lunedì 2 settembre 2019

RECENSIONE DEL ROMANZO "LA STORIA" DI ELSA MORANTE

Considerato uno dei principali capolavori della letteratura del Novecento, La Storia è sicuramente il romanzo più importante della scrittrice italiana Elsa Morante.
Si tratta di una storia che ci mostra la vita nel momento più buio della storia d'Italia, gli anni tra il 1941 e il 1947, quindi nel pieno della seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra.

La Storia ci racconta le vicende di una donna, Ida Ramundo. Vedova, è madre di un figlio, chiamato affettuosamente Ninnuzzu. Un giorno Ida viene stuprata da un soldato tedesco ubriaco e da questo rapporto non voluto nasce il piccolo Giuseppe, che verrà chiamato da tutti Useppe.
Il romanzo ci mostra la vita della povera Ida, semplice maestra elementare costretta ad arrangiarsi per tirare su i due figli. Vive isolata, preoccupata per l'irrequietezza adolescenziale di Ninnuzzu, affascinato dal lavaggio del cervello operato dai fascisti sui giovani dell'epoca, e terrorizzata dallo scandalo che potrebbe suscitare la scoperta del figlio nato al di fuori di un'unione ufficiale. Inizialmente nasconde il piccolo Useppe allo stesso Ninnuzzu, poi però le sue preoccupazioni si rivelano infondate quando il ragazzo scopre casualmente il pargolo e lo accoglie con gioia, senza preoccuparsi delle circostanze del suo concepimento.
Sebbene proceda tra mille difficoltà e tanti stenti, la vita della famiglia scorre piuttosto tranquilla. La situazione precipita quando anche Roma diventa bersaglio dei bombardamenti e Ida, come tanti, perde la casa e si trova costretta in un alloggio comune.
Il romanzo procede narrando le vicende di questa famiglia tanto comune quanto sfortunata attraverso la guerra, che a tratti irrompe violentemente nella loro vita come accade col bombardamento della città, le inquietudini dell'immediato dopoguerra e i problemi di salute dei protagonisti.

Come tutti i grandi romanzi, La Storia divise nettamente la critica all'epoca della sua uscita. Per molti la Morante fu colpevole di voler speculare sul dolore e spargere pessimismo, altri invece videro nella sua opera il tentativo di consolare un dolore acuto con delle lacrime edificanti.
Da lettore, io credo che entrambe le critiche siano ingiuste. Nel romanzo di Elsa Morante io ho trovato solo il tentativo di analizzare un periodo storico complesso e doloroso non dal punto di vista dell'ideologia politica, come si faceva tanto negli anni Settanta (il romanzo fu pubblicato nel 1974), ma da quello umano. L'autrice ha preso delle persone normali, una mamma e due bambini, li ha calati nella realtà storica e sociale degli anni Quaranta e ha mostrato quello che è successo. Le lacrime suscitate dal libro non sono colpa della Morante, sono una precisa responsabilità di chi causò tutto quel dolore a della povera gente che voleva solo vivere la propria vita.
I protagonisti sono delle persone normali come ce ne potevano essere milioni all'epoca della vicenda. Ida è una mamma piena di ansie e paure, cresciuta con una mentalità un po' provinciale, che della storia e della politica non si interessa ed è preoccupata solo di assicurare una sopravvivenza dignitosa ai propri figli. Ninnuzzu è un giovane adolescente pieno della voglia di vivere tipica della sua età, passionale e volubile, incline alle passioni, ama la vita e fa di tutto per viverla appieno, finendo per fare anche delle scelte pericolose e sbagliate. Useppe è un bambino che vive in un mondo sospeso a metà tra il sogno e la realtà, come capita a tutti i bimbi piccoli, ed è fortemente influenzato da gravi problemi di salute.

La capacità principale di questo libro è quella di mostrare come la storia irrompa prepotentemente nella vita delle persone semplici e butti tutto sottosopra, senza riguardi e senza pietà. 
Ida è una semplice maestra, a differenza del padre si disinteressa completamente della politica, tira a campare e basta. Non manifesta fede politica, quindi non ha colpe né dirette né indirette circa la dittatura, la guerra e tutto ciò che ne consegue. Nonostante ciò, la politica, la storia e la guerra irrompono nella sua esistenza, le danno a forza un figlio, le distruggono la casa, le fanno vivere con terrore le sue lontane origini ebraiche, le rubano il lavoro e alla fine le impongono l'atroce dolore del lutto.
Anche Ninnuzzu è una vittima della storia. Un adolescente come tanti, viene sottoposto al lavaggio del cervello che i fascisti facevano ai giovani, così in lui nasce la voglia insana di combattere in prima linea per il regime. Le circostanze lo portano poi a combattere coi partigiani contro il fascismo. Dopo la guerra, prende coscienza del suo essere pedina della storia e cerca di liberarsi, dichiarando apertamente che con la caduta del regime fascista sono cambiati solo i capi (che lui chiama Caporioni) e non la sostanza delle cose, decidendo di non voler combattere per nessun ideale, ma di voler solo vivere.

Oltre a mostrarci l'impatto della storia sulla povera gente, Elsa Morante con questo romanzo ci mostra uno scorcio della vita nel nostro paese, riuscendo così a svolgere anche una preziosa funzione divulgativa.
All'inizio di ogni capitolo, che copre un anno, la scrittrice racconta gli eventi mondiali inerenti la guerra e le varie rivoluzioni. Questo le permette di trascurare quest'aspetto nello sviluppo della vicenda dei protagonisti, ci fa conoscere il contesto storico in cui si muovono, ma allo stesso tempo ci ricorda che loro di tante cose a stento sentono dire, c'è molta differenza tra ciò che sanno e quello che effettivamente accade nel mondo. Giusto per fare un esempio, del massacro degli Ebrei Ida ha solo informazioni frammentarie derivanti da voci che circolano, la questione non viene assolutamente approfondita.
Ci sono poi, soprattutto nella parte iniziale, delle considerazioni dell'autrice sul fascismo e su Mussolini che inquadrano alla perfezione il personaggio e il suo impatto sulla storia d'Italia. Pagine che meritano di essere lette sia per il contenuto che per il modo in cui sono scritte.

Un personaggio molto importante di questo romanzo, sebbene non sia uno dei protagonisti, è Davide Segre.
L'importanza di Davide si manifesta sia attraverso le sue azioni, sia attraverso i ricordi del suo passato.
Grazie a Davide Segre, conosciamo la delusione che nel dopoguerra vissero i comunisti e gli anarchici che avevano visto nella lotta partigiana la tanto attesa rivoluzione. Finita la guerra lui, che aveva appunto creduto di fare la rivoluzione nel momento in cui aveva partecipato alla Resistenza, si accorge che la miseria della povera gente rimane inalterata anzi, è acuita dalle cicatrici lasciate dalla guerra e dalla lunga dittatura. La grande rinascita del proletariato non avviene e Segre va in crisi.
Davide, da sempre convinto anarchico, ha anche un passato come operaio. Ricordando questa sua parentesi lavorativa, scelta proprio per conoscere le condizioni della categoria che voleva difendere, lui che era di famiglia borghese, ci mostra senza filtri la condizione disumana degli operai nella prima metà del Novecento: così sfruttati e stanchi da non avere neanche la forza di pensare a una realtà diversa, ridotti alla condizione di larve che pensano solo alla sopravvivenza. 
L'ultima realtà che l'autrice ci rivela attraverso l'esistenza di Davide Segre, forse la più dura, è quella dell'uomo comune che ha combattuto una guerra. Imbruttito dalla violenza che lo circondava e dai lutti subiti, in guerra Davide Segre si era rivelato spietato; ricorda precisamente quando uccise un soldato tedesco ormai disarmato a calci in faccia, ne ricorda la disperazione e il pianto. Immersi in un contesto di violenza, si tende a diventare bestie, un po' per paura e un po' per disperazione; quando la guerra finisce e si torna alla normalità, quei ricordi tornano a lanciare delle accuse da cui non ci si discolpa facilmente. Davide ricorda quell'episodio e questo lo distrugge; qui vediamo il dramma di chi, costretto alla guerra, è spinto a disumanizzarsi, per poi pentirsene una volta tornato ai tempi di pace. 
La depressione causata dai sensi di colpa e dalle delusioni politiche portano Davide a cadere nel tunnel della droga.

Oltre che per le tematiche delicate e importanti, La Storia è secondo me un grande romanzo proprio per il modo in cui è scritto.
Leggere queste pagine di Elsa Morante è come sedersi di fronte all'autrice e sentirle raccontare con calma tutta la storia. Le opinioni politiche, quando ci sono, vengono espresse senza eccessi di retorica e i momenti drammatici, che nel romanzo non mancano, sono descritti senza eccessi di sentimentalismo. Nonostante ciò, ci sono delle pagine che ritengo magistrali; secondo me, la descrizione della morte di Giovannino in Russia, della sua stanchezza e delle sue allucinazioni, rappresenta forse il miglior pezzo di letteratura nella storia.
Alla luce di quanto ho detto sopra, credo che La Storia sia un romanzo che tutti nella vita debbano leggere almeno una volta.

Francesco Abate

8 commenti:

  1. La Storia è un romanzo che ho letto anni fa, ai tempi del liceo, e non ricordo bene tutta la trama.
    Ricordo però lo stile della Morante, il modo in cui le vicende dei personaggi mi hanno colpito profondamente e anche il pensiero che ciò che è narrato è stato.
    Magari non con Useppe, non con Davide, ma è stato.
    È come guardare Roma città aperta, ti scava dentro.
    Ti abbraccio.

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    1. A mio parere questo romanzo, come i film a esso paragonabili, ha il merito di farti male. Non strappa le facili lacrime, ma ti lascia dentro l'angosciosa consapevolezza che milioni di Ida, di Useppe e di Ninnuzzu hanno patito queste ingiustizie.
      E poi, lo dico a costo di essere ripetitivo, quant'è straordinaria la descrizione della morte di Giovannino in Russia. Chiunque ami la letteratura o, come me, si diletta a scrivere, dovrebbe leggerla una volta al giorno.

      Baci.

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  2. Qui non saprei cosa scriverti perché il romanzo non l'ho letto.
    Posso solo dire che apprezzo la tua recensione e la trovo molto profonda.
    Alla prossima,
    Penny

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    1. Grazie per l'apprezzamento.
      Ti consiglio vivamente di leggerlo questo romanzo, ti darà tantissimo.

      Ciao.

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  3. Lo sto leggendo in questi giorni in vacanza e devo dire che hai ragione tu su tutte quelle polemiche che il libro ha suscitato: è un buon libro, punto, pieno di dolore e, quindi, pieno di vita vera.

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    1. Io ancora mi chiedo come si può criticare la presenza del dolore in un libro che tratta una delle pagine più tristi della nostra storia. I critici spesso parlano tanto per parlare.

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  4. Ho appena terminato il romanzo. Conoscevo la trama ma non avevo letto l'immensa capacità di rendere poetico e struggente, ad esempio, un dialogo sognante fra un bambino e un cane (Useppe e Bella). Questi personaggi innocenti, che attraversano l'inaudita violenza della Storia, li sto vivendo come 'reali'. Resta il desiderio di salvarli e il profondo dolore nel sapere che (come la stessa Morante conclude) la Storia continua...
    Ed è vero. Le pagine sulla morte di Giovannino in Russia sono fra le più eccezionali della letteratura mondiale.

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    1. La Storia continua e purtroppo in tante parti del mondo c'è pieno di Useppe e di Giovannino.
      Concordo su tutto quello che hai scritto.

      Grazie per il commento.

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