domenica 1 ottobre 2023

LE CITTA' INVISIBILI DI ITALO CALVINO

 

Le città invisibili è una raccolta di racconti pubblicata dallo scrittore Italo Calvino nel 1972. 
L'opera è formata da nove parti, ognuna delle quali si apre e si chiude con un dialogo tra l'imperatore dei Tartari Kublai Kahn e l'esploratore Marco Polo. In ogni parte sono elencate diverse città, tutte inventate dall'autore e chiamate con un nome di donna. Il racconto delle diverse città è fatto proprio da Marco Polo, che presenta in modo molto originale quello che ha visto, scatenando le riflessioni del suo imperatore che dei suoi racconti non può fare a meno.
Stando a quanto dichiarato dall'autore, lo scopo segreto della raccolta è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, attraverso un'indagine che permette di riflettere tanto su di una città quanto sulla città in generale. 
L'opera si conclude con una bellissima riflessione di Marco Polo che sembra suggerire un corretto modo di vivere nella città e tra la gente; in molti hanno trovato il significato finale dell'opera in questa riflessione, ma Calvino stesso dichiarò che <<... questo è un libro fatto a poliedro, e di conclusioni ne ha un po' dappertutto...>>. In effetti ogni scambio di battute tra l'esploratore e l'imperatore nasconde riflessioni che possono considerarsi conclusive, ma la battuta finale di Marco Polo è degna di nota sia per la profondità che per la bellezza, per questo ve la riporto integralmente: <<L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.>>

Sebbene la battuta che ho citato sopra meriti di essere letta mille volte, devo dire che questo libro è in assoluto quello che mi piace meno di Calvino. L'ho trovata una raccolta di racconti sconclusionata e fine a sé stessa, noiosa da leggere e piuttosto ripetitiva.
Nonostante la mia opinione negativa non mi sentirei però di sconsigliare l'opera né di stroncarla. Come Calvino stesso ci insegna in Se una notte d'inverno un viaggiatore, la lettura è qualcosa di soggettivo, ognuno la vive in un modo diverso e per questo ognuno tra le pagine di un libro può trovare emozioni o significati diversi. Il fatto che io in questa raccolta non abbia trovato niente di interessante non significa che non vi sia niente, semplicemente forse non era il libro giusto per me, almeno in questo momento non c'è affinità tra noi. Di sicuro Le città invisibili è un tentativo di fare arte, cioè di esprimere un concetto attraverso qualcosa di bello, quindi a chi ama Calvino consiglio comunque di assaggiarlo, almeno per vedere se qualcosa tra le sue pagine davvero c'è o se la mia impressione è giusta.

Francesco Abate

4 commenti:

  1. Devo dire che a me non è spiaciuto affatto. Un po' sconclusionato, dici, ma uno sconclusionato particolare, quasi onirico. Carino.
    Però come dici: ognuno ha un suo sentire, per cui può non piacere

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    1. Ovviamente i gusti sono soggettivi, di certo è un libro che ha le sue qualità, solo che non entra in sintonia coi miei gusti letterari. Calvino resta comunque uno dei miei scrittori preferiti.

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  2. Calvino è onirico per eccellenza, leggi Il castello dei Tarocchi e vedrai che ti piacerà.
    Ti abbraccio.

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    1. L'ho letto, mi è piaciuto di più rispetto a questo, anche se a sua volta non è uno dei miei romanzi preferiti di Calvino. Di sicuro siamo in presenza di un autore molto particolare.
      Un abbraccio.

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