domenica 28 aprile 2024

IL BICCHIERE DI TE'

 

Il bicchiere di tè è una poesia contenuta nella raccolta Inferno, precisamente nella sezione dedicata all'Inferno dei singoli.
Si tratta di una poesia dedicata al dissidente russo Alexei Navalny e scritta all'indomani del suo avvelenamento. 
La storia di Navalny la conosciamo tutti, essendo salita pochi mesi fa alla ribalta a causa della morte del dissidente. Navalny è stata l'ennesima vittima del regime di Putin, che uccide chi denuncia le ingiustizie e la dittatura, o semplicemente chi non esegue in silenzio gli ordini dello zar.
La poesia è un grido lanciato al povero Navalny, il grido con cui si aprono le due strofe: "Non bere quel tè, Alexei". Il tè è una bevanda che ritempra e riscalda, ma per un dissidente russo è "il veleno denso e mortale / del serpente che stritola la Russia / e inghiotte ricchezze e libertà" ed "è nato dall'uovo nero / del rapace che strappa gli occhi / che non si chiudono davanti alle ingiustizie."


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Grazie e buona lettura.

Francesco Abate

martedì 23 aprile 2024

QUI, DOVE IRATO A GLI ANNI TUOI NOVELLI DI GIOSUE CARDUCCI

 

Qui, dove irato a gli anni tuoi novelli
sedesti a ragionar co 'l tuo dolore,
veggo a' tepidi sol questi arboscelli,
che tu vedevi, rilevarsi in fiore.

Tu non ti levi, o fratel mio. D'amore
cantan su la tua fossa erma gli uccelli:
tu amor non senti; e di sereno ardore
più non scintilleran gli occhi tuoi belli.

Ed in festa venir qui ti vid'io
oggi fa l'anno; e dire anco mi sona
e ancor m'arride il tuo sorriso pio.

Come quel giorno, il borgo oggi risona
e si rallegra del risorto iddio,
ma terra copre tua gentil persona.

"Qui, dove irato a gli anni tuoi novelli" è un sonetto scritto da Giosue Carducci il giorno di Pasqua 1858 e dedicato al fratello Dante, morto suicida il 4 novembre 1857.
Questo sonetto fu pubblicato in diverse raccolte con titoli differenti, infine inserito nella raccolta Juvenilia nel 1880.

Carducci vede il luogo dove il fratello sedeva a meditare sul proprio dolore. Dante si uccise "per noia della vita", come scrive lo stesso poeta nella lettera a Ottaviano Targioni Tozzetti il 10 novembre 1857.
Nella mente del poeta il gesto del fratello si veste di un'aura d'eroismo. Nella lettera a Tozzetti racconta come Dante, agonizzante, mormorò poche parole ai genitori, e osserva come "avea trovato la pace nell'agonia dove i vigliacchi che chiamano vigliacco il suicida trovano paura e terrori e dolori e rabbia di lasciar la vita. Oh, oh, il fratello mio morì come un santo eroe di Grecia...".
Nel sonetto dell'eroismo ci sono diverse tracce. Una è visibile quando Carducci ricorda del fratello il sorriso pio, benché in quel luogo stesse meditando sui propri dolori; Dante inoltre è arrabbiato, non disperato: è una figura fiera, degna appunto di un eroe greco.
Il sonetto è dominato dal contrasto tra la natura primaverile che si risveglia, la resurrezione rappresentata dal giorno di Pasqua e l'irreversibilità della morte di Dante. Il poeta vede gli alberelli rifiorire, rilevarsi mentre il fratello sedeva ed ora non può alzarsi; sulla sua tomba cantano gli uccelli, ma lui amore non ne sente; infine il borgo risona e si rallegra di Cristo risorto, ma terra copre la tua gentil persona. La natura torna a vivere, si celebra il ritorno alla vita di Gesù, ma Dante Carducci resta morto: in questa immagine palpita vivo il dolore provato dal poeta.

Francesco Abate

venerdì 12 aprile 2024

DORMONO GLI OPERAI (AI CADUTI SUL LAVORO)

 

Riposano gli operai
dopo la giornata di lavoro;
dormono
sotto la terra fredda.
Nessun capo gli urla addosso
nella casa dove sono ospitati;
dormono
sotto i sogni infranti.
Nessun peso gli spezza le ossa
nella gita in cui sono impegnati;
dormono
nell'Inferno dei deboli.

Piangono gli operai
sui corpi che hanno perduto;
dormono
nelle lacrime delle mogli.
Nessuna mano fu tesa per loro
quando caddero dall'impalcatura;
dormono
sotto il peso del tradimento.
Nessun generale corse in loro difesa
nella guerra da cui furono travolti;
dormono
nel mare dell'indifferenza.

L'amore
poteva salvarli!
L'amore
poteva valere più dei soldi!

Dormono
e urlano in silenzio
il crimine del mondo.


In memoria dei caduti di Suviana e di tutte le vittime del capitalismo. Se non cambiamo il sistema, ci divorerà tutti.

Francesco Abate

giovedì 4 aprile 2024

CONGO

 

Corri bimbo
che il buio fa meno paura della luce!
Questa esortazione chiude due delle tre strofe della poesia Congo, contenuta nella raccolta Inferno.
In questa poesia parlo ad uno dei 40.000 bambini (dati Unicef 2014) costretti a lavorare nelle miniere di cobalto, sfruttati per più di dodici ore al giorno e picchiati dalle guardie di sicurezza. Di loro si parla poco, infatti servono per estrarre il cobalto necessario ai tanti dispositivi elettronici che usiamo, quindi anche l'occidente sceglie da anni di guardare da un'altra parte.
Mentre un bambino che nasce in Italia a cinque anni già può giocare con smartphone e tablet, un bambino congolese a quell'età lavora dodici ore al giorno in miniera per estrarre il cobalto necessario a far giocare il bambino italiano. Non c'è merito, è questione di fortuna: se nasci in Congo, la speranza di un'infanzia spensierata è un lusso che non ti puoi permettere.
Nella poesia mi rivolgo proprio ad uno di questi bambini, un "bimbo dal respiro affannoso" viste le polveri e l'aria malsana che è costretto a respirare, un "bimbo dalla faccia impolverata" e "spogliato dei sogni". Lui deve lavorare perché "alla mia vuota vita serve cibo, / e i finti amici voglio chiamare / o sentirò l'eco della mia vacuità".
La poesia si conclude con questa strofa:
"Corri bimbo spogliato dei sogni;
valli a cercare nella miniera,
sotto la polvere ne giacciono tanti
fuggiti dagli occhi di angeli morti.
Corri bimbo
che la tomba fa meno paura della vita!"


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Francesco Abate


lunedì 1 aprile 2024

IL CASO OLIVETTI SPIEGATO DA MERYLE SECREST

 

La figura dell'imprenditore Adriano Olivetti esercita ancora oggi un intenso fascino e le ipotesi di complotto dietro la sua prematura fine man mano che passa il tempo sembrano prendere ancora più slancio. Della storia di Olivetti e dei dubbi intorno alla fine della sua azienda ci parla la biografa americana Meryle Secrest in un saggio del 2022 dal titolo "Il caso Olivetti. La IBM, la CIA, la Guerra fredda e la misteriosa fine del primo personal computer della storia".

Tutta la vicenda raccontata dalla Secrest ruota intorno ad Adriano Olivetti, figura illuminata che ricoprì un ruolo da protagonista nell'Italia del secondo dopoguerra. Olivetti guidò l'azienda ereditata dal padre Camillo e la mutò profondamente inserendo al suo interno persone in grado di innovarla sia dal punto di vista tecnico che da quello urbanistico, infatti nel 2018 il complesso Olivetti di Ivrea è stato riconosciuto dall'Unesco come Patrimonio Mondiale.
Adriano Olivetti introdusse nell'azienda di famiglia anche una nuova mentalità industriale, non orientata solo al profitto ma anche alla felicità dei dipendenti. Negli stabilimenti Olivetti l'estetica degli ambienti era studiata per essere gradevole, non alienante, e non mancavano ambienti come biblioteche o sale ricreative.
L'azione di Adriano Olivetti nasceva da una mentalità innovatrice che l'imprenditore provò ad estendere a tutta l'Italia. Fondò infatti il movimento Comunità, col quale si candidò anche alle elezioni, venendo eletto deputato ma non ottenendo di fatto un grande successo politico, forse - così ipotizza la Secrest - anche a causa di una diffidenza nata dalla somiglianza del nome "Comunità" a quello del comunismo. 
Il fascino della figura di Adriano Olivetti resiste ed è rafforzato anche dai dubbi che permangono sulla sua prematura scomparsa. Nel 1960 l'imprenditore morì improvvisamente su un treno per, così fu dichiarato, un'ischemia cerebrale. I dubbi sulla sua morte nascono dal fatto che non fu mai eseguita un'autopsia, dando l'idea di una certa frettolosità nell'archiviare il caso, che anni dopo si sarebbe scoperta un'indagine della CIA sull'imprenditore, e dal fatto che il giorno del funerale il suo ufficio fu trovato a soqquadro, come se qualcuno fosse entrato alla ricerca di qualcosa.
Alla morte di Olivetti seguì poco tempo dopo quella dell'ingegnere Mario Tchou, che morì in un incidente stradale dalla dinamica alquanto dubbia. L'ingegnere Tchou fu il padre del Progetto ELEA, che portò la Olivetti a produrre il primo personal computer e la pose in posizione di grande vantaggio nel mercato degli strumenti elettronici di calcolo. Dopo la morte di Adriano Olivetti e Mario Tchou, il Progetto ELEA fu abbandonato e la divisione elettrica dell'Olivetti venduta all'americana General Electric, ponendo fine alle fortune dell'Olivetti e aprendo la strada all'egemonia americana nel campo dell'elettronica.
La frettolosità con cui fu venduta la divisione elettrica dell'Olivetti nonostante avesse prodotto qualcosa di fantastico come il primo pc della storia, il valore strategico che ha l'informatica viste le sue ampie applicazioni nel settore militare, le misteriose circostanze della morte di Olivetti e Tchou, portano alla nascita di tante domande e tanti sospetti che la Secrest riprende e collega ai fatti. Purtroppo rispose nel libro non possono essercene, anche perché casi tanto spinosi non si dipanano nemmeno con la desecretazione degli archivi, quindi questa lettura lascia tante domande e genera molte inquietudini, mostrando le continue intrusioni delle superpotenze nella vita politica e industriale italiana.
Il saggio ha come unico difetto il modo un po' americano della Secrest di costruire la biografia; nel tentativo di farci innamorare dei protagonisti l'autrice si perde in descrizioni molto romanzate dei personaggi che poco si confanno ad un libro che parla di persone reali, inoltre dedica mari di parole alla descrizione di particolari che nell'economia del libro mi sembrano insignificanti.

Francesco Abate