domenica 10 dicembre 2017

COMMENTO DELLE RACCOLTE DI NOVELLE DI GIOVANNI VERGA

Giovanni Verga, oltre che per i romanzi, è famoso per le sue novelle. Nei brevi componimenti che pubblicò in diverse raccolte, Verga sperimentò elementi che poi ripropose nei suoi romanzi più celebri, in alcuni però sperimentò anche tipi di narrazione che difficilmente gli attribuiremmo. Vedremo, nell'analisi delle varie raccolte di novelle che di seguito farò, che è esistito addirittura un Verga "gotico" che pochi conoscono.
Le novelle di Verga possono essere quasi tutte raggruppate nelle otto raccolte che pubblicò tra il 1876 ed il 1894. Di quelle escluse, la più importante è Nedda, il cui commento trovate al seguente link: http://culturaincircolo.blogspot.it/2017/11/nedda-di-giovanni-verga.html.

La prima raccolta di novelle dello scrittore siciliano è Primavera e altri racconti. Pubblicata nel 1876, contiene novelle pubblicate su varie riviste nei due anni precedenti. Essendo una raccolta di novelle pubblicate singolarmente, non presenta omogeneità né nei temi trattati né nello stile narrativo. Proprio in questa raccolta troviamo il primo esempio del Verga "gotico" di cui parlavo prima. Le storie del castello di Trezza racconta di un castello abitato da un fantasma che di notte ne terrorizza gli abitanti. 

La seconda raccolta è una delle più famose, Vita dei campi. Pubblicata nel 1880, presenta nelle sue novelle alcune caratteristiche che si ritroveranno poi nel romanzo I Malavoglia, che sarà pubblicato l'anno dopo. In questa raccolta ci sono alcune delle novelle più famose di Verga: Rosso Malpelo, La lupa e Cavalleria rusticana.
In Rosso Malpelo troviamo la tragedia dei vinti così come ne I Malavoglia. Questa novella parla infatti di un minatore ragazzino che vive una condizione di miseria da cui non può uscire, può solo peggiorare, e in cui muore. La novella tratta anche il tema delle condizioni di vita terribili dei minatori siciliani del XIX secolo, questione che proprio in quegli anni stava emergendo prepotentemente a causa di alcune inchieste giornalistiche. Nella storia del povero Rosso Malpelo è anche presente il dramma dell'emarginazione, infatti il ragazzo è malvisto perfino in famiglia per via del colore dei suoi capelli, non trovando perciò affetto e conforto nemmeno tra le mura domestiche. Trattato come una bestia, il protagonista finisce per diventare duro di cuore, ed anche nei modi di manifestare affetto risulta brusco e violento.
Cavalleria rusticana ci mostra invece la tragedia dei delitti d'onore, quelli cioè compiuti per rivalersi nei confronti di chi insidiava la propria donna. La lupa invece rappresenta la lussuria che distrugge quel che di più sacro c'è al mondo, cioè il nucleo familiare.
Tra le novelle meno famose della raccolta, mi piace segnalare Guerra di santi, in cui Verga ci mostra lo scontro tra diverse fazioni di fedeli. Nelle vicende narrate in questa novella vediamo come si arrivano a mischiare fede, fanatismo e superstizione.

La terza raccolta, anch'essa molto famosa, è Novelle rusticane. Pubblicata nel 1883, essa anticipa il tema dell'accumulo di beni come mezzo per raggiungere la felicità, che lo scrittore ripropose nel romanzo Mastro-don Gesualdo sei anni dopo. 
Accumulare beni è l'unico modo per sopravvivere agli imprevisti della vita, questo spinge ad accumularne sempre di più. In La roba però vediamo il ricco Mazzarò, in punto di morte, che scopre come la ricchezza non gli renda meno amara la sentenza e, impazzito, cerca di portare le cose accumulate con tanta fatica con sé all'altro mondo.
Degna di nota anche La malaria, che racconta di un paese devastato dalla malattia e dai drammi che vive chi lo abita. Si tira a campare e si perde tutto, affetti e beni, mentre il resto del mondo va avanti indifferente, rappresentato dal treno che passa pieno di gente.

Del 1883 è Per le vie, raccolta di novelle ambientate nella ricca e lussuosa Milano. Verga ci mostra però l'altra faccia del capoluogo lombardo, ci racconta di chi vive ai margini, di chi a fatica sopravvive e quel benessere ostentato lo vede solo come spettatore, accontentandosi al massimo delle briciole.

Drammi intimi fu pubblicata nel 1884 e narra i mali dell'animo umano. 
In I drammi ignoti vediamo prima una giovane quasi morire d'amore, poi il dramma di sua madre che rinuncia per lei al suo segreto amante. La Barberina di Marcantonio ci mostra una vita spezzata dalle sciagure e dall'alluvione. Tentazione! descrive come, attraverso uno stupro di gruppo che degenera in omicidio, dei ragazzi spezzino una vita innocente e rovinino per sempre la propria. La chiave d'oro ci fa vedere la corruzione di un giudice e Ultima visita il dramma che vive chi perde una persona amata.

Del 1887 è Vagabondaggio. Questa raccolta di novelle non parla solo di vagabondi, ci descrive in realtà una vita che è essa stessa un interminabile vagabondaggio. L'esistenza è un cammino dalla durata e dalle vicissitudini imprevedibili.
In Lacrymae rerum Verga ci mostra diverse storie che si svolgono in una casa. In questo ambiente si susseguono famiglie diverse con storie diverse. I protagonisti arrivano, stanno un po' e poi vanno via, rendendo appieno il senso del vagabondaggio.
In questa raccolta troviamo anche il secondo esempio di Verga "gotico", nella novella La festa dei morti infatti assistiamo al risveglio di un gruppo di cadaveri che si riunisce in una grotta sotterranea. Il loro vagabondare non è finito nemmeno con la morte.

I ricordi del capitano d'Arce è una raccolta di novelle pubblicata nel 1891. Verga, attraverso i ricordi di un capitano di marina, narra le vicende della moglie di un comandante. Donna adultera e civettuola, vive l'amore con la massima libertà. La vediamo prima nel suo momento migliore, quando è circondata da corteggiatori e ha diversi amanti, infine in quello peggiore, quando è malata e molti amici nemmeno vanno più a trovarla.

Don Candeloro e i C.i. fu pubblicata nel 1894 e mostra il mondo teatrale dell'epoca. Si comincia con le vicende di don Candeloro, un bravissimo burattinaio la cui arte va in malora a causa dell'avvento di un nuovo modo di fare teatro, meno artistico e più spregiudicato. Le vicende successive mostrano altri spaccati del mondo teatrale, fatto di falsità, privo di sentimenti genuini, dove l'arte e l'amore per essa passano in secondo piano.

Come detto all'inizio, vi sono anche delle novelle di Verga non contenute in nessuna delle raccolte sopra citate. Si tratta però di componimenti meno importanti.
Io ho letto uno dei tanti libri che le raccolgono tutte, entusiasmato dalla lettura di Mastro-don Gesualdo, che ho adorato. Oltre all'entusiasmo, leggendo le novelle ho voluto perdonarmi un atteggiamento troppo ostile tenuto negli anni nei confronti di Verga. Lessi da ragazzo I Malavoglia e lo odiai, interrompendolo a metà, ma oggi sono convinto che quel libro semplicemente mi capitò tra le mani nel momento sbagliato. Le novelle sono comunque una lettura che racchiude tutto ciò che è Verga, per questo sono bellissime e vale la pena leggerle. L'unico consiglio che mi sento di dare, però, è di non leggerle tutte insieme. Esse furono infatti scritte in momenti diversi, sono tante storie diverse, ma figlie dello stesso autore, dello stesso modo di pensare e di scrivere. Sebbene Verga sia un grandissimo scrittore, è facile intuire che a lungo andare le novelle possano risultare un po' ripetitive. Leggendole però a distanza di un po' di tempo, sono sicuro che questo spiacevole effetto venga annullato. 

Francesco Abate

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