Shantaram è un romanzo pubblicato nel 2003 dallo scrittore australiano Gregory David Roberts, opera che ha venduto più di sei milioni di copie in tutto il mondo.
Il romanzo, dichiarato autobiografico dall'autore, racconta le vicende di Lin, un uomo evaso dal carcere in Australia e fuggito a Bombay. Lin comincia a guadagnarsi da vivere con piccoli espedienti illegali, finendo per andare a vivere in uno slum (una baraccopoli), nel quale ritrova serenità grazie alla cura degli ammalati e scopre la solidarietà che unisce tra loro i poveri abitanti. Col passare del tempo, e per via di circostanze che non rivelo per non anticiparvi la trama, Lin finisce per perdersi di nuovo, fino a ritrovarsi prima in carcere e poi addirittura in guerra.
Shantaram ha certo il merito di avere una trama avvincente, che si sviluppa attraverso numerosi colpi di scena e tiene incollato il lettore fino all'ultima pagina. Anche la narrazione, diretta e a tratti molto cruda, appassiona e non fa sentire il peso delle quasi milleduecento pagine.
Non bisogna credere però che questo sia solo un romanzo di intrattenimento ricco di azione. L'autore mostra quelle che presenta come sue vicende personali per mostrarci il mondo di cui è innamorato, la Bombay divisa tra il lusso sfarzoso e baraccopoli luride, tra vizi e spiritualità, e per sviluppare delle riflessioni su questioni molto delicate. La storia di Lin è infatti la storia di un uomo segnato dalla colpa, che ha perso gli affetti per problemi di droga, e questo tema della colpa è forte in quasi tutte le pagine del romanzo, un macigno che impedisce al protagonista di liberarsi dal mondo criminale che come una sirena non smette di chiamarlo. Il romanzo ci offre anche l'occasione per riflettere sul fallimento dei sistemi carcerari di quasi tutto il mondo, dove il detenuto è ingabbiato e ridotto peggio di una bestia, umiliato e incattivito, in barba a qualsiasi discorso sul recupero e il reinserimento in società. Nelle pagine di Shantaram è poi mostrata tutta la contraddizione del capitalismo, con gli slum a pochi metri dai grattacieli lussuosi, e tutta la corruzione che il sistema genera, visibile attraverso i poliziotti che si lasciano continuamente corrompere dai grandi delinquenti della città.
Shantaram è un ottimo romanzo, piacevole da leggere e non banale nei contenuti; a convincermi poco è il fatto che sia presentato come autobiografia. Nelle pagine del romanzo troviamo questo Lin, un uomo scaltro e forte, capace tanto di combattere col coltello quanto di curare i poveri malati dello slum, leale con gli amici ma capace di spietatezza coi nemici, che piace alle donne ma ha difficoltà a trovare il vero amore. Lin è così simile all'eroe in stile hollywoodiano da non sembrare vero; non mi stupisce che Johnny Depp volesse girare il film tratto da questo romanzo (impresa poi fallita per problemi organizzativi), perché Lin a tratti mi ha ricordato tanto George Jung di Blow, un delinquente bello e buono che vorrebbe redimersi ma non può. Francamente, senza nulla togliere alla bellezza del romanzo, sull'attendibilità dell'autobiografia mi sento di esprimere qualche riserva.
Un altro limite del romanzo è la visione "affascinante" che propone del mondo della mafia. Lin si lega molto al boss Khaderbai, che per lui sostituisce la figura paterna. Sebbene nel corso del romanzo vengano fuori i grossi limiti morali del capocosca, la sua figura resta sempre più vicina a quella di un saggio santone che non a quella di uno spietato assassino. Anche molti compagni di cosca sono presentati sotto una luce positiva: leali e forti, senza paura e spinti da un ideale puro. Anche in questo caso ho sentito forte l'influenza hollywoodiana, soprattutto dei gangster movies, e come nel caso di questo genere di film Shantaram rischia di normalizzare un fenomeno diffuso e grave, che ogni giorno costa la vita a migliaia di persone in tutto il mondo.
Francesco Abate
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