venerdì 29 luglio 2022

INNO DELL'INFERNO

 

Inno dell'Inferno è la poesia che apre la mia raccolta, Inferno, anticipando la sezione L'Inferno dei popoli.
Si tratta di una sorta di prologo in cui presento in versi quelli che sono i contenuti dell'opera. Per farlo in questa poesia ho scritto un inno valido per tutti gli inferni, dando uno sguardo generale prima di affrontare i temi particolari.

La poesia è composta di quattro strofe.
La prima strofa si compone di quindici versi; in essi canto come il dolore trovi sempre nuovo nutrimento perché ciascun vincitore ha bisogno di un perdente ("L'uomo che vince / ha bisogno d'un perdente") e il perdente perfetto è sempre l'essere umano distrutto nel corpo e nello spirito ("e chi perde di più / dell'uomo dal cuore strappato / o del tempio devastato?").
Anche la seconda strofa è fatta di quindici versi. All'inizio ripropone lo stesso concetto della precedente, poi usa Lucifero come metafora per dire che i malvagi sono avidi e non si saziano mai. Nella metafora faccio riferimento alle tre teste di Lucifero, ispirandomi alla descrizione che ne fa Dante nel Canto XXXIV dell'Inferno, dicendo appunto che vuole cibo per tre teste e indicando per ciascuna una vittima simbolica: uomo, donna e bambino.
La terza strofa è composta da otto versi. In questa si fa riferimento al fatto che le bandiere e gli inni delle nazioni accennano sempre ad alti valori e ad un passato glorioso, quando la storia insegna invece che tutte affondano le proprie radici nel sangue e nello sfruttamento.
La quarta strofa, di soli tre versi, è un monito: gli assassini, in questo caso gli sfruttatori, possono pure fingere di puntare a chissà quali alti valori, ma nel concreto guardano solo a ciò che possono ricavare materialmente ("Guardate le stelle se vi fa star bene, / ma l'occhio dell'assassino / finisce sempre rivolto in basso").

Vi ricordo che potete acquistare Inferno in tutte le librerie o sui collegamenti che trovate in questa pagina.
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Grazie e buona lettura.

Francesco Abate   

lunedì 18 luglio 2022

CECITA' DI JOSE' SARAMAGO

 

Pubblicato nel 1995 col titolo originale Ensaio sobre a Cegueira (Saggio sulla cecità), Cecità è uno dei capolavori dello scrittore portoghese José Saramago.
Dal romanzo è stato tratto nel 2008 un film diretto da Fernando Meirelles con Julianne Moore.

La storia si svolge in un luogo indefinito, in un tempo contemporaneo ma non delineato con precisione.
Nel corso di una normale giornata, un automobilista diventa improvvisamente cieco. Non è però una cecità comune, la totale immersione nell'oscurità, perché chi ne viene colpito in realtà si trova immerso in un'immutabile e assoluto biancore.
Dopo l'automobilista, lentamente cominciano a perdere la vista tutti i cittadini. Il Governo, per arginare quella che crede un'epidemia, inizia l'internamento dei ciechi all'interno di strutture abbandonate. 
Un oculista divenuto cieco si ritrova internato in un ex manicomio con sua moglie, che finge di diventare cieca per seguirlo. La donna sarà l'unica a non perdere mai la vista e sarà testimone di tutte le conseguenze della misteriosa cecità.
Nel manicomio, man mano che aumentano gli arrivi, si perde completamente ogni decenza e ogni senso di solidarietà. Mancando un'autorità in grado di esercitare un controllo, un gruppo di ciechi prepotenti, favoriti dal possesso di una pistola, instaura una dittatura nel manicomio: ruba tutte le scorte di cibo e le distribuisce solo in cambio di pesanti tributi, tra cui anche il corpo delle donne.
La situazione sociale e umana degenera in modo incredibile, con l'accumulo a dismisura di sporcizia e la disumanizzazione di uomini sempre più indeboliti e affamati.

Cecità è forse uno dei romanzi più famosi di Saramago, di certo uno dei più citati durante la pandemia.
Per quanto concerne lo stile di scrittura, vi ritroviamo tutte le caratteristiche tipiche dello scrittore portoghese.
La scrittura è fitta, intensa, senza grandi interruzioni, ma la lettura non diventa mai pesante. Manca addirittura la punteggiatura propria dei discorsi diretti, i quali sono mantenuti dall'autore fusi in un tutt'uno con la narrazione.
I nomi propri dei personaggi non sono mai citati, a ciascuno l'autore si riferisce citandone una peculiarità ("la moglie del medico", "il guercio", ecc.). Questa scelta è probabilmente dettata dalla volontà di rendere la storia universale, di non confinarla nel recinto delle vicende personali di Tizio o Caio. Per la stessa ragione non ci viene mai indicato il luogo o il periodo in cui si svolge la vicenda, addirittura i ciechi perdono la capacità di distinguere il giorno e la notte.

Il tema principale trattato in questo romanzo è la riorganizzazione della società in assenza di regole. Leggendo l'evoluzione della storia, sembra che l'autore l'abbia scritta chiedendosi cosa accadrebbe nel mondo se sparisse l'ordine costituito. La risposta è purtroppo la più terribile: in regime d'anarchia esploderebbe la violenza dei più forti contro i più deboli. In manicomio un gruppo di ciechi, forte del possesso di un'arma, instaura una dittatura spietata sugli altri, imponendo il pagamento di tributi in oggetti di valore e poi pretendendo il possesso del corpo delle donne. Si osserva perciò come, in assenza di regole, il valore determinante diventi la capacità di fare del male e chi la detiene possa esercitare sui sottoposti una tirannia priva di qualsiasi freno. In questo regime violento, anche chi è onesto e non ama fare del male viene costretto a sporcarsi di sangue per difendersi; lo osserviamo con la moglie del medico che, suo malgrado, è costretta a uccidere il capo dei ciechi violenti per evitare un altro stupro collettivo.
Il comportamento dei ciechi prepotenti suscita anche delle riflessioni sulla fame nel mondo. Nell'ex manicomio il cibo non è tanto, ma è sufficiente per tutti. Quando il gruppo decide di affermare la propria supremazia, si appropria di tutte le scorte e fornisce cibo solo in cambio della sottomissione, preoccupandosi però di dare sempre il meno possibile e di far deperire l'eccesso, così da tenere sempre in condizione di bisogno gli altri ciechi. Sostituendo ai ciechi prepotenti le nazioni ricche, e ai ciechi sottomessi quelle povere, abbiamo l'immagine più realistica possibile del problema della fame nel mondo.
Molto suggestiva è un'immagine che scatena importanti riflessioni sulla religione. Mentre sosta in una chiesa dopo aver avuto un malore, la moglie del medico si accorge che tutte le immagini sacre sono state bendate o accecate. Sebbene si tratti di una descrizione di poche righe, una visione senza alcun seguito, è una fotografia potente che ci permette di riflettere sulla fede di un'umanità in crisi. I ciechi nella chiesa, immersi in una sofferenza umiliante e senza fine, percepiscono la divinità come cieca, disinteressata, e la rappresentano in tal modo. Un'altra interpretazione che penso si possa dare al passaggio è che l'immagine divina viene sempre percepita e rappresentata somigliante a chi la raffigura (Dio è raffigurato come uomo, i santi come uomini e donne, idem gli angeli), quindi in un mondo di ciechi Dio sarebbe immaginato e raffigurato privo della vista. 

José Saramago è uno dei miei scrittori preferiti e leggo sempre con piacere i suoi romanzi. Fino ad ora nessuno dei suoi romanzi mi aveva deluso e Cecità ha rispettato in pieno le mie aspettative.
La scrittura di Saramago è originale e solo in apparenza pesante, fatta di periodi molto densi e un ritmo privo di interruzioni, ma l'autore riesce a non diventare mai pesante e il romanzo si legge con piacere. 
Come in tutti i suoi libri, lo scrittore portoghese riesce ad affrontare temi importanti e a far riflettere il lettore sull'umanità e sui moti della mente umana. Con Cecità ci proietta in un mondo cattivo, sporco e senza regole, ci insegna che dell'inferno ciò che ferisce di più è la puzza, non le torture o il fuoco.
La grandezza di questo romanzo è che contiene tutto al suo interno: psicologia umana, politica, religione. Saramago rade al suolo la società e mostra gli uomini nudi, in balìa degli eventi, insegnandoci che siamo meno puliti di quanto crediamo. Privati delle nostre protezioni diventiamo tutti sporchi, tutti potenziali assassini e assassinati; soprattutto diventiamo tutti egoisti.

Francesco Abate

mercoledì 13 luglio 2022

VI PRESENTO INFERNO

 

Finalmente posso presentarvi la mia prima raccolta di poesie, Inferno.
Come sa chi segue abitualmente il blog o le mie pagine social, ho già pubblicato molte poesie (le trovate tutte qui), ma per la prima volta ho prodotto una raccolta organica di componimenti uniti tra loro da un fil rouge. Ringrazio la casa editrice Ensemble per aver creduto in questo mio lavoro.

In questa raccolta troverete poesie in cui mostro il vero inferno. La religione e la nostra cultura hanno plasmato in noi l'idea dell'Inferno come un luogo tetro e spaventoso in cui vengono punite le anime dei malvagi.
Le mie poesie non hanno niente a che fare con l'Inferno religioso, io mi sono concentrato su quello vero, cioè su quelle vite senza speranza, quelle anime destinate a soffrire pene atroci dalla nascita fino alla morte. Nonostante il titolo, quello che troverete nel libro è completamente umano, forse il peggio che l'umanità riesce a creare su questo pianeta; se l'inferno di cui parlo ha vittime, infatti, esso ha pure dei carnefici, ma non parliamo di un angelo caduto o di chissà quale altra creatura mitologica, il demonio del vero inferno è l'uomo stesso. Nelle poesie non troverete solo il dito che indica il sofferente, ma ne troverete un altro puntato contro gli aguzzini, perché non ha senso osservare un crimine se poi si tace il nome del colpevole.

La raccolta si divide in due sezioni, in una mostro i popoli perseguitati, nell'altra mi concentro su singole persone.

Mi auguro che la lettura di questo libro, oltre che risultarvi gradevole, vi sproni anche ad approfondire le vicende umane che mi hanno ispirato. Se anche solo uno di voi, dopo aver letto una poesia, andrà a cercare maggiori dettagli sulla storia che l'ha ispirata, il mio lavoro avrà avuto senso. 
Spero perciò di aiutare una presa di coscienza in questo mondo ormai assuefatto al dolore, sempre meno empatico, e per aiutarvi nelle prossime settimane lascerò dei post sul blog e sui social in cui spiegherò ogni singola poesia. 

Grazie e buona lettura.

Francesco Abate

lunedì 4 luglio 2022

VI PRESENTO LA MIA NUOVA POESIA, UCRAINA

 

Sono felice di comunicarvi che il sito Spillwords ha pubblicato la mia poesia, Ucraina

La poesia esprime lo spaesamento e lo sconforto di chi si ritrova di colpo a non poter più vivere la propria vita, a non poter più rincorrere la propria felicità, trovandosi proiettato sotto una pioggia di bombe e sangue.
L'ho composta all'indomani dello scoppio della guerra con l'intenzione di includerla nella mia raccolta di poesie da poco pubblicata, Inferno (Ensemble, 2022). Solo successivamente ho deciso di lasciare la silloge inalterata, ma ho voluto pubblicare subito questa poesia per la sua urgenza, visto che parla di un conflitto attualissimo sul quale tanti parlano a vanvera, e perché rende perfettamente l'idea di quello che troverete in Inferno. Vi invito perciò a leggerla non solo per condividere il dramma di esseri umani gettati in pasto alla morte, ma anche per farvi un'idea di quello che ho raccolto in Inferno.

Vi ricordo che potete leggere tutte le poesie che ho pubblicato fino ad ora sul web andando alla pagina dedicata.
Vi invito inoltre a seguire il blog nei prossimi giorni, troverete infatti ulteriori novità su Inferno, la mia prima raccolta di poesie in uscita in questi giorni.

Buona lettura.

Francesco Abate