Due vivi e un morto è uno dei romanzi più popolari dello scrittore norvegese Sigurd Christiansen, autore definito il Dostoevskij norvegese.
Pubblicato nel 1931, il romanzo impone un'attenta riflessione sul valore della vita e sul concetto che la società ha dell'eroismo.
Il romanzo si apre con una rapina a mano armata in un ufficio postale poco prima dell'orario di chiusura. Nell'ufficio sono presenti solo tre lavoratori. Kvisthus si imbatte per primo nei rapinatori e reagisce, finendo ucciso; anche Lydersen viene preso di sorpresa e viene colpito, ma per sua fortuna resta solo tramortito. L'ultimo a essere raggiunto è Berger che, a differenza dei colleghi, ha avuto il tempo di capire cosa stia accadendo e ha visto la sorte toccata al suo caro amico Kvisthus, quindi si arrende ai rapinatori e consegna la cassa senza reagire.
All'indomani del tragico evento, Berger si ritrova marchiato d'infamia mentre i suoi due colleghi sono visti come degli eroi. Lydersen, con cui non ha mai avuto un buon rapporto, ottiene anche dei vantaggi lavorativi nonostante sia in servizio da meno tempo di lui. Solo la moglie di Kvisthus, sentendo vivo il dolore per la morte del marito, ritiene quella di Berger la reazione più giusta e si chiede perché suo marito non abbia fatto lo stesso.
Il povero Berger si ritrova a dover affrontare anche i malumori della moglie. Lei è felice che lui sia sopravvissuto, ma soffre per la cattiva fama che ha acquistato presso la gente e finisce per soffocare il marito col proprio malessere.
Alla fine il protagonista inventa uno stratagemma per dimostrare che anche Lydersen, che si gode i vantaggi della nomea da eroe, se avesse avuto piena coscienza di ciò che stava accadendo avrebbe agito come lui.
Per conoscere nei dettagli il piano di Berger e l'esito finale, dovete leggere il libro.
Due vivi e un morto è un romanzo che tratta principalmente l'ipocrisia che avvolge il concetto di eroismo nella nostra società.
Berger viene etichettato come codardo perché ha ceduto la cassa senza combattere, nonostante i fatti dimostrino come un qualsiasi tentativo sarebbe stato inutile e avrebbe potuto solo causare un'altra tragedia. Tra la vanagloria e la vita, il protagonista ha fatto la scelta più ovvia e ha pensato a non restare ucciso. La società però non lo perdona, stigmatizza il suo comportamento e lo punisce, rovinandogli la vita e la carriera.
Lydersen e Kvisthus vengono visti come eroi, eppure hanno combattuto solo perché non avevano ben compreso la reale portata del pericolo. Sono stati colti di sorpresa e hanno agito d'impulso; Berger invece ha avuto il tempo di valutare la situazione e ragionarci su, finendo per scegliere la salvezza. Più volte il protagonista sottolinea come i due cosiddetti eroi siano stati semplicemente incoscienti, forse un po' stupidi. Alla fine, quando anche Lydersen è costretto ad ammettere che nella situazione di Berger avrebbe agito come lui, che quindi agì diversamente solo perché non aveva capito la situazione, arriviamo a comprendere che l'eroismo inteso come sacrificio della vita è semplicemente una scelta stupida o comunque impulsiva, non ragionata: spesso ci ritroviamo a chiamare eroe un uomo avventato, mentre bolliamo come codardo uno che ha saputo ragionare e ha scelto la vita.
Il romanzo mostra poi anche il modo falso in cui la società celebra i suoi eroi: Kvisthus, morto per difendere la cassa, viene celebrato con funerali solenni e ricordato con rispetto, però nessuno si occupa della sua famiglia che si ritrova in condizioni di miseria. Si celebra l'eroe, si celebra l'atto di eroismo, ma non ci si preoccupa di chi ha subito le conseguenze di quell'atto. Il dolore della vedovanza e le tribolate condizioni economiche fanno sì che Eshter, la moglie di Kvisthus, capisca quanto sia stata più saggia la reazione di Berger. Solo quelli che dall'eroismo non vengono colpiti, che ne subiscono unicamente il fascino della retorica, lo percepiscono come virtù più preziosa della vita.
I personaggi principali dell'opera sono i tre dipendenti dell'ufficio postale, le mogli di Berger e Kvisthus, e Rognaas.
Berger è il protagonista assoluto, di cui Christiansen mostra nel dettaglio i travagli psicologici e le riflessioni. Si tratta di un uomo senza particolari qualità o difetti, un uomo comune, e davanti al pericolo ha la freddezza di scegliere la vita invece di un inutile sacrificio. Soffre molto per l'etichetta di codardo che gli affibbia la società, specialmente quando sente che anche sua moglie lo ritiene tale, e più volte medita di compiere qualche atto sconsiderato. Nonostante le pressioni che subisce, non cambia mai idea e resta sempre fermamente convinto di aver agito nel migliore dei modi durante la rapina.
Lydersen è l'antieroe della vicenda. Rimane ferito nella rapina, e da quel momento inizia la sua fortuna. Ostenta ciò che gli è accaduto perché felice di essere ammirato, ma allo stesso tempo è costantemente spaventato dall'idea che qualcuno non riconosca il suo eroismo. La vicenda gli porta notevoli vantaggi sul piano della carriera e sopravanza proprio Berger, con cui non ha mai avuto un buon rapporto. Alla fine si trova però costretto ad ammettere che reagì alla rapina solo perché preso di sorpresa; avendo modo di riflettere in una situazione di pericolo analoga sceglie anche lui la sopravvivenza.
Kvisthus lo vediamo in azione solo durante la rapina in cui rimane ucciso. La sua importanza sta in ciò che rappresenta. Lui è il perfetto eroe, l'uomo che ha dato la vita per salvare qualcosa, e come tale viene celebrato e ammirato. Gli unici a non ammirare la sua scelta sono quelli che gli vogliono bene, Berger e la moglie, perché sentono le conseguenze e il dolore causati dalla sua morte.
La moglie di Berger e quella di Eshter sono in perfetta antitesi. La prima è felice che suo marito non sia morto, ma soffre per l'etichetta di codardo che si è guadagnato e spesso arriva a chiedersi perché lui non abbia agito come gli altri due; la seconda invece soffre per la perdita del marito e ritiene senza dubbio che Berger abbia agito nel modo più giusto.
Rognaas lo conosciamo prima come coinquilino di Lydersen, poi come amico caro di Berger. Lui è il primo a contestare l'eroismo di cui viene vestito Lydersen e ritiene che Berger sia stato semplicemente più avveduto, non codardo. Si trova in sintonia con Berger non appena lo conosce perché come lui è tormentato; mentre il protagonista è torturato dal disagio per i torti subiti, Rognaas è divorato dai sensi di colpa.
Due vivi e un morto è un romanzo che ho scoperto per caso, scritto da un autore di cui non conoscevo l'esistenza.
Mi sono approcciato a questa lettura incuriosito dall'etichetta di Dostoevskij norvegese attribuita a Christiansen e posso dire di aver fatto un'ottima scelta.
Come Dostoevskij, Christiansen scruta nelle profondità dell'animo umano e ne rileva con attenzione i moti. A differenza dell'autore russo la sua scrittura è però più diretta e leggera, risultando così una lettura meno impegnativa e meno lenta.
Molto interessante è poi la riflessione che scaturisce da questa lettura. Oggi si abusa del termine eroe, i media ci assediano con immagini di eroi, l'eroismo è un valore assoluto che la cultura e le arti celebrano come superiore alla vita stessa. Pensiamo all'aura che circonda coloro che si sacrificano per la patria, o per altre cose che la nostra cultura indica come valori positivi. Ebbene Christiansen solleva una questione sacrosanta: la vita è più importante di qualsiasi eroismo, perché è unica e niente può superarla in valore. Dice Berger: "Credo che non esista un solo essere il quale abbia donato la sua vita - sia pure per salvare quella d'un altro - che non tornerebbe volentieri indietro, una volta saputo il risultato". Il sacrificio della vita non è mai una scelta realmente consapevole, forse non è mai la scelta giusta.
Bellissimo anche il modo in cui l'autore segnala la falsità che circonda le celebrazioni degli eroi: i sopravvissuti hanno la fortuna di vedersi riconosciuti dei vantaggi, incuranti che questi si traducono in svantaggi per altri che non hanno colpe, quelli che ci lasciano la pelle invece incassano l'applauso e finisce lì.
Per la piacevolezza della lettura e per l'importanza dei temi trattati, vi consiglio caldamente questo romanzo.
Francesco Abate
Non conosco l'autore ma dopo aver letto la tua recensione comprerò questo libro.
RispondiEliminaGrazie e a presto!
Sono contento di averti incuriosita.
EliminaCompralo, ne vale la pena.
Grazie a te per la lettura.
Baci.
Ho scoperto questo autore grazie alla mia compagna che è fissatissima con gli scrittori scandinavi.
RispondiEliminaIl libro l'ho apprezzato molto ma non va letto alla leggera o si perdono i punti salienti.
Baci!
Sì, è una lettura profonda che analizza temi per niente leggeri. Christiansen poi mostra benissimo il travaglio interiore del protagonista.
EliminaChe bello avere amici che ti fanno scoprire letterature diverse! E' come guardare il mondo con più di due occhi.
Baci.
Caro Francesco, grazie per questa chicca, non conoscendo l'autore per me è stata una vera scoperta.
RispondiEliminaBuon fine settimana!
Grazie a te per la lettura. Ti consiglio vivamente di leggere questo romanzo: ha una bella trama, è profondo, e si legge facilmente.
EliminaTi auguro una buona serata.