martedì 5 dicembre 2023

CONTRO LA SINISTRA NEOLIBERALE DI SAHRA WAGENKNECHT

 

Sahra Wagenknecht è deputata del Bundestag, il Parlamento federale tedesco, dal 2009 col partito di sinistra Die Linke, del quale è stata vicepresidente dal 2010 al 2014. Nel 2022 ha dato alle stampe il saggio Contro la sinistra neoliberale, un libro che possiamo definire una lucida e amara riflessione sullo stato in cui versa la sinistra europea. Da tempo sentiamo dire che questa è l'epoca delle destre, vista la marea nera che sta risalendo in quasi tutti i paesi del mondo, e bisogna ammettere che questo nasce più per demerito di quelle forze che storicamente dovrebbero portare avanti le istanze delle classi più disagiate, le forze di sinistra, che per meriti dei partiti reazionari che avanzano; a questo dato di fatto che molti vedono e segnalano, non si affianca però quasi mai una visione lucida della situazione, che è proprio ciò che l'autrice ci offre.
Il problema per l'onorevole Wagenknecht è che la sinistra non dedica più le sue attenzioni ai problemi delle classi più disagiate, abbandonando a sé stesse tante persone che annaspano in questo sistema economico iniquo. L'ideale di sinistra tra la gente vive ancora, ma a livello politico ha preso il sopravvento il "liberalismo di sinistra", una pseudo-ideologia che asseconda la sinistra alla moda delle classi sociali più agiate, principalmente il ceto medio laureato, e che si concentra tutta sulla tutela delle minoranze e della libera circolazione, senza però preoccuparsi che le sue battaglie avvantaggiano solo quell'esigua parte delle minoranze proveniente da famiglie benestanti. Per fare un esempio, negli ultimi anni grazie alle battaglie della sinistra è aumentato l'accesso delle donne ai vertici della politica e delle aziende, però quasi mai ad emergere sono state persone venute dal basso, questo perché la mancata attenzione della sinistra alle classi deboli ha portato alla sparizione dell'ascensore sociale, perciò solo chi nasce nella fascia alta della popolazione può ambire a posizioni di vertice. Il liberalismo di sinistra, così come la sinistra alla moda da cui trae i consensi, oltre ad essere sordo alle richieste di maggiore giustizia sociale è anche arrogante, perché bolla come ignorante o di destra chiunque osi mettere in dubbio i suoi dogmi. L'arroganza e la cecità del liberalismo di sinistra, quindi di tutta la sinistra parlamentare europea, porta la gente a gettarsi tra le promesse palesemente farlocche della destra, regalando a questa il concime che le permette di crescere e creando la pericolosa premessa per la diffusione di quegli ideali totalitari e reazionari che meno di un secolo fa hanno gettato l'Europa nella sua epoca più buia.

Contro la sinistra neoliberale non è solo una critica alla sinistra attuale, ma offre anche quelli che per l'autrice sono i cambiamenti che le classi dirigenti dei partiti di sinistra dovrebbero operare. 
La sinistra negli ultimi anni, sulla scia della moda, ha abbracciato in modo entusiasta e acritico il progressismo e la globalizzazione, aprendo la strada allo sviluppo di un sistema economico sempre più iniquo e insostenibile. In parte dovrebbe tornare tradizionalista, dice l'autrice, nel senso che dovrebbe recuperare i valori tradizionali di comunità e coesione sociale, senza i quali una società si disgrega e resta indifesa alla mercé dei capitalisti. Dovrebbe inoltre essere abbandonata l'idea della debolezza degli stati nazionali anzi, secondo Wagenknecht bisognerebbe depotenziare gli organismi sovranazionali come l'UE (che attualmente è governata da burocrati al soldo delle lobby economiche) per riportare la centralità del potere nelle singole nazioni, le quali hanno il potere e i mezzi necessari a combattere il mercato globale e le sue degenerazioni.
Il saggio offre anche una visione dell'immigrazione molto diversa rispetto a quella tipica della sinistra europea attuale. Si deve smettere con la propaganda dell'immigrazione illimitata come valore positivo, in quanto proprio l'alto flusso di immigrati in Europa ha tolto potere contrattuale alla classe operaia e ai lavoratori non specializzati, invadendo il mercato con manodopera a basso costo.
Anche l'approccio al problema del clima è sbagliato secondo l'autrice. Non serve chiedere alla gente di cambiare il proprio stile di vita, o imporlo attraverso l'aumento del prezzo di determinati beni (azione iniqua, perché danneggia solo chi ha bisogno del bene e ha un basso reddito, non intaccando chi ha ampie disponibilità economiche e il bene lo usa per sfizio); la sinistra dovrebbe invece combattere contro la logica economica che genera produzioni iper-intensive finalizzate alla creazione di beni a basso costo, inoltre dovrebbe battersi contro la globalizzazione che produce un traffico mondiale di merci il cui risultato è l'emissione abnorme di gas serra nell'atmosfera.

Leggendo le pagine di questo saggio, è difficile non essere d'accordo con Sahra Wagenknecht e con la sua visione dell'attuale crisi della sinistra. Se però la sua analisi del problema è condivisibile quasi in toto, sulle soluzioni ha una visione un po' troppo parziale e ragiona più da politico che da filosofo o sociologo.
Riesce difficile contraddire il pensiero dell'autrice sulla sinistra alla moda e sul liberalismo di sinistra, perché è sotto gli occhi di tutti come oggi le sinistre parlamentari vivano in una bolla del tutto scollegata dal mondo reale, così come è percepito chiaramente come i dibattiti sul lavoro giusto e sui diritti dei consumatori siano quasi del tutto spariti dal dibattito politico lasciando il posto a questioni più alla moda e meno divisive. 
A non convincere del tutto sono le soluzioni che offre ai vari problemi che oggi affliggono il mondo, che nascono a mio modo di vedere da una visione dei problemi un po' troppo parziale e forse un po' troppo legata a una società che oggi non esiste più. 
Per quanto concerne il ritorno ai valori di comunità ed alla coesione sociale, l'autrice auspica una sinistra più conservatrice. Se però è vero che non si può accettare la totale disgregazione delle comunità e la riduzione delle società in semplici aggregati di unità, non si può nemmeno negare che i valori di comunità e coesione sociale sono spesso estremizzati al punto di annullare le individualità, al fine di ridurre le persone a semplici ingranaggi di un sistema, come ad esempio accade quando i governi legiferano su questioni che riguardano la sfera intima o ideologica dell'individuo. Chi detiene il potere ha provato, e prova ancora oggi, a governare le persone annullandone l'identità e spingendole verso un ideale di "uomo retto" che altri non è che l'uomo uniformato ai dettami del comandante. Oggi da tutte le parti si leva la ferma condanna dell'individualismo dilagante, e ad essa si associa l'autrice prima di proporre il ritorno alla comunità ed alla coesione sociale, ma nessuno pensa che questo sia una reazione al tentativo del potere di disumanizzare l'individuo per renderlo solo la parte di un insieme. Come per tutte le cose, la risposta è nell'equilibrio: di certo non si può accettare una società fatta di unità ognuna concentrata solo su sé stessa, ma allo stesso tempo si deve promuovere una comunità che ospiti al suo interno persone uniche e irripetibili, le quali siano in condizione di cercare la propria felicità. La sinistra perciò non deve essere conservatrice, deve essere progressista, ricordando però che progredire non significa per forza distruggere tutto ciò che è stato creato.
Anche sulla forza degli stati nazionali l'autrice non mi trova d'accordo. Oggi il capitale si muove al di sopra delle nazioni e dei confini, pensare di arginarlo attraverso leggi dal valore limitato ai confini di una nazione è semplicemente folle. Di sicuro le sinistre mondiali devono trovare il modo di limitare il fenomeno della globalizzazione, ma vista la necessità che c'è di libera circolazione delle merci (perché non possono esistere nazioni autosufficienti) si capisce che bloccarla del tutto è impossibile. D'altronde ha poco fondamento anche la visione negativa dell'UE che ha l'autrice; se è vero che oggi è malgovernata da burocrati al servizio delle lobby, è pur vero che non sempre ciò che non funziona va distrutto, spesso si deve solo migliorare. La sinistra perciò dovrebbe smettere di vedere nell'UE la perfezione e pensare seriamente a riformarla, ad avvicinarne il governo alle classi sociali più deboli, ma depotenziarla più del dovuto sarebbe un errore, e dovrebbe essere facile capirlo vista l'attuale situazione internazionale (pensate ai paesi europei divisi e messi in mezzo agli USA da un lato ed alla Cina dall'altro).
Su immigrazione e clima sono sostanzialmente d'accordo con l'autrice, anche se nel valutare i danni dell'immigrazione commette l'errore di confondere il fenomeno con una conseguenza generata dallo sfruttamento economico. Non è colpa degli immigrati se il potere contrattuale delle classi lavoratrici è calato, ma è colpa di chi ne sfrutta la disperazione. La sinistra perciò non dovrebbe battersi per frenare i flussi migratori, dovrebbe lavorare a livello globale affinché non ci siano più nel mondo paesi da cui fuggire per sopravvivere (e questo non si ottiene finanziando governi corrotti con ridicoli accordi, come si sta facendo negli ultimi anni), e contemporaneamente creare degli strumenti che impediscano di pagare il lavoro meno di un valore dignitoso. Sul clima poi, se è vero che non si può far pesare il riscaldamento globale sulle classi sociali più deboli, penalizzandole con aumenti dei prezzi di beni inquinanti di cui comunque hanno bisogno (come la macchina vecchia e scassata del lavoratore precario), non si può pensare di risolvere il problema senza cambiare almeno un po' tutti le abitudini di consumo, perché senza porre fine al consumismo sfrenato di questi ultimi anni sarà impossibile fermare la produzione del superfluo.

Francesco Abate

2 commenti:

  1. Hai fatto un'analisi davvero lucida e mi trovi proprio d'accordo. come dici tu, ci vuole il giusto equilibrio tra tradizione e progressismo e di entrambe dobbiamo tenere le cose buone

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    1. Esatto. E' troppo semplicistico dire "era meglio prima", e di certo non si possono ignorare le differenze di epoca. Trovare la sintesi non è facile, ma bisogna riuscirci.

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