martedì 30 gennaio 2018

RECENSIONE DE "IL GIRO DI VITE" DI HENRY JAMES

Il giro di vite di Henry James non è una semplice storia di fantasmi. Nonostante la trama si presenti per niente originale, si tratta infatti della storia di un'istitutrice che si ritrova in una casa infestata da due spettri, il modo in cui è scritta e lo svolgimento della narrazione rendono il romanzo una lettura estremamente particolare.

Come già detto, la storia è molto semplice. Una giovane donna viene assunta come istitutrice da un ricco uomo d'affari, che le affida la cura dei due giovanissimi nipoti, Flora e Miles. I piccoli vivono in una villa dell'Essex, a nord di Londra. Ben presto l'istitutrice scopre che vi sono due presenze demoniache che incombono sui due bambini e inizia la sua lotta per salvarli. 
Lo so che della trama ho detto molto poco, ma svelando di più finirei per smontare tutto il pathos creato dall'autore, il resto dovrete scoprirlo da voi.

A rendere Il giro di vite una lettura interessante e, a suo modo, affascinante, è il modo in cui l'autore narra i fatti. Il romanzo ha infatti una struttura disomogenea e presenta molte ambiguità, così come anche lo stile di scrittura si rivela molto particolare.
L'opera inizia con un capitolo 0, un prologo in cui vediamo un dei giovani che trascorrono insieme la vigilia di Natale e per passare il tempo si raccontano storie dell'orrore attorno al focolare. Uno di questi promette di leggerne loro una terribile e si fa arrivare il diario dell'istitutrice protagonista della vicenda principale. Dal capitolo 1 inizia il racconto della terribile storia vissuta dall'istitutrice, raccontata dalle sue stesse parole contenute nel diario. Fin qui niente di particolare, si tratta di un'espediente narrativo molto comune nella letteratura. La particolarità sta nel fatto che dei ragazzi del capitolo 0 non viene detto più nulla. Essendoci il prologo, in cui i ragazzi iniziano ad ascoltare la storia letta dal loro amico, dovrebbe esserci alla fine un epilogo, in cui vengano descritte le reazioni al racconto stesso. Questo non accade, dopo il capitolo 0 non c'è più traccia dei giovani che ascoltano e di quello che legge, niente si sa più di loro. 
Se la storia "secondaria" rimane sospesa, non spetta diversa sorte a quella principale. Il racconto finisce lasciando il lettore con più domande che risposte, non è nemmeno chiaro se alla fine i fantasmi ci sono davvero o sono solo il frutto dell'immaginazione dell'istitutrice. Confesso di essere rimasto così sorpreso da aver indagato un po', pensando di essere stato io a non capire, ed ho scoperto che tra i tanti lettori e commentatori di James c'è stato un dibattito lunghissimo proprio riguardo la natura delle apparizioni descritte. Per alcuni sono frutto dell'immaginazione dell'istitutrice, che quindi coinvolge nelle sue paranoie due inconsapevoli bambini; per altri sono reali. Nel corso degli anni non sono mancati poi i commentatori che hanno visto dei richiami alle teorie psicanalitiche di Freud nelle apparizioni, vedendole quindi come frutto della psiche disturbata dell'istitutrice. Perfino il comportamento della protagonista nei confronti dei bambini è stato interpretato da molti come frutto di una libido repressa. Tante sono le teorie affascinanti, quel che resta è l'assoluta indeterminatezza del finale.
Non solo la trama del romanzo presenta ambiguità, anche lo stile narrativo si presta a delle riflessioni. Il capitolo 0 è scritto in un linguaggio sciolto e scorrevole, scelta logica da parte di James visto che il narratore è un ragazzo in vacanza. Il diario dell'istitutrice invece, quello che ci racconta la vicenda spaventosa, è scritto in uno stile molto ricercato. Stando alla storia, la protagonista scrive molti anni dopo di fatti spaventosi e tragici, riesce quindi difficile trovare coerente una scrittura ben curata nei termini utilizzati e nello stile. Leggendo le parole e trascurandone il senso, più che leggere le memorie dolorose di una mente ancora sconvolta sembra di trovarsi al cospetto del diario di una calma donna anziana desiderosa di conservare memorie normali, quasi banali. La stessa descrizione fatta dei fantasmi è costruita in modo tale da non comunicare il terrore che, di fronte ad un evento sovrannaturale, ci si aspetterebbe nella protagonista. I fantasmi non hanno un aspetto orribile e non basta nemmeno il ricordo di chi ne ha avuto paura a trasfigurarli, o almeno non sono descritti come in genere si descrive qualcosa di spaventoso. Anche il modo in cui l'istitutrice ricorda nel suo diario gli spettri, evidenziandone particolari estetici banali e per niente mostruosi, avvalora la tesi che li vuole frutto della sua immaginazione.

Il giro di vite è una lettura diversa da tutte le altre, unica nel suo genere. Normalmente si legge un romanzo gotico per intrattenersi con una storia avvincente, che incolli alle pagine e riesca a tenere l'animo in sospeso tra paura e curiosità. Ne Il giro di vite di paura ce n'è ben poca, sia la trama che lo stile, tanto ricercato da risultare a volte pesante, non creano nel lettore alcuno stato di tensione. E' un romanzo che ha però il merito di incuriosire. Dapprima si fa leggere con voglia, pur destando nella mente del lettore qualche perplessità, poi lascia in preda a tante domande. Si tratta di una lettura agrodolce, che comunque consiglio per trascorrere qualche ora quando si ha voglia di leggere qualcosa di più leggero.

Francesco Abate 

Nessun commento:

Posta un commento

La discussione è crescita. Se ti va, puoi lasciare un commento al post. Grazie.