martedì 26 aprile 2016

TEATRO: MACBETH DI WILLIAM SHAKESPEARE

Scritta agli inizi del 1600, Macbeth è una delle tragedie più famose di William Shakespeare e narra le vicende del signore di Gladis che, a seguito di sanguinosi complotti, diventa re di Scozia.

Re Macbeth esistette davvero e Shakespeare ne conobbe la storia attraverso l'opera Re Macbeth di Scozia di Raphael Holinshed. In quest'opera il sovrano è presentato come un despota sanguinario ed è accentuata la contrapposizione tra il castello, centro del potere, e la foresta, dove si muove l'intera popolazione. Tale contrapposizione è molto evidente nella tragedia, infatti nel castello si svolgono gli intrighi del despota e dalla foresta arriva il rovesciamento del despota stesso. In realtà la percezione negativa di re Macbeth nacque intorno al XIV secolo, le leggende antecedenti tale periodo parlavano invece di un sovrano generoso verso i poveri e rispettoso delle autorità ecclesiastiche.

Macbeth può essere definita una tragedia dell'ambizione. Il protagonista è signore di Gladis nonché cugino di re Duncan, all'inizio dell'opera lo troviamo impegnato nella valorosa difesa del suo sovrano contro il complotto ordito dal signore di Cawdor. Dopo la battaglia vinta, mentre è con il suo fedele amico Banquo, a Macbeth appaiono tre streghe che gli predicono la sua nomina a signore di Cawdor e la sua salita sul trono. Le streghe poi predicono a Banquo una vita infelice, ma gli rivelano anche che la sua progenie siederà sul trono di Scozia. La predizione sconvolge i due, ma ha effetti profondi su Macbeth in cui inizia a crescere una smisurata ambizione, specie quando viene a sapere di essere stato nominato signore di Cawdor da re Duncan. Macbeth informa la moglie della predizione ricevuta e di come parte di essa si sia già avverata, così anche in lei inizia a germogliare il seme dell'ambizione. Se però in Macbeth l'ambizione resta celata, lady Macbeth passa subito all'azione e inizia a pianificare la realizzazione dell'evento più importante, la conquista del trono da parte del marito. L'occasione si presenta quando re Duncan viene a cena nel castello di Macbeth. Il piano orchestrato da lady Macbeth è semplice: giunta la notte, drogherà le guardie così che suo marito possa uccidere il re. La notte arriva, le guardie vengono addormentate dal lady Macbeth e il marito commette l'omicidio. Macbeth però, sconvolto e in preda ai sensi di colpa, dimentica di sporcare di sangue le guardie e addirittura porta via i loro pugnali (lasciati accanto al re per far cadere su di loro la colpa del misfatto), così la moglie torna nella camera e rimedia agli errori del marito. Ad omicidio avvenuto, i figli di Duncan, tra cui l'erede al trono Malcom, fuggono dalla Scozia per timore di essere uccisi a loro volta.
Divenuto re, Macbeth è perseguitato dai sensi di colpa, mentre la moglie gestisce la situazione con maggiore freddezza. Il nuovo re ricorda la profezia che le streghe fecero a Banquo e comincia a percepire l'amico come un pericolo, così ordisce un complotto e lo fa uccidere. Il piano di Macbeth prevedeva anche l'uccisione del giovane figlio di Banquo, ma questo riesce a fuggire. Saputa della morte del vecchio amico, i sensi di colpa cominciano a manifestarsi a Macbeth sotto forma di allucinazioni. Nonostante ciò il sovrano ha ormai fatto l'abitudine ai complotti. Interroga nuovamente le streghe e queste gli rivelano tre cose: deve guardarsi da Mcduff, perirà solo quando la foresta di Birnam si muoverà verso la collina di Nunsinane, non dovrà temere alcun figlio partorito da donna. Macbeth comincia perciò a credere di essere immortale, dato che non esistono figli non partoriti da donna e le foreste non si muovono. Reso più sicuro dalle nuove predizioni, diventa ancora più sanguinario e decide di eliminare Mcduff con tutta la sua famiglia. Mcduff si salva perché corso in Inghilterra a spronare Malcom, erede legittimo al trono, affinché guidi la sommossa contro il sanguinario despota, e lì viene a sapere della crudele uccisione della sua famiglia. Malcom, reso più sicuro anche dall'aiuto promessogli dall'Inghilterra, decide di guidare la rivolta contro Macbeth. Saputo dell'imminente attacco, il despota si rifugia nella fortezza posta sulla collina di Nunsinane, sicuro di non correre alcun pericolo. Le sue certezze vacillano però quando viene informato che la foresta di Birnam sta avanzando verso la fortezza, infatti Malcom ha ordinato che i soldati tagliassero ognuno il ramo di un albero così da mimetizzarsi e non far capire il loro numero. Poco prima della battaglia, lady Macbeth (sonnambula e perseguitata da terribili incubi in cui vede le sue mani sporche di sangue) si uccide. Alla fine Macbeth affronta lo scontro sicuro di non poter essere ucciso, infatti nessun partorito da donna lo può uccidere, ma alla fine dell'opera Mcduff gli rivela di non essere stato partorito, ma estratto da un chirurgo tramite taglio cesareo, e proprio lui lo decapita. Morto Macbeth, il trono passa alla progenie di Banquo, come predetto dalle streghe.

Macbeth è di certo una delle tragedie più cruente e sanguinose di Shakespeare. Anche se può sembrare determinante il ruolo del Fato nelle vicende, in realtà è la tragedia dell'ambizione. Le streghe, che nell'opera rappresentano il destino, non fanno altro che fornire informazioni e guardare le vicende, ma qualunque azione arriva dagli uomini. Macbeth uccide il re, accecato dall'ambizione e spinto dalla moglie, e poi per difendere il trono usurpato cade in una spirale di crudeltà e violenza. Le streghe non fanno altro che parlare, rivelano il destino anche a Banquo, ma quest'ultimo non cambia i suoi modi di agire e lo subisce. In questa tragedia il destino è descritto, ma a farlo sono solo gli uomini.

Macbeth è un uomo ambizioso e in lui si vedono gli effetti negativi dell'ambizione. Egli è un signore, un guerriero valoroso e combatte per il re, ricevendone gli onori. Vede l'occasione di diventare re e sogna il trono, però non pensa all'azione e decide di lasciare che gli eventi vadano da sé, convinto di essere eletto dal destino. La prima azione cruenta, l'assassinio di re Duncan, è spinto a farla dalla moglie e in lui provoca gravi sensi di colpa. La degenerazione del suo animo è però iniziata, anche l'omicidio di Banquo lo farà soffrire, ma stavolta sarà lui a organizzare tutto, non sarà solo l'esecutore materiale, non avrà bisogno della spinta della moglie e organizzerà tutto con precisione, senza fare pasticci come in precedenza. Alla fine poi si vede un re Macbeth crudele che, percependo Mcduff come una minaccia, non esita ad ordinare non solo la sua uccisione, ma anche quella della moglie e dei figli. Non c'è più senso di colpa in lui, non c'è più esitazione, c'è solo la difesa a oltranza della sua posizione, senza scrupolo alcuno.
Lady Macbeth è altrettanto ambiziosa, ma a differenza del marito è una donna d'azione. Conosciute le rivelazioni delle streghe, capisce subito di dover essere lei a spingere il marito a forzare gli eventi, ella infatti sa che lui tende ad aspettare che le cose si sistemino da sé. Possiamo definirla come l'esteriorizzazione del marito, l'incarnazione della sua ambizione, lui desidera e lei trama affinché il desiderio si realizzi. Arriva addirittura a pregare affinché dal suo animo sparisca ogni forma di pietà, in modo che possa essere una guida più efficace per il marito. L'invocazione di lady Macbeth ha il suo effetto, infatti pianifica alla perfezione l'uccisione di re Duncan ed è fredda quando rientra nella stanza del morto per riparare gli errori commessi dal marito sconvolto e fuori di sé. Se però nella parte iniziale è lei la più fredda, la più cinica e calcolatrice, alla fine soccombe ai sensi di colpa impazzendo e uccidendosi, mentre il marito lotta fino alla fine per difendere il trono conquistato spargendo tanto sangue.

Come in tutte le opere di Shakespeare, in Macbeth non mancano momenti di grande poesia e profonde riflessioni esistenziali. 
Molto poetica, e terribilmente rappresentativa di una volontà che cede completamente ai sentimenti più oscuri, è la preghiera che lady Macbeth recita una volta conosciuta la rivelazione delle streghe: "Venite o voi spiriti che vegliate sui pensieri di morte, in quest'istante medesimo snaturate in me il sesso, e colmatemi tutta, da capo a piedi, della più atroce crudeltà. Spessite il mio sangue, occludete ogni accesso ed ogni via alla pietà...Venite alle mie poppe di donna, e prendetevi il mio latte in cambio del vostro fiele". Lady Macbeth in questa preghiera chiede che la sua umanità sia annullata, vuole diventare un'assassina senza alcun briciolo di umanità. Molto efficace la contrapposizione del suo essere donna, delle parti del corpo che rappresentano la maternità e quindi la generazione di vita, con la crudeltà di colei che la vita vuole toglierla.
"La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla". In questo monologo Macbeth, arroccato nella fortezza di Nunsinane, spiega il concetto che ha maturato della vita umana, un susseguirsi di eventi "rumorosi" senza alcun significato.

Questa tragedia, forse per il suo carattere estremamente sanguinario, è da sempre considerata portatrice di malaugurio nell'ambiente teatrale anglosassone, è quindi abitudine degli addetti ai lavori non pronunciarne mai il nome, ma usare perifrasi come "la tragedia di Scozia". Tale superstizione ha ispirato un po' di anni fa ad una scenetta molto divertente nel cartone animato The Simpsons dove la famiglia Simpson, ignara di tale oscura natura dell'opera, fa involontariamente capitare una serie di disgrazie a sir Ian McKellen (uno dei maggiori attori shakespeariani viventi) che li ha invitati proprio a vedere una sua interpretazione del Macbeth.

Francesco Abate

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