lunedì 10 febbraio 2020

COMMENTO AL CANTO XXVIII DELLA "DIVINA COMMEDIA - PARADISO"

Poscia che 'ncontro a la vita presente
de' miseri mortali aperse 'l vero
quella che 'mparadisa la mia mente,
come in lo specchio fiamma di doppiero
vede colui che se n'alluma retro,
prima che l'abbia in vista o in pensero,
e sé rivolge, per veder se 'l vetro
li dice il vero, e vede ch'el s'accorda
con esso come nota con suo metro;
così la mia memoria si ricorda
ch'io feci, riguardando ne' belli occhi
onde a pigliarmi fece Amor la corda.
Il canto XXVIII inizia con Dante che vede una luce negli occhi di Beatrice, colei che ha elevato la sua mente alla beatitudine celeste (quell che 'mparadisa la mia mente) parlando contro la corruzione dei mortali e mostrandogli così la verità (che 'ncontro a la vita presente de' miseri mortali aperse 'l vero). Vede questa luce riflettersi negli occhi della donna, quegli occhi con cui Amore lo ha legato, e fa come l'uomo che vede riflettersi nello specchio la luce di una torcia (doppiero, dal latino duplerius) e si volta per vedere se lo specchio gli rivela la vera sorgente luminosa. Negli occhi di Beatrice si era specchiato già il Grifone, che rappresentava Gesù Cristo, adesso fa lo stesso l'abbagliante luce di Dio, perché la teologia è l'unico mezzo per conoscere la natura della Trinità.
Non appena Dante si volta, i suoi occhi vengono colpiti da ciò che si vede nel Primo Mobile (quel volume; i cieli erano chiamati volumi del mondo) quando in esso si guarda con attenzione; vede un punto raggiare una luce così intensa da costringere l'osservatore a chiudere gli occhi, è tanto luminoso che anche la stella che noi vediamo più piccola nel cielo sembrerebbe la luna se collocatagli vicino come sono vicine due stelle nel cielo (e quale stella par quinci più poca, parrebbe luna, locata con esso come stella con stella si colloca). Vede poi un cerchio di fuoco distante dal punto tanto quanto appare distante l'alone (alo) che circonda la luce di un astro quando la nebbia di cui è formato è più densa (quando 'l vapor che 'l porta più è spesso); questo cerchio gira in maniera tanto veloce da superare la velocità del Primo Mobile, il cielo che racchiude l'universo intero (che più tosto il mondo cigne). Il cerchio è circondato da un altro e così il secondo, il terzo, il quarto, il quinto e il sesto; c'è n'è poi un settimo, così ampio da non poter essere contenuto nell'arcobaleno (messo di Iuno). Vede anche l'ottavo e il nono cerchio e nota che ciascuno si muove più lentamente quanto più distante è dal centro. Nota anche che il cerchio più vicino al punto luminoso brilla di più e suppone che ciò accada perché vede e conosce di più la natura di Dio (che più di lei s'invera). La struttura che Dante vede è un punto luminoso al centro circondato da nove cerchi di fuoco. La rappresentazione di Dio come di un punto al centro di un cerchio non è affatto casuale, ci dice infatti che Egli è perfezione (il cerchio è perfetto e il centro è equidistante da ogni punto), è indivisibile, immateriale, immobile ed eterno.
Beatrice vede Dante intento a ragionare (in cura) circa la natura di quel che vede e gli spiega che da quel punto dipendono la costituzione dei cieli e il loro influsso sulla natura (lo fa riprendendo l'espressione di Aristotele ex tali principio dependet coelum et natura e sostituendo al termine principio la parola punto, così da restare coerente coi versi precedenti), lo invita poi a osservare il cerchio più vicino al centro e dice che si muove così velocemente perché stimolato dal ferventissimo desiderio (affocato amore) di Dio. 
Dante manifesta però un dubbio: se l'universo fosse disposto secondo lo stesso ordine che osserva in quei cerchi, sarebbe pago della spiegazione di Beatrice, ma nel mondo sensibile i cieli (le volte) sono tanto più infiammati dall'amore divino quanto più sono distanti dal centro (la Terra); se il suo desiderio di sapere deve essere appagato nel Primo Mobile (in questo miro ed angelico tempio) che ha per confine solo l'amore e la luce di Dio, chiede alla guida di spiegargli perché il modello (i cerchi che sta osservando) non concorda con l'essemplare (il mondo sensibile), perché lui con la sua ragione non riesce a spiegarselo.
Beatrice afferma di non meravigliarsi che le dita del poeta non siano adatte a sciogliere quel nodo, diventato strettissimo (fatto sodo) perché nessuno ha mai tentato di scioglierlo; questa introduzione cela una critica di Dante alla teologia, rea di aver trascurato una questione così importante. Lo invita poi ad ascoltare la sua spiegazione e a rafforzare con essa il proprio ingegno (da esso t'assottiglia). Beatrice spiega che i cieli sono ampi o stretti (arti) a seconda della maggiore o minore virtù che si diffonde in ogni loro parte, perché maggiore è la bontà e più vuole diffondere il suo benefico influsso, e più si estende l'influsso più deve essere grande il cielo (maggior salute maggior corpo cape) se è perfetto in tutte le sue parti; il Primo Mobile, che trascina (rape) nel suo moto tutto l'universo, corrisponde al cerchio più infiammato di amore e di sapienza (quello più vicino a Dio); se Dante, conclude, smette di guardare alla dimensione dei cieli e si concentra sulla virtù che li anima, vedrà la corrispondenza tra ciascun cielo e l'intelligenza angelica che lo muove.
Come la metà del cielo che ci circonda (l'emisperio de l'aere), che viene rasserenato quando Borea soffia dalla guancia da cui scaturisce il vento più dolce, la tramontana, e rimuove le scorie (roffia) che prima lo offuscavano (si riferisce alle nubi), così si sente Dante dopo che Beatrice ha tolto il dubbio dalla sua mente: nel cielo vede la stella della verità splendere così come gli astri nel cielo ripulito. 
I cerchi, non appena Beatrice smette di parlare, sfavillano come il ferro incandescente battuto dal maglio. Ogni scintilla, cioè ogni angelo, si muove nel proprio cerchio (L'incendio suo seguiva ogni scintilla) e queste sono così tante che il loro numero s'inoltra nelle migliaia e giunge a un numero più grande della progressiva duplicazione delle caselle degli scacchi ('l numero loro più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla). Li sente di coro in coro osannare il punto fisso che li lega alle proprie sedi (li tiene a li ubi) dove sempre sono stati e dove resteranno per sempre (perché Dio è eterno e loro mai si sazieranno di Lui). 
Beatrice vede i pensieri incerti di Dante e interviene con una nuova spiegazione. L'incertezza del poeta è dovuta al fatto che la Bibbia indica varie tipologie di angeli, ma circa la loro gerarchia la teologia non era riuscita a produrre un'opinione comune. Spiega che i primi due cerchi mostrano rispettivamente i Serafini e i Cherubini, i quali seguono tanto velocemente il loro legame d'amore con Dio (i suoi vimi) per somigliargli quanto più possibile e possono somigliargli più degli altri perché sono più in alto nella gerarchia angelica (e la loro visione di Dio è più elevata). Il terzo ordine di angeli che gira intorno a Dio (Quelli altri amor che 'ntorno li vonno) è quello dei Troni, seggi da cui risplende l'aspetto divino, ed è quello che chiude la prima gerarchia. Deve sapere, dice Beatrice, che essi hanno tanto più diletto quanto più profonda è la loro visione di Dio, il vero che appaga ogni intelligenza (vero in che si queta ogni intelletto): da questo si può vedere che la beatitudine è generata dal vedere Dio, non dall'amarlo, perché l'amore è successivo alla visione; la visione di Dio è misura del merito della creatura angelica, il quale è dovuto alla grazia che Dio dona liberamente. La seconda terna di ordini (L'altro ternaro), che germoglia in questa eterna primavera che l'autunno (notturno Ariete) non interrompe, canta perpetuamente "Osanna" con tre diverse melodie cantate dai tre ordini di letizia. Nella seconda gerarchia ci sono le altre intelligenze: Dominazioni, Virtù e Potestà. Girano nei due cerchi successivi i Principati e gli Arcangeli, l'ultimo è degli Angeli festanti. Questi ordini guardano tutti verso Dio (di su tutti s'ammirano) e attirano a sé il mondo sensibile, così che sono tirati verso Dio e tirano il mondo verso di sé. Dionigi l'Aeropagita si mise a contemplare i cerchi angelici con desiderio e descrisse i nomi e gli ordini così come ha fatto lei, poi san Gregorio Magno si scostò dalla descrizione di Dionigi, ma non appena aprì gli occhi e vide la verità rise di sé stesso. Beatrice conclude dicendo a Dante che non deve stupirsi se Dionigi, un mortale, poté descrivere con precisione le gerarchie angeliche (tanto secreto), le quali non si possono conoscere con la ragione; a lui fu infatti tutto rivelato da colui che vide gli ordini angelici e altre verità che li riguardano.

Terminato il commento del canto, occorre fare un po' di ordine circa la sistemazione delle gerarchie angeliche.
Secondo la teologia del tempo, fondata sul De coelesti hierarchia, opera erroneamente attribuita a Dionigi l'Aeropagita, c'erano nove ordini di angeli divisi in tre gerarchie. Dante nel Convivio aveva già affrontato il tema, accogliendo in parte le variazioni operate da papa Gregorio Magno, quindi aveva così ipotizzato il loro ordine: Serafini, Cherubini, Potestà, Principati, Virtù, Dominazioni, Troni, Arcangeli, Angeli. In questi versi della Commedia Dante fa però un passo indietro e accoglie totalmente la gerarchia attribuita a Dionigi.
Negli ultimi versi Beatrice spiega poi che non c'è modo di arrivare a definire la gerarchia angelica attraverso la ragione, quindi non ha senso filosofare intorno a essa, si può solo con la rivelazione; perciò è riconosciuta come veritiera la teoria di Dionigi, perché egli fu convertito al cristianesimo da san Paolo e per questo la conobbe dal racconto di chi, prima di Dante, aveva avuto il privilegio di salire in Paradiso da vivo e vederle di persona. La marcia indietro del poeta e l'accettazione totale della gerarchia espressa da Dionigi è perciò una resa dell'indagine filosofica alla rivelazione, unica vera lente che permette di vedere dentro le cose celesti.

Francesco Abate
  

4 commenti:

  1. E bravo Dante che reinterpreta un animale mitologico come il grifone, dandogli una connotazione cristiana.
    La sua originalità nel fare nuove le cose del passato mi è sempre piaciuta.
    Baci.

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    1. La sua grandezza è stata quella di scrivere un poema religioso attingendo tanto dalla mitologia e dalla simbologia pagana. Studiare la Commedia dà la possibilità di conoscere tanti episodi della mitologia meno famosi.
      Baci.

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  2. La più grande rappresentazione del l'aldilà con allucinazioni poetiche e visioni a 360°

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    1. Il tutto abbinato a una straordinaria trattazione teologica.
      Grazie del commento.

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