Inferno, dopo le due sezioni principali, si chiude con un'appendice che contiene due poesie: Canto dei dannati e Madre Terra piange i suoi figli scellerati.
La prima di queste due poesie è un canto corale di tutti i dannati che abitano la Terra, che guardano tutto quello che non possono avere, tutto il bello del mondo che nella loro vita diventa lutto e sangue. I dannati sono consapevoli che:
Non cambiano le stagioni
nel concerto di esplosioni:
scorre scura come il sangue
la vita dei dannati.
Nella seconda poesia è la Terra a parlare, una madre sconsolata e affranta, che guarda tutte le belle cose che aveva dato a noi uomini, bellezze che siamo stati capaci di distruggere e gettare via. In questo componimento l'umanità è ormai estinta, perciò la Terra piange:
Nessun occhio può più riempirsi
della bellezza che mi vestiva
e nessuna mano può più addobbarmi
per la mia eterna festa.
Sterminandoci, e sporcando di sangue ogni cosa, stiamo trasformando i meravigliosi panorami del nostro pianeta in cornici da immagini funerarie, e distruggendoci ci stiamo privando della possibilità di creare bellezza attraverso l'arte, cosa che siamo capaci di fare (anche se spesso lo dimentichiamo).
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Francesco Abate
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