domenica 26 gennaio 2025

ARMENIA

 

Armenia è una poesia inclusa nella raccolta Inferno.
In questa poesia parlo del Grande Crimine, il nome col quale gli armeni indicano il genocidio perpetrato nei loro confronti dall'Impero ottomano tra il 1915 e il 1916. Ad oggi la Turchia ancora si rifiuta di riconoscere questo terribile crimine e addirittura persegue chi ne parla.
Al di là delle ragioni che causarono il genocidio armeno, la cosa più importante da ricordare è che fece circa tre milioni di morti, cioè spezzò tre milioni di esistenze, cosa che ancora oggi si tende a sottovalutare quando si discute di fatti del genere.
Vi lascio i versi conclusivi della poesia, che riassumono tutto il concetto:
"Il Grande Crimine ci ha strappato le madri
e il turco finge che non c'era
ma sua era la sciabola che vibrava i colpi
sotto cui i nostri cuori si fermavano."


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Francesco Abate

sabato 25 gennaio 2025

FINALISTA DEL PREMIO NABOKOV CON UN RACCONTO INEDITO

 

Con grande gioia annuncio che per il secondo anno consecutivo sarò tra i finalisti del Premio Nabokov, quest'anno con il racconto inedito Il ladro.
Sarà una grande emozione salire di nuovo sul palco del Teatro Comunale di Novoli, avrò inoltre il piacere di visitare ancora la bellissima Lecce.
Non vedo l'ora che arrivi il 29 marzo, giorno della premiazione.

Come sempre, questi riconoscimenti sono l'occasione per ringraziare tutti voi che mi seguite e che leggete quello che scrivo.

Francesco Abate 

sabato 18 gennaio 2025

EUGENIO MONTALE: POETA SIMBOLO DEL NOVECENTO, VIVE ANCORA OGGI

 

Eugenio Montale può essere definito il poeta del male di vivere. Ci basti rievocare alla mente i bellissimi versi della poesia Spesso il male di vivere ho incontrato, dove rende magistralmente il senso di angoscia e smarrimento dell'uomo del suo tempo (Ossi di seppia fu pubblicato nel 1925) mostrandoci un fiume strozzato che fatica a scorrere, una foglia accartocciata e un cavallo stramazzato.
Anche nelle opere successive il senso di angoscia della poesia montaliana non si attenua, anzi pare accrescersi, alimentato dal secondo conflitto mondiale e dal progresso tecnologico in cui si smarrisce l'uomo. La poesia stessa, in epoche tanto sanguinarie e confuse, perde la capacità di comunicare l'essenza dell'uomo ("Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo"). Eppure attraverso il correlativo oggettivo Montale, ispirato da T.S. Elliot, riesce a comunicare le emozioni che agitano il cuore del poeta semplicemente accostando delle immagini, riuscendo così a mantenere inalterata la potenza comunicativa della poesia nonostante l'inasprimento del linguaggio. La poesia diventa così sempre meno aulica, forse anche sempre meno "utile", ma riesce a non perdere la propria influenza sull'anima dell'uomo.
Montale nel suo viaggio discendente verso un'angoscia sempre più marcata si fa accompagnare, a partire dalla raccolta Le occasioni, dalla figura femminile di Clizia. Immagine poetica della sua amante Irma Brandeis, Clizia solleva il poeta dal vuoto esistenziale e ne La bufera e altro diventa una donna-angelo che lo accompagna tra gli orrori della guerra. Ne La bufera e altro alla figura di Clizia si affianca anche quella della moglie di Montale, che si assume il compito di accompagnarlo nel suo confronto con le cose terrene.

I tratti della poesia di Montale, che sopra ho riassunto molto velocemente, lo rendono sì un poeta simbolo del Novecento, ma allo stesso tempo ne sanciscono la straordinaria attualità. Anche oggi l'uomo è tormentato dal pensiero della guerra, sebbene almeno nel nostro paese ancora non ci sia toccato di viverla sulla pelle, e la straordinaria velocità del progresso tecnologico lo ha completamente smarrito, così dilagano confusione e paura. In questo contesto, versi come quelli finali di Meriggiare pallido e assorto, che paragonano la vita ad un muro con sopra cocci aguzzi di bottiglia, risuonano con grande forza nel cuore del lettore e non possono lasciarlo indifferente.
Leggere Montale oggi è come confidarsi con un amico più grande che ha già vissuto quello che noi siamo vivendo, può aiutare noi uomini d'oggi, così incapaci di ascoltare e comprendere i nostri stati d'animo e le nostre paure, a capirci e a non soccombere al terrore.
La lettura di Montale è inoltre indispensabile per chi, come me, ha l'ambizione di scrivere poesia. Montale è riuscito a comunicare profonde inquietudini con versi scarni e poco aulici, questo grazie ad un magistrale uso delle immagini, del linguaggio e delle figure retoriche. Oggi spesso ci si nasconde dietro l'alibi della libertà stilistica per scrivere poesie che sono delle spiegazioni scritte andando d'accapo a casaccio, trascurando del tutto armoniosità dei suoni ed efficacia delle immagini. La poesia, così come la vedo io, deve essere arte, quindi l'espressione della propria essenza attraverso il bello, ma a differenza di Montale molti spesso dimenticano di ricercare il bello e si limitano ad esprimere le proprie idee. 
Dobbiamo leggere Montale, e dopo averlo letto dobbiamo rileggerlo e rileggerlo ancora, perché nella sua poesia c'è la medicina che può aiutarci a sopportare meglio il peso di questa epoca incerta.

Francesco Abate

domenica 12 gennaio 2025

SORRISO E GHIGNO

 

Sorrideva quando ti chiamava
"fratello"
e sorrideva quando gli chiedevi aiuto.
E' facile mutare il sorriso in ghigno,
più difficile è riconoscerli entrambi:
tu non ci riuscisti
e gli sorridevi mentre ti lasciava
morire.
Questa poesia, dal titolo Sorriso e ghigno, è contenuta nella mia raccolta Inferno.
Mi è stata ispirata dalla storia di Selimovik, un immigrato che ha vissuto e lavorato venti anni a Salerno ma che, per ragioni burocratiche, si è visto di colpo negare il diritto al medico di base ed alle cure per la sua malattia, morendo senza la necessaria assistenza. Quella di Selimovik è una vicenda i cui dettagli conosco poco, ma è la storia di tantissimi, anzi troppi, esseri umani che vengono sfruttati dal sistema e poi gettati nella spazzatura quando hanno bisogno. Gli immigrati vanno bene finché svolgono un lavoro, diventano però un peso quando hanno bisogno dell'assistenza che non dovrebbe essere negata a nessun essere umano. Gli sorridiamo finché generano per noi un profitto, ghigniamo quando hanno bisogno di aiuto.


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Francesco Abate

domenica 5 gennaio 2025

"LE ANIME MORTE" DI NIKOLAJ GOGOL

 

Le anime morte è un romanzo pubblicato nel 1842 dallo scrittore russo Nikolaj Gogol.
Quest'opera rappresenta un vero e proprio spartiacque nella letteratura russa, è infatti il primo romanzo che analizza le condizioni morali e sociali del popolo russo.
Il protagonista del romanzo è Pavel Ivanovic Cicikov, un truffatore che compra dai proprietari terrieri le anime morte, cioè quei contadini morti dopo l'ultimo censimento per i quali i padroni dovranno pagare le tasse fino a quello successivo. Lo scopo di Cicikov è accumulare un buon numero di servitori fantasma per poi ipotecarli, così da ricevere denaro in cambio di niente. La storia narrata da Gogol è ispirata a un fatto realmente accaduto.
La storia di Cicikov è il pretesto col quale Gogol ci mostra il livello di corruzione della società russa. I rapporti in società sono intrisi di ipocrisia, influenzati dagli interessi materiali e dalle condizioni economiche delle persone. A spadroneggiare sono inoltre avidità e ingordigia, si specula perfino sui morti, inoltre sono tantissime le scene in cui a tavola i personaggi si ingozzano senza ritegno.
Uno sguardo particolarmente critico è gettato poi sui funzionari pubblici, corrotti oltre ogni decenza e pronti a vendersi anche per pochi copechi. Molto significativo è il discorso del principe, con cui si conclude il romanzo, pronunciato dopo che è stata smascherata la truffa delle anime morte ed è stato chiarito quanto nella sua riuscita abbiano inciso l'incapacità e la mala fede dei funzionari pubblici; le parole del principe suonano come una resa alla bassezza morale di coloro che dovrebbero garantire il funzionamento delle istituzioni. Per Gogol quindi vince l'indolenza russa, che invece di combattere le piaghe che ne sfigurano il corpo sociale si limita ad allargare le braccia ed accettare lo stato di cose.

Le anime morte per i suoi contenuti è un vero e proprio romanzo di denuncia sociale, ma il progetto iniziale di Gogol era diverso e più complesso.
Nelle intenzioni dell'autore questo romanzo avrebbe dovuto essere solo la prima parte di un viaggio di redenzione in stile dantesco all'interno del popolo russo. Con Le anime morte Gogol avrebbe mostrato la parte abietta della società russa, rappresentando così l'Inferno della Russia, poi le opere successive avrebbero rappresentato un crescendo, fino ad arrivare alle virtù, quindi al Paradiso. Il progetto non si è però mai concretizzato ed alle stampe è stato dato solo questo romanzo che, preso singolarmente, rappresenta una pesante denuncia sociale.

Leggendo Le anime morte non ho potuto fare a meno di pensare alla nostra epoca. L'ipocrisia che denuncia Gogol è oggi viva e forte, e non prospera solo in Russia, ci basti guardare la differenza di trattamento riservata agli stranieri poveri (i migranti) e a quelli ricchi (turisti e sceicchi vari). Lo stesso discorso vale per l'avidità e l'ingordigia, per non parlare poi della corruzione, di cui soprattutto noi italiani siamo ogni giorno testimoni e (spesso) complici.
Come tutti i grandi capolavori, Le anime morte non smette mai di essere attuale.

Francesco Abate