giovedì 19 ottobre 2023

RACCONTI DI PIETROBURGO DI NIKOLAJ GOGOL'

 

Racconti di Pietroburgo è una raccolta di racconti dello scrittore russo Nikolaj Gogol' pubblicata dopo la sua morte, precisamente nel 1842.
Al centro dei cinque racconti che compongono l'opera c'è la città di Pietroburgo, un gigantesco mosaico di esistenze che vivono e si muovono a stretto contatto, pur essendo ognuna sola a modo proprio. La Pietroburgo di Gogol' è infatti lo specchio di una società super burocraticizzata e bloccata, dove ogni esistenza si svolge entro rigide regole sociali e dove ognuna è consumata dall'invidia del superiore, la figura arrogante le cui pecche sono ben manifeste e di cui pare quindi giusto sognare di prendere il posto.
Tutti i borghesi dei Racconti di Pietroburgo sono persone mediocri, persi tutti nel sogno di essere nobili ma in fondo consapevoli di essere dei numeri in una struttura bloccata e disumana. Ciascuno dei protagonisti a un certo punto vive un evento straordinario, in genere un avvenimento che sembra sul punto di farlo salire di livello nella scala sociale, poi però finisce per cadere rovinosamente e ritrovarsi peggio di prima.
La vera protagonista dei racconti è perciò la società russa, piena di ipocrisia, in cui senza vergogna si manifestano di continuo l'arroganza delle classi più alte e il servilismo dei funzionari più semplici; un mondo di persone mediocri che vivono della carica che ricoprono, in essa si identificano nel bene e nel male, e come unica aspirazione hanno la crescita sociale, una crescita che non vuol dire miglioramento ma solo possibilità di essere prepotenti con quelli che un tempo erano pari o superiori.
Racconti di Pietroburgo è la fotografia impietosa di una società impantanata nella propria inutilità e nella propria miseria morale, che non è capace di crescere, i cui membri sono tutti proiettati in una scalata sociale che il più delle volte si rivela impossibile. Gogol' con sguardo severo e indagatore scava nelle vite di uomini qualunque, mostrando come vadano sprecate dietro mediocri sogni di rivincita, come anche i pochi sprazzi di genialità vadano buttati al vento nella corsa ad una vita più lussuosa. Si tratta di un libro che vale la pena di leggere perché ci mostra un mondo che in fin dei conti non è tanto diverso dal nostro, in fondo anche noi oggi siamo soli pur essendo sempre immersi tra la gente e sprechiamo la vita inseguendo il benessere economico; come sempre, la grande letteratura vola al di sopra delle epoche.

Francesco Abate

martedì 10 ottobre 2023

ARIA

 

Aria è una poesia contenuta nella raccolta Inferno.
Questo componimento è dedicato a George Floyd, cittadino statunitense la cui uccisione scatenò le rivolte del Black Lives Matter.
L'uccisione di Floyd colpisce per tante ragioni. Prima di tutto è inammissibile che la polizia abusi dei propri poteri per commettere una prepotenza (in questo caso l'estrema prepotenza dell'omicidio) contro un cittadino inerme. A colpire è poi l'accusa ridicola che ha portato alla morte del povero George, sospettato dal commesso di un negozio di aver usato una banconota da venti dollari falsa. C'è poi l'aggravante razziale, perché negli Stati Uniti la polizia diventa particolarmente violenta nei confronti dei cittadini colpevoli di avere la pelle scura; quella nazione che si propone come baluardo di giustizia e libertà, che ne invade altre al fine di imporre i propri "santi" ideali, tollera che i cittadini di un certo colore muoiano vittima di un apparato dello Stato (la polizia).
La poesia richiama l'aria che mancava nei polmoni del povero George Floyd mentre l'agente di polizia gli schiacciava la gola con un ginocchio, "Aria che riempie i polmoni, / che accende la vita". 
Sottolineo nell'ultima strofa come la morte di George Floyd sia diventata l'urlo di rabbia e dolore di un'intera popolazione:
"prendi tutta l'aria che puoi
e urla che l'uomo schiaccia il fratello
perché, accecato dal colore dell'ebano,
dimentica che l'anima non ha colore."


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Francesco Abate

domenica 1 ottobre 2023

LE CITTA' INVISIBILI DI ITALO CALVINO

 

Le città invisibili è una raccolta di racconti pubblicata dallo scrittore Italo Calvino nel 1972. 
L'opera è formata da nove parti, ognuna delle quali si apre e si chiude con un dialogo tra l'imperatore dei Tartari Kublai Kahn e l'esploratore Marco Polo. In ogni parte sono elencate diverse città, tutte inventate dall'autore e chiamate con un nome di donna. Il racconto delle diverse città è fatto proprio da Marco Polo, che presenta in modo molto originale quello che ha visto, scatenando le riflessioni del suo imperatore che dei suoi racconti non può fare a meno.
Stando a quanto dichiarato dall'autore, lo scopo segreto della raccolta è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, attraverso un'indagine che permette di riflettere tanto su di una città quanto sulla città in generale. 
L'opera si conclude con una bellissima riflessione di Marco Polo che sembra suggerire un corretto modo di vivere nella città e tra la gente; in molti hanno trovato il significato finale dell'opera in questa riflessione, ma Calvino stesso dichiarò che <<... questo è un libro fatto a poliedro, e di conclusioni ne ha un po' dappertutto...>>. In effetti ogni scambio di battute tra l'esploratore e l'imperatore nasconde riflessioni che possono considerarsi conclusive, ma la battuta finale di Marco Polo è degna di nota sia per la profondità che per la bellezza, per questo ve la riporto integralmente: <<L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.>>

Sebbene la battuta che ho citato sopra meriti di essere letta mille volte, devo dire che questo libro è in assoluto quello che mi piace meno di Calvino. L'ho trovata una raccolta di racconti sconclusionata e fine a sé stessa, noiosa da leggere e piuttosto ripetitiva.
Nonostante la mia opinione negativa non mi sentirei però di sconsigliare l'opera né di stroncarla. Come Calvino stesso ci insegna in Se una notte d'inverno un viaggiatore, la lettura è qualcosa di soggettivo, ognuno la vive in un modo diverso e per questo ognuno tra le pagine di un libro può trovare emozioni o significati diversi. Il fatto che io in questa raccolta non abbia trovato niente di interessante non significa che non vi sia niente, semplicemente forse non era il libro giusto per me, almeno in questo momento non c'è affinità tra noi. Di sicuro Le città invisibili è un tentativo di fare arte, cioè di esprimere un concetto attraverso qualcosa di bello, quindi a chi ama Calvino consiglio comunque di assaggiarlo, almeno per vedere se qualcosa tra le sue pagine davvero c'è o se la mia impressione è giusta.

Francesco Abate