martedì 2 ottobre 2018

RECENSIONE DEL "DE PROFUNDIS" DI OSCAR WILDE

Il De Profundis di Oscar Wilde è una lunga lettera che lo scrittore scrisse al suo amante, Lord Alfred Douglas, durante gli ultimi mesi di detenzione nel carcere di Reading a causa del reato di sodomia. 
La stesura della lettera da parte dello scrittore avvenne tra il gennaio e il marzo del 1897, la pubblicazione dell'originale (precedentemente furono pubblicate solo delle copie piene di errori) avvenne solo nel 1959. Lord Douglas dichiarò di non aver mai ricevuto la lettera, ma a noi non è dato sapere se ciò sia vero o se fu solo un modo per snobbarne il contenuto.
Il titolo De Profundis (latino: "dal profondo") richiama il Salmo 129, il quale è un salmo penitenziale usato in suffragio dei defunti.

Per buona parte della lettera, lo scrittore rievoca la vicenda che l'ha portato alla rovina. Non lo fa per denigrare l'amante o per spingerlo a scusarsi, egli infatti ritiene che la superficialità sia "il vizio supremo", è quindi importante che il destinatario capisca ciò che ha fatto, non che se ne penta. Wilde sottolinea la grande differenza che ci fu tra il suo amore, profondo e incondizionato, e l'odio che spinse Lord Douglas a rovinargli la vita. L'odio è, dal punto di vista delle emozioni, "una forma di Atrofia" che uccide tutto tranne sé stesso. Mentre Lord Douglas agisce accecato dall'odio nei confronti del padre, non accorgendosi del baratro in cui getta l'amato, lo scrittore gli è vicino con amore e lo segue, pur sapendo che ne pagherà durissime conseguenze. Mentre scrive nel carcere, l'autore è convinto che il suo amato non si sia reso conto di essere stato lui a rovinarlo, perciò insiste affinché lo comprenda, perché "Tutto ciò che è compreso fino in fondo, è giusto". Non c'è quindi in Wilde il desiderio di ricevere scuse o di vedere l'amato implorare il suo perdono.

Oltre a ripercorrere la storia della sua caduta nel fango, Wilde si lascia andare alla descrizione della maturazione della sua anima durante il periodo di detenzione. Questa è una parte del libro molto carica di poesia e di contenuti profondi.
Pagine molto belle lo scrittore le dedica alla figura di Gesù Cristo. Lui non esalta la figura del Figlio di Dio, in lui non c'è infatti traccia di conversione religiosa, ma in Gesù vede il primo e il supremo artista da cui deriva tutta la buona arte. Egli è la perfetta fusione tra Bellezza e Dolore. Wilde lo definisce il principe degli innamorati, il quale vide che l'amore è il segreto che il mondo ha perduto e capì che solo grazie ad esso possiamo accostarci al trono di Dio. Lo scrittore contesta anche la visione di Gesù come filantropo, per lui fu invece un individualista: quando diceva di amare il proprio nemico, non lo faceva per il bene del nemico, ma per quello dell'anima a cui si rivolgeva, perché aveva capito che l'amore è meglio dell'odio; quando diceva al ricco di donare i suoi beni, non lo faceva per i poveri, bensì per l'anima del ricco, perché la ricchezza rovina l'anima più della povertà. Fu il primo individualista perché vedeva il Regno di Dio nell'anima di ciascun uomo.
Molto importanti sono anche le pagine che dedica alla scoperta del dolore. Nella sua esperienza carceraria, Wilde sente di aver compreso l'importanza di vivere il dolore. Lui ha già vissuto i piaceri, ma vivendo il dolore, comprendendo la bellezza di quest'altro lato della vita, sente che avrà una visione più completa della stessa. In lui non c'è una conversione religiosa, scopre l'importanza del dolore ma non rinnega affatto i piaceri della sua vita passata, che ritiene egualmente importanti. Non c'è in lui pentimento e non c'è neanche la volontà di diventare un uomo migliore, semplicemente sente di essere diventato un uomo più profondo. Questa sua nuova profondità non si manifesterà solo sulle azioni, ma anche nella sua arte.

Quando parliamo di Oscar Wilde, ci viene sempre in mente l'uomo che usò la sua arte e la sua vita per sovvertire ogni regola morale. I tanti aforismi che leggiamo di continuo in rete ci offrono l'immagine di un uomo cinico, che dedicò l'intera esistenza solo alla ricerca del piacere senza freni, un po' come il suo personaggio più celebre, Dorian Gray. In realtà proprio la fine di Dorian dovrebbe farci intuire che lo scrittore avesse un'anima ben più profonda, ma la lettura continua dei suoi aforismi, spesso sottratti al contesto in cui furono formulati, alimentano il mito del Wilde immorale e cinico.
Per ovviare all'equivoco di cui parlo sopra è fondamentale leggere il De Profundis. In questa lunga lettera c'è l'anima di Oscar Wilde. In essa possiamo vedere un uomo che per amore è andato incontro a una rovina prevedibile, una persona completamente in balìa dell'amore che viene maltrattata da un amante superficiale e a tratti violento. Wilde ama senza superficialità, per l'amante accetta di finire rovinato economicamente e di perdere il buon nome. Anche in carcere, l'autore sceglie di non cancellare l'amore dal suo cuore e di non cedere al rancore, sente infatti che così facendo distruggerebbe ciò che di bello rimane in lui. Lo scrittore poi nella sua esperienza carceraria opera una profonda riflessione che lo porta a una visione diversa della sua esistenza, in questo libro noi possiamo seguire la lenta maturazione di un Wilde, come egli stesso si definisce, più profondo.
Chi ama Oscar Wilde, o chi davvero vuole conoscerlo, non può sottrarsi a questa piacevolissima lettura.

Francesco Abate

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