domenica 6 novembre 2016

ENZO BIAGI, STORIA DI GIORNALISMO E LIBERTA'

Considerato uno dei giornalisti più importanti del XX secolo, la vita di Enzo Biagi è la storia di un uomo che ha sempre fatto il suo lavoro con grande professionalità, senza mai svendersi ai potenti anche a costo di gravi perdite. Di fatto si può considerare la vita di Biagi come un esempio di integrità ed onestà intellettuale.

Nato a Pianaccio di Lizzano in Belvedere il 9 agosto 1920, Biagi manifestò subito una grande passione per la scrittura e il giornalismo. Appena maggiorenne iniziò a lavorare ne Il Resto del Carlino e a 21 anni, età minima per essere iscritti all'albo dei giornalisti, divenne professionista. Nel corso degli anni lavorò per numerose testate giornalistiche come corrispondente, editorialista ed anche direttore. Nel 1943, dopo l'armistizio, varcò il confine per non essere arruolato tra i repubblichini di Salò e divenne partigiano. 
Fu anche autore di libri, ha venduto 12 milioni di copie in tutto il mondo.
Nel 1961 avvenne il suo ingresso in RAI, da quel momento iniziò ad ideare e condurre numerose e fortunate rubriche giornalistiche, impegnandosi in dossier su argomenti delicati come la mafia e in interviste con personaggi di grande spessore come Gorbaciov e Gheddafi, quest'ultimo intervistato all'indomani della strage di Ustica. Nel 1995 iniziò la conduzione de Il Fatto, una rubrica di 5 minuti in onda subito dopo il TG, in cui Biagi analizzava personaggi ed eventi dell'Italia di quel periodo. Dovette abbandonare la trasmissione e risolvere il contratto in RAI nel 2002, a seguito del famoso editto bulgaro di Berlusconi. Tornò in tv nell'aprile 2007 con la rubrica RT - Rotocalco Televisivo, di cui realizzò sette puntate. La rubrica sarebbe dovuta tornare in onda nell'autunno successivo, ma il peggioramento delle condizioni di salute di Biagi lo impedirono. Enzo Biagi morì a Milano il 6 novembre 2007 a causa delle complicazioni dovute ad un edema polmonare acuto.

Come già detto, la biografia di Enzo Biagi è tutt'oggi un esempio di libertà ed onestà intellettuale. Oggi tutti conosciamo le vicende relative all'editto bulgaro, ma già nel 1982 il giornalista lasciò il Corriere della Sera perché dalle inchieste della magistratura stava emergendo come la testata fosse sotto il controllo della P2. In seguito lo stesso Biagi rivelò che Licio Gelli aveva chiesto all'allora direttore del quotidiano, Franco Di Bella, di rimuoverlo o spedirlo in Argentina. Biagi, non appena emersero le prime verità riguardo la P2, lasciò il Corriere e divenne editorialista de la Repubblica. Tornò al Corriere della Sera solo sei anni dopo.

La vicenda personale di Biagi toccò il massimo della drammaticità con l'editto bulgaro. Il 18 aprile 2002, nel corso di una visita a Sofia, l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi auspicò che la il nuovo Consiglio di Amministrazione RAI, che si stava eleggendo in quei giorni, evitasse un uso criminoso del servizio pubblico contro di lui. L'ordine era stato lanciato sin troppo chiaramente, era noto che Berlusconi non avesse gradito le conduzioni di Michele Santoro, Daniele Luttazzi ed Enzo Biagi. A far cadere le ire dei berlusconiani su Biagi furono due interviste, fatte prima delle elezioni, fatte a Roberto Benigni ed Indro Montanelli. Il primo commentò a modo suo il Contratto con gli italiani che Berlusconi aveva firmato nello studio di Porta a Porta, il secondo invece definì il centrodestra un virus e disse chiaramente che con Berlusconi l'Italia avrebbe avuto una "dittatura morbida". 
Le due interviste prima e le parole di Berlusconi poi scatenarono una pioggia di attacchi professionali e personali contro Biagi, che la sera stessa dell'editto rispose così a Il Fatto: << Il presidente del Consiglio non trova niente di meglio che segnalare tre biechi individui: Santoro, Luttazzi e il sottoscritto. [...] Poi il presidente Berlusconi, siccome non intravede nei tre biechi personaggi pentimento e redenzione, lascerebbe intendere che dovrebbero togliere il disturbo. Signor presidente, dia disposizioni di procedere perché alla mia età il senso di rispetto che ho verso me stesso mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri. [...] Sono ancora convinto che perfino in questa azienda (che come giustamente ricorda è di tutti, e quindi vorrà sentire tutte le opinioni) ci sia ancora spazio per la libertà di stampa; sta scritto - dia un'occhiata - nella Costituzione. Lavoro qui in RAI dal 1961 ed è la prima volta che un presidente del Consiglio decide il palinsesto [...]. Cari telespettatori, questa potrebbe essere l'ultima puntata del Fatto. Dopo 814 trasmissioni, non è il caso di commemorarci. Eventualmente, è meglio essere cacciati per aver detto qualche verità, che restare a prezzo di certi patteggiamenti >>.
L'editto bulgaro portò, come Biagi aveva previsto, alla fine de Il Fatto. Il nuovo CdA RAI prima cambiò fascia oraria al programma, poi lo spostò su Rai3, infine lo cancellò. Sentendosi preso in giro, Enzo Biagi risolse il contratto con la RAI.
La grandezza di Biagi in occasione dell'editto bulgaro fu il preferire essere tagliato fuori da un'azienda per cui aveva lavorato più di trent'anni e che amava. Qualche anno prima, infatti, Biagi rifiutò la chiamata proprio di Berlusconi che lo voleva in Fininvest. Il giornalista rifiutò sia per amore della RAI, che anni dopo lo avrebbe tradito per accontentare il potente di turno, sia temendo di subire limitazioni nella tv berlusconiana.

Un personaggio indipendente non piace mai a tutti, Enzo Biagi non fece eccezione. L'allora presidente del Consiglio Craxi lo definì "moralista tanto al chilo", Berlusconi lo censurò con l'editto bulgaro, la sinistra lo definiva buonista e Giorgio Bocca lo accusava di speculare sulle tragedie. Particolarmente duro con Biagi fu, all'epoca dell'editto bulgaro, Giuliano Ferrara che lo invitò a sputarsi in faccia. 
La storia ci insegna però che tali critiche furono ingiustificate. Craxi all'epoca dei governi socialisti definiva "moralista tanto al chilo" chiunque parlasse di corruzione contro il PSI, Tangentopoli ci ha però spiegato che i moralisti avevano ragione e che lui era un corrotto.
La stessa vicenda dell'editto bulgaro ci insegna come Biagi avesse fatto bene il suo lavoro e come la sua integrità lo avesse fatto uscire vincitore dallo scontro. Nell'intervista a Montanelli infatti l'ospite disse che con Berlusconi ci sarebbe stata una dittatura morbida, lo stesso editto bulgaro diede ragione a Montanelli e la storia ci insegna come sia stato effettivamente così anzi, come da allora in Italia si siano succedute solo dittature morbide, perché il berlusconismo ha creato una politica nuova dove il cittadino è tifoso e non giudice. Biagi informò correttamente, in più mantenne la propria integrità preferendo continuare per la sua strada, alla fine riuscì anche a tornare in tv e solo la morte ha fermato definitivamente il suo lavoro.
La figura di Biagi è però una di quelle che non smettono mai di avere un effetto nel mondo, il segno che ha lasciato è indelebile. Se oggi possiamo ancora leggere i suoi libri, i suoi articoli, o vedere le sue interviste, e conoscere meglio la storia, leggendo la sua biografia possiamo imparare che si può essere quello che si ama senza chinare il capo davanti a nessuno.

Francesco Abate



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