domenica 7 maggio 2023

CANDIDI SOLI E RISO DI TRAMONTI DI GIOSUE' CARDUCCI

 

Candidi soli e riso di tramonti,
Mormoreggiar di selve brune a' venti
Con sussurrio di fredde acque cadenti
Giù per li verdi tramiti de' monti,

Ed Espero che roseo sormonti
Nel profondo seren de' firmamenti,
E chiara luna che i sentier tacenti
Inalbi e scherzi entro laghetti e fonti,

Questo m'era ne' voti. Or miei desiri
Pace ebber qui tra fiumi e tra montagne
De le secure muse in compagnia:

Pace: se non che te ne' miei sospiri
Chiamo, te che da noi ti discompagne,
E il caro aspetto de la donna mia.

Questa che ho riportato integralmente sopra è una poesia di Giosuè Carducci, precisamente la nona contenuta nella raccolta Juvenilia.
Juvenilia è formata da cento poesie composte tra il 1850 e il 1860, negli anni giovanili del poeta, nato nel 1835. L'opera si compone di sei libri che trattano temi diversi: il primo raccoglie componimenti più intimi, i libri dal secondo al quarto trattano argomenti vari che spaziano dal classico all'età contemporanea, il quinto satira e polemica letteraria, il sesto vicende contemporanee.
Temi ricorrenti della raccolta sono la difesa dei classici e della rinascita del classicismo che stava avvenendo in quel periodo, oltre che l'avversione per la poesia sentimentale tipica del Romanticismo. Compaiono anche i primi accenni di quei temi che accompagneranno tutta l'opera carducciana, cioè gli affetti familiari e l'avversità del destino.
Il titolo dell'opera deriva da un verso di Ovidio ("Ad leve rursus opus, iuvenilia carmina, veni", che tradotto significa "di nuovo son venuto a leggera opera, carmi giovanili") contenuto nella raccolta Tristia (trad. Tristezza), che il poeta latino scrisse negli anni dell'esilio.
Carducci più tardi, precisamente nel 1880, in una prefazione della riedizione di Juvenilia, non sarà tenero con l'opera, i cui versi giudicherà puerili e contrari al suo concetto di poetare. Nonostante questo commento, però, si dirà favorevole alla loro ripubblicazione per un valore storico che le poesie hanno acquisito: "...sento che dover mio è di combattere, nella parte che mi toccò, e non di pensare a me; e quei versi attestano che a combattere cominciai presto."

La poesia può essere considerata una sorta di plazer, cioè un componimento nel quale vengono descritte cose, situazioni e sensazioni gradevoli. I versi ci mostrano la pace di un tramonto in montagna al termine di una giornata soleggiata (Candidi soli e riso di tramonti); la vegetazione mormora accarezzata dal vento, le acque delle cascate sussurrano, Venere (Espero) splende nel cielo sereno e la luna illumina di luce argentata i sentieri e le acque. Da notare come la serenità della natura, che di riflesso si manifesta nello spirito del poeta che trascorre la giornata in compagnia della poesia ("... Or miei desiri / Pace ebber qui tra fiumi e tra montagne / De le secure muse in compagnia"), sia resa con la scelta di verbi "delicati": la vegetazione mormora, non rumoreggia o suona; le acque sussurrano, non scrosciano; Venere sormonta roseo il profondo seren de' firmamenti, non lampeggia o illumina.
Negli ultimi tre versi l'attenzione si sposta dalla pacifica natura al ricordo malinconico dell'amico e della donna amata. L'amico in questione è il poeta e saggista Enrico Nencioni, al quale la poesia è dedicata (in origine fu pubblicata col titolo A Enrico Nencioni, dal monte Amiata), la donna invece è Elvira Menicucci (sua futura moglie), la quale ricorre spesso nei componimenti giovanili del poeta. Questo tema espresso nei versi finali, cioè il pensiero al sodalizio esclusivo con un amico e la donna amata, è tipico del Dolce Stil Novo e può richiamarci alla mente il sonetto di Dante Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io.

Francesco Abate

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