mercoledì 14 settembre 2016

STORIA: LA PRIMAVERA DI PRAGA E LA REPRESSIONE SOVIETICA

Viene chiamata Primavera di Praga la rivoluzione politico-culturale che avvenne in Cecoslovacchia tra il 1967 e il 1969. 
Tutto nacque dagli elementi in opposizione al capo di Stato Novotny, uomo della vecchia nomenklatura comunista già nel 1967. L'evoluzione della mentalità della gente infatti aveva generato un'avversione nei confronti dei metodi di governo dei paesi posti sotto l'influenza sovietica, tale evoluzione fu raccolta da una parte del PCC (Partito Comunista Cecoslovacco) che iniziò a concepire un socialismo diverso.
I principi che portarono alla Primavera di Praga non contrastavano il socialismo e nemmeno mettevano in discussione i rapporti tra Cecoslovacchia e URSS, semplicemente si voleva realizzare un socialismo dal volto umano, cioè al centro della politica non ci dovevano essere né l'accumulo di capitale né il Partito, ma semplicemente l'uomo. Gli atti più concreti in cui si concretizzò questa nuova concezione politica una volta insediatosi Dubcek al governo furono il riconoscimento della possibilità che si formassero altri partiti e la rinuncia ad un controllo rigido della società.
L'URSS ovviamente osteggiò da subito l'opera del nuovo governo cecoslovacco, temendo che la situazione si estendesse ad altri paesi del Patto di Varsavia limitando la sua influenza. Subito i sovietici iniziarono con pesanti ingerenze nella politica interna cecoslovacca, ordinando a Dubcek di "normalizzare" la situazione. 
L'azione politica sovietica provocò la reazione del popolo cecoslovacco. Il 27 giugno 1968 fu pubblicato nell'ambito dell'Accademia delle Scienze il "Manifesto delle Duemila parole", un documento finalizzato a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle ingerenze sovietiche nella politica interna cecoslovacca.
Il 20 agosto 1968 però l'URSS decise di passare ai fatti. A differenza che in Ungheria nel 1956, stavolta i sovietici non cercarono nemmeno di crearsi un pretesto, poco prima di mezzanotte invasero il paese con i carri armati. L'azione sovietica avvenne durante una riunione del PCC, prese completamente di sopresa Dubcek che anni dopo ha ammesso di aver sottovalutato il pericolo sovietico e ha dichiarato: "le esperienze drastiche dei giorni e dei mesi che seguirono mi fecero capire che avevo a che fare con dei gangster". Fatta l'invasione, l'URSS si preoccupò di cambiare i quadri di potere. Dubcek fu prima nominato ambasciatore in Turchia, venendo così allontanato dal paese, poi cacciato dal partito ed escluso per sempre dalla politica. Al guido del paese fu insediato un nuovo governo formato da uomini di fiducia del Cremlino. Ovviamente l'URSS, mentre si impadroniva politicamente della Cecoslovacchia, si impegnò anche in un'intensa azione di polizia e di spionaggio al fine di frenare qualsiasi resistenza. Ai firmatari del "Manifesto delle Duemila parole" fu imposta una scelta: ritrattare la propria firma o rinunciare alla propria carriera. Molti si arresero e ritrattarono, ma non mancarono casi di eroismo come quello dell'atleta Vera Caslavska, atleta di grande talento (11 medaglie olimpiche in 11 anni, 10 medaglie ai campionati mondiali e 13 a quelli europei) che preferì vivere come donna delle pulizie piuttosto che ritrattare la propria firma. La stessa Caslavska, in una delle sue apparizioni olimpiche post-invasione sovietica, al suono dell'inno sovietico si voltò di spalle incurante del rischio di squalifica.
Il popolo cecoslovacco, vedendosi derubato della sovranità proprio mentre stava gustando una rivoluzione culturale senza precedenti, mostrò tutta la propria disperazione. Vi furono atti eclatanti, alcuni giovani si riunirono nella piazza principale di Praga e si diedero fuoco.

La Primavera di Praga è forse ancora oggi l'esempio più fulgido del contrasto tra le evoluzioni del pensiero ed i regimi politici totalitari. Un popolo nel 1968 lavorava per portare nella politica quei cambiamenti che ormai erano avvenuti nella mentalità delle persone, ma tale rinnovamento era inconcepibile per il vecchio e prepotente regime sovietico che represse tutto con la forza, non potendo controbattere con la forza del pensiero e dell'esempio politico.

Francesco Abate



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