Gli sdraiati è un romanzo dello scrittore e giornalista italiano Michele Serra.
Pubblicato nel 2013, l'opera affronta il tema del contrasto generazionale nella nostra epoca iper-tecnologica.
Il romanzo è un lungo monologo interiore del protagonista, che osserva il figlio e constata l'impossibilità di comunicare con lui, un ragazzo che non parla mai di sé, a cui interessa solo passare il tempo tra smartphone e uscite con gli amici, che non manifesta passione per niente.
Nel tentativo di "raddrizzarlo", il protagonista convince il figlio a risalire a piedi il Colle della Nasca, cosa che fece lui in gioventù e rappresentò un momento molto significativo della sua crescita.
I protagonisti del romanzo sono due: l'io narrante e suo figlio Stefano.
L'io narrante è un cinquantenne borghese di sinistra che, memore dei valori con cui è cresciuto, non riesce ad accettare i comportamenti del figlio, il quale gli sembra apatico (uno "sdraiato") e privo di qualsiasi interesse, intrappolato nella tecnologia e al di fuori anche delle più elementari norme di convivenza civile.
Stefano lo vediamo sempre attraverso gli occhi del narratore ed altro non è che una proiezione della gioventù attuale. Vive una vita con orari sballati, completamente distaccato dal mondo che lo circonda e dalla sua stessa famiglia, privo di qualsiasi interesse che non sia legato alle apparecchiature tecnologiche o alla cura della propria immagine. Un ragazzo in apparenza vuoto e narcisista.
Gli sdraiati tratta un po' tutti i temi legati alle differenze generazionali tra i giovani d'oggi e i loro padri.
Viviamo in una società iper-tecnologica e i giovani vivono sempre più immersi nel mondo della socializzazione virtuale, molto attenti a seguire le mode e a curare il proprio corpo, ma almeno in apparenza completamente privi di qualsiasi interesse più profondo.
L'autore con questa storia ci mostra quanto sia difficile per un padre interagire oggi con un figlio, non riuscendo in alcun modo a coglierne gli interessi, ma allo stesso tempo mette in guardia da parecchi luoghi comuni. Il viaggio finale che il protagonista fa col figlio gli insegna infatti che quest'ultimo è meno impreparato di quanto pensasse alla scalata, che simboleggia la vita, e gli fa vedere come Stefano non sia completamente insensibile al mondo, semplicemente lo guarda in modo diverso. Da questo punto di vista, ci dice l'autore, la distanza tra i padri e i figli oggi non è tanto differente da quella di un tempo: c'è un mondo nuovo, quello dei giovani, che i padri non riescono a capire, ma non è necessariamente peggiore del vecchio.
Benché il messaggio finale del romanzo sia positivo, l'autore non perde l'occasione per analizzare dei problemi che sono endemici nel nostro tempo. C'è il "relativismo etico", la perdita cioè di valori positivi assoluti, che mette gli educatori in una posizione estremamente fragile, perché cosa puoi insegnare se non c'è una verità assoluta? C'è poi la riflessione sulla società consumistica che incentiva l'eccessiva cura del corpo e il disinteresse verso il mondo esterno, questo al fine di creare consumatori perfetti il cui unico scopo nella vita è acquistare oggetti alla moda: un'immagine perfetta del nostro tempo, fatto di influencer e aspiranti tali.
Confesso di aver acquistato questo libro per caso: me lo sono trovato davanti nei pressi della cassa in libreria e mi ha incuriosito il titolo. Mi sono approcciato alla sua lettura con il timore di aver buttato via i soldi, invece è stata una lettura piacevole e per niente banale.
All'inizio il romanzo fa storcere un po' il naso, sembrando ricco di luoghi comuni, però alla fine è lo stesso protagonista a capire di aver sbagliato nel dare certi giudizi che è ingiusto estendere a un'intera generazione.
Si tratta di un romanzo breve e di semplice lettura, che ci proietta nelle difficoltà di un padre nel comprendere una generazione diversa dalla propria non solo negli ideali e nei valori, ma anche nelle modalità di comunicazione. Ci troviamo quindi di fronte alla difficoltà di essere educatori oggi. Il testo ha inoltre un gran valore perché evidenzia le storture della società odierna, ma ci lascia anche con la speranza che non tutti i giovani d'oggi siano degli sdraiati, degli apatici, e che in loro vi siano ancora dei valori e un positivo attaccamento alla vita.
Va dato merito all'autore di aver affrontato temi così spinosi in modo leggero e a tratti anche simpatico, con un libro che si legge in un pomeriggio e non diventa mai pesante.
Francesco Abate
Non conosco il libro ma ho apprezzato la recensione che hai fatto, dovrò leggerlo appena avrò del tempo libero.
RispondiEliminaBuon fine settimana!
E' un romanzo la cui lettura puoi incastrare in qualsiasi momento, infatti si legge in due/tre ore. Te lo consiglio.
EliminaBuona domenica.