I Canti di Giacomo Leopardi è un'opera che racchiude la parte più importante della sua produzione poetica. Contiene poesie scritte nell'arco della vita del poeta e per questo presenta più stili e tratta temi differenti, riuscendo a mostrare l'evoluzione stilistica e filosofica di Leopardi nel corso della vita.
I Canti vide la luce per la prima volta a Firenze nel 1831, fu poi ristampato a Napoli nel 1835. Nel 1845 Antonio Ranieri, amico di Leopardi, pubblicò l'edizione definitiva e postuma.
L'opera nell'edizione definitiva è formata da quarantuno poesie. Essendo queste composte in momenti diversi, non presentano unità stilistica o contenutistica e per questo non possono essere racchiuse in un unico gruppo. Convenzionalmente sono divise in cinque gruppi diversi:
1) canzoni = composte tra il 1818 e il 1823, sono accomunate dalla forma metrica che è appunto quella della canzone;
2) gli idilli = composti tra il 1819 e il 1821, sono composti in endecasillabi sciolti e, a differenza dei loro modelli greco-ellenistici, spostano l'attenzione sull'interiorità dell'uomo invece che sulla natura;
3) canti pisano-recanatesi = composti tra il 1828 e il 1830, sono poesie liriche e filosofiche allo stesso tempo, scritte come canzoni libere (private cioè dei vincoli sul numero di versi e le rime) che sottolineano il contrasto tra i desideri dell'uomo e la realtà;
4) ciclo di Aspasia = composti tra il 1830 e il 1831, sono poesie il cui tema centrale è l'amore, e sono ispirate dall'amore non corrisposto di Leopardi per la nobildonna Fanny Targioni Tozzetti (il ciclo prende il nome da Aspasia di Mileto, donna amata da Pericle);
5) canzoni sepolcrali = composte negli ultimi anni di vita, contengono riflessioni sulla fragilità della vita umana e sulla morte, ma anche sul mistero della bellezza.
I Canti di Leopardi meritano di essere letti non solo per la loro bellezza, ma per la loro carica rivoluzionaria.
Il poeta recanatese compone delle liriche filosofiche; le sue poesie non sono soltanto manifestazioni belle di pensieri elaborati in altre sedi, ma sono esse stesse riflessioni filosofiche che a volte anticipano idee a cui il pensiero leopardiano non era ancora giunto.
Francesco Abate
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