ma era forte anche la presenza cattolica). Lo stesso Hitler si professava cattolico e nel regime nazista non mancarono movimenti cristiani che associavano le due dottrine, spesso unendo i simboli della croce e della svastica.

La visione della religione nella Germania nazista era però diversa da quella tradizionale, lo si vide anche nell'Italia fascista: non poteva tollerare in alcun modo che vi fosse una forma di libertà di coscienza, un segmento di pensiero (seppur non politico) non controllato direttamente dallo Stato. Hitler e i nazisti volevano una religione sottomessa allo Stato, addirittura il disegno iniziale prevedeva l'abbattimento della religione tradizionale e la sua sostituzione con un paganesimo nazista. L'obiettivo non morì mai del tutto, ma per attecchire in una nazione dalle radicate tradizioni cristiane era impossibile scagliarsi subito contro la religione, rimase quindi un obiettivo a lunghissimo termine, ma nel frattempo la propaganda nazista provvide a fondere elementi del paganesimo nazista con quelli cristiani. Una famosa immagine dell'epoca ritrae Adolf Hitler con in mano la bandiera nazista sulla cui testa cala la colomba, una chiara associazione dell'immagine del futuro cancelliere a quella del battesimo di Gesù Cristo. Hitler non esitò a dire più volte di essere stato mandato da Dio a compiere una missione, quindi il nazismo non attaccò frontalmente la religione, ma ci si intrufolò e la rese qualcosa di proprio.

La Chiesa cattolica, soprattutto nella persona dell'allora papa Pio XI, guardava con attenzione alla Germania nazista, ma come tutti i capi di Stato delle altre nazioni europee non colsero (o non vollero cogliere, secondo alcuni) il reale pericolo rappresentato da Hitler. In quel periodo il Vaticano era preoccupato principalmente dal comunismo sovietico, che invece la religione l'aveva attaccata frontalmente predicando l'ateismo. La Santa Sede si occupò della questione nazista, ma pensò prevalentemente a tutelare gli interessi dei propri fedeli in Germania, non curandosi più di tanto delle crescenti persecuzioni che vennero perpetrate a danno degli Ebrei. 
Nel 1933 la Santa Sede firmò con la Germania un Concordato. Come detto sopra, il Vaticano si preoccupò di mantenere una certa indipendenza sul piano della predicazione religiosa e tutelò le associazioni cattoliche, in cambio i suoi vescovi avrebbero dovuto giurare fedeltà al governo tedesco e mai avrebbero dovuto predicare contro il nazismo. 
Col senno di poi si può dire che il Concordato fu un grosso errore del Vaticano, infatti Hitler venne subito meno ai patti attaccando i dirigenti di diverse organizzazioni cattoliche. Dal punto di vista politico inoltre, il Concordato migliorò notevolmente la reputazione di Hitler nel mondo e nella stessa Germania, rendendo ancor più solida la sua posizione. 
Un grido di allarme arrivò alle orecchie di Pio XI il 12 aprile 1933, quando Edith Stein, atea di origini ebraiche convertitasi al cattolicesimo, scrisse una lettera al papa chiedendogli di non tacere più sulle persecuzioni a cui erano sottoposti gli Ebrei. La Stein non ne fece solo una questione di tutela degli Ebrei, ma anche degli stessi cristiani, dato che nel paese non erano pochi gli Ebrei convertiti al Cristianesimo e venivano comunque perseguitati in nome della purezza della razza. L'appello della Stein, che poi fu battezzata Teresa Benedetta della Croce, non ottenne risposta e lei stessa fu vittima delle persecuzioni che aveva denunciato, perendo nei campi di concentramento. L'1 ottobre 1998 Teresa Benedetta della Croce fu santificata da Giovanni Paolo II.

L'atteggiamento della Chiesa nei confronti del nazismo mutò e divenne più deciso allo scoppiare della guerra civile spagnola. Come tutti sappiamo, in Spagna vi fu uno scontro tra i nazifascisti, corsi soprattutto da Italia e Germania a sostegno del dittatore Franco, e comunisti, giunti a sostegno dei repubblicani da tutta Europa. In questo scontro furono uccisi senza pietà anche uomini religiosi, costringendo perciò la Chiesa ad una dura presa di posizione. La Santa Sede non si schierò, anche perché non avrebbe potuto abbandonare la sua posizione anti-comunista, quindi papa Pio XI scrisse due encicliche. La prima enciclica era contro il comunismo, la seconda (Mit brennender Sorge - "Con bruciante preoccupazione") la scrisse in tedesco (cosa eccezionale, resta tutt'oggi l'unica scritta in lingua tedesca) per facilitarne la diffusione in Germania e la diresse ai vescovi che la fecero leggere in tutte le chiese durante le celebrazioni della Domenica delle Palme. La reazione di Hitler ovviamente fu furibonda, il regime vietò la lettura dell'enciclica nelle chiese e furono inasprite le persecuzioni anche nei confronti di religiosi, che a decine di migliaia morirono nei campi di sterminio come la già citata Teresa Benedetta della Croce.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il Vaticano aiutò molti gerarchi nazisti a fuggire in Sud America fornendo loro documenti falsi. Questa verità venne fuori quando nel 1995 furono aperti gli archivi segreti USA allo scadere dei 50 anni. Se gli USA hanno fornito documenti importanti, il Vaticano invece ha sempre negato ogni supporto ad indagini e la stessa Italia si è macchiata di mancanza di trasparenza. Tra i tanti gerarchi riusciti a fuggire grazie al prezioso aiuto del Vaticano vi fu anche Adolf Eichmann, che fu nascosto in un monastero e poi aiutato a fuggire in Sud America con l'aiuto economico della Caritas. Eichmann fu poi rintracciato dai servizi segreti israeliani, processato e giustiziato nel 1962.

Francesco Abate

domenica 3 aprile 2016

LETTERATURA: RECENSIONE DI "SULLA STRADA" DI JACK KEROUAC

Scritto nel 1951, questo romanzo divenne una guida della beat generation a cui si legò indissolubilmente. Se i giovani di quella generazione ribelle trovarono infatti nel romanzo una guida, l'opera di Kerouac si giovò della voglia di rinnovamento che fermentava negli USA di quegli anni e solo grazie all'esplosione di quelle tendenze fu pubblicato. Sulle prime infatti le case editrici non ebbero il coraggio di pubblicare qualcosa di così "diverso", così distante dai canoni tradizionali della scrittura americana, ma l'esplosione del rock e dei movimenti culturali degli anni '60 resero meno rischiosa la pubblicazione e il romanzo vide la luce, diventando poi un best seller.

"Sulla Strada" racconta i viaggi del giovane Sal Paradise in compagnia del suo amico Dean. Sal è un giovane newyorkese con ambizioni letterarie, Dean invece un ragazzo dell'Ovest da poco uscito dal riformatorio. I viaggi avvengono prima da Est ad Ovest (e viceversa), alla fine invece i protagonisti scendono a sud e arrivano in Messico.

Le vicende sono narrate dallo stesso Sal che nel tempo sviluppa una vera e propria venerazione per Dean. In effetti Dean è l'eroe del romanzo, nonostante la sua figura sia ben lontana da quella tradizionale dell'eroe. Il ragazzo beve, ha una sessualità molto libera e anche da marito non esita a tradire le mogli, agisce sempre istintivamente, spesso è incoerente e rasenta la pazzia. 
Eppure Dean è impegnato in qualcosa di sacro. La sua è una ricerca spirituale ben diversa da quelle tradizionali, egli contemporaneamente fugge e cerca, fuga e ricerca sono fuse in un unico organismo e non possono essere scisse. Dean, prima da solo e poi in compagnia di Sal, cerca sé stesso, vuole essere parte del mondo e non solo un suo abitante, e per fare questo vuole fuggire dalla vita convenzionale, quella fondata sulle regole del vivere comune della società borghese. 
Sal e Dean a tratti sentono un richiamo alla normalità, alla vita tranquilla, così Dean finisce per sposarsi e Sal ci va vicino. Però l'inquietudine che hanno dentro viene sempre fuori, finiscono così per rimettersi ogni volta in viaggio. La loro ricerca sembra terminare in Messico, quando i protagonisti riescono a fondersi con la natura selvaggia della giungla, riuscendo a diventare un tutt'uno con il mondo. Purtroppo è però una breve parentesi, un attimo di Nirvana che svanisce in un niente, vengono riassorbiti dalla vita "comune" americana e si perdono addirittura di vista. Alla fine perciò la vera vita è sfiorata, Sal si sistema e Dean rimane preda della propria inquietudine e della propria incoerenza, segno che il semplice assaggio non è bastato.

Nel romanzo è importante il valore della musica. Nei viaggi lungo gli Stati Uniti il jazz (su cui Kerouac scrisse numerosi articoli) è la colonna sonora ed è un mezzo per vivere le serate folli che sono brevi parentesi di libertà e di appagamento spirituale. In Messico il jazz viene rimpiazzato dal mambo, ascoltato a tutto volume in un bordello dove i protagonisti si danno alla promiscuità sessuale ed alla gioia sfrenata. 

Francesco Abate