O patria mia, vedo le mura e gli archi
e le colonne e i simulacri e l'erme
torri degli avi nostri,
ma la gloria non vedo
All'Italia è il primo componimento contenuto nei Canti di Giacomo Leopardi.
Composto a Recanati nel settembre del 1818, introduce un'importante novità rispetto alla canzone petrarchesca: ne abbandona la perfetta simmetria, infatti le sue sette strofe di venti versi presentano una differenza tra pari e dispari sia nella disposizione di endecasillabi e settenari, sia nell'ordine delle rime.
Si tratta di un canto patriottico che può essere diviso in due parti: le prime tre strofe descrivono la miseria in cui è precipitata l'Italia, le successive quattro raccontano la gloria dei greci che sconfissero i persiani.
Leopardi gioca sul confronto tra la mancanza di amore per la patria degli italiani e l'eroismo dei greci antichi, che diedero la vita pur di non essere conquistati dai persiani di Serse.
Tra la prima e la seconda parte c'è anche un cambio di narratore; nelle prime tre strofe è infatti Leopardi che si rivolge all'Italia e ne canta la miseria, mentre nelle ultime tre a cantare è il poeta greco Simonide, introdotto nella quarta strofa ("e sul colle d'Antela, ove morendo / si sottrasse da morte il santo stuolo, / Simonide salia, / guardando l'etra e la marina e il suolo"). La scelta di Simonide come narratore non è casuale, infatti egli è famoso soprattutto per il suo inno dedicato ai morti delle Termopili (dove un gruppo di spartani tenne testa al ben più imponente esercito di Serse, dando tempo al resto della Grecia di preparare la controffensiva).
Molto significativa è l'immagine con cui Leopardi identifica l'Italia: una donna in lacrime, nuda e in catene, che non regge minimamente il confronto col glorioso passato in cui dominava il mondo ("Sì che sparte le chiome e senza velo / siede in terra negletta e sconsolata, / nascondendo la faccia / tra le ginocchia, e piange. / Piangi, che ben hai donde, Italia mia, / le genti a vincer nata / e nella fausta sorte e nella ria").
Per la critica questa immagine non è da riferirsi solo all'Italia, ma possiamo in essa vedere lo stesso poeta, il quale soffre nonostante l'imponente statura morale. Questa doppia lettura ci permette di trovare anche in questo canto patriottico la dimensione esistenziale della poetica leopardiana.
Nella terza strofa c'è un passo molto interessante riferito agli italiani andati in Russia a combattere per l'esercito napoleonico: "Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi / e di carri e di suoni e di timballi: / in estranie contrade / pugnano i tuoi figliuoli".
Per Leopardi di certo doveva essere doloroso pensare a italiani che morivano per i francesi, visto che per un periodo fu un acceso nazionalista anti-francese come suo padre Monaldo.
Francesco Abate
Leopardi lo trovo perfetto per questo periodo in cui il nostro paese è sprofondato in una miseria di pensiero, sentimenti ed eroismo che fa tremare.
RispondiEliminaTi abbraccio.
Sì, infatti è anche per questo che ho scelto di dedicarmi a lui dopo la Divina Commedia.
EliminaLeopardi è l'intellettuale perfetto che riesce a esprimere un pensiero complesso e interessante attraverso la bellezza. L'antidoto perfetto al nostro brutto e vuoto mondo contemporaneo.
Baci.
Chissà cosa penserebbe Leopardi dell'Italia di oggi...
RispondiEliminaBaci!
Credo che ce l'avrebbe a morte con gli italiani e chiederebbe come abbiamo potuto ridurla così.
EliminaBaci.