venerdì 29 agosto 2025

LA POESIA "MAMMA" VINCITRICE DEL CONCORSO "VOGLIO DIRTI GRAZIE!"

 

Con grande gioia vi annuncio che la mia poesia Mamma si è classificata al 1° posto nella sezione Poesia-Mamma del concorso "Voglio dirti grazie!".
Ho partecipato con entusiasmo a questo concorso, di cui in questo periodo dominato da discorsi d'odio c'è un gran bisogno, e per questo sono felicissimo del premio che mi è stato conferito.
Ringrazio di cuore il presidente del Centro Culturale Studi Storici "Il Saggio", cav. Giuseppe Barra, la responsabile del concorso e curatrice dell'antologia Voglio dirti grazie, Luisa Cantalupo, e la giuria che ha ritenuto la mia poesia degna del primo posto. 

Vista la natura del concorso, voglio concludere questo post con un pensiero sulla gratitudine.
Troppo spesso percepiamo la gratitudine come una debolezza, così come la società ci induce a fare con qualsiasi manifestazione di sentimenti incompatibili con la competizione, eppure esprimere questo sentimento è importante, perché per una ragione o per un'altra le persone possono sparire dalla nostra vita, e la gratitudine non espressa finire per diventare rimpianto.
Più in generale, dobbiamo sovvertire questa cultura che esalta i sentimenti negativi quale odio, rancore, invidia, e il linguaggio che li esprime, per associare la vergogna a quelli positivi quale amore e, appunto, gratitudine.
Il mondo oggi gira al contrario, solo cambiando il nostro modo di essere possiamo renderlo un posto magnifico per tutti gli esseri umani.

Grazie.

Francesco Abate

sabato 23 agosto 2025

IL LORO GRIDO E' LA MIA VOCE - POESIE DA GAZA

 

Siamo purtroppo abituati alle immagini delle case rase al suolo nella Striscia di Gaza, così come ci stiamo abituando alle notizie dei gazawi uccisi mentre sono in fila per accaparrarsi un po' di cibo, alle foto dei bambini ridotti pelle e ossa, alle aggressioni dei coloni in Cisgiordania. Dal 7 ottobre 2023 Israele ha accelerato l'esecuzione del genocidio dei palestinesi, e nel silenzio di chi ci rappresenta ci stiamo abituando all'orrore.
Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza è una raccolta di poesie scritte da poeti palestinesi impegnati a sopravvivere al genocidio nella Striscia di Gaza. Due di loro in realtà hanno già perso la vita: Heba Abu Nada è stata uccisa nell'ottobre del 2023, Refaat Alareer due mesi dopo.
La raccolta ha il merito di raccogliere fondi per le attività di assistenza sanitaria a Gaza di Emergency, ma merita di essere letta soprattutto per il suo contenuto.
A scrivere le poesie di questo libro sono persone che hanno perso la casa, che soffrono la fame, che ogni giorno rischiano la vita e vedono i propri cari falciati inesorabilmente dalla Stella di David sporca del loro sangue. Nelle poesie però non si trova solo dolore, ma è sempre presente il senso di rabbia di chi non chiede altro che una casa e un'esistenza normale, ricevendo in cambio bombe e colpi di cecchini. Con le sue poesie questo libro ci ricorda che i gazawi non sono alieni, o una specie animale particolare, sono esseri umani che amano, odiano, sognano e fanno progetti per il futuro, futuro che Israele e l'Occidente hanno deciso di distruggergli. 
Già dal titolo, però, l'opera ci dice che c'è anche altro. Nei poeti non muore del tutto la speranza, rappresentata dal grido degli studenti che manifestavano nelle università occidentali; ridotti al silenzio, i palestinesi hanno affidato alle nostre gole la loro richiesta di giustizia. Le nostre voci purtroppo si stanno affievolendo, perché siamo anestetizzati e non sentiamo il loro dolore in tutta la sua potenza, cerchiamo lo svago ed evitiamo la lettura di testi politici e di protesta, però Marwan Makhoul nei suoi Versi senza casa ci dice che non è possibile lo svago mentre c'è un massacro:
Per scrivere una poesia non politica,
devo ascoltare gli uccelli,
e per sentire gli uccelli
bisogna far tacere gli aerei da caccia.
La poesia è qualcosa che le bombe non possono distruggere, che si alza sopra le macerie e vola in giro per il mondo, seminando nel cuore dei lettori i sentimenti e le idee di quelle menti e quei cuori che il genocida israeliano sta tentando di annichilire. Leggere Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza è un modo per empatizzare con chi vive un'esperienza così lontana dalla nostra vita, per assimilare la sua indignazione e la sua voglia di ribellarsi. Queste poesie non servono solo a umanizzare le vittime, sono necessarie a darci la spinta per alzarci in piedi ed opporci alla barbarie in cui sta affogando il nostro mondo sedicente civile.

Francesco Abate

sabato 16 agosto 2025

APPENDICE (CANTO DEI DANNATI / MADRE TERRA PIANGE I SUOI FIGLI SCELLERATI)

 

Inferno, dopo le due sezioni principali, si chiude con un'appendice che contiene due poesie: Canto dei dannati e Madre Terra piange i suoi figli scellerati.
La prima di queste due poesie è un canto corale di tutti i dannati che abitano la Terra, che guardano tutto quello che non possono avere, tutto il bello del mondo che nella loro vita diventa lutto e sangue. I dannati sono consapevoli che:
Non cambiano le stagioni
nel concerto di esplosioni:
scorre scura come il sangue
la vita dei dannati.
Nella seconda poesia è la Terra a parlare, una madre sconsolata e affranta, che guarda tutte le belle cose che aveva dato a noi uomini, bellezze che siamo stati capaci di distruggere e gettare via. In questo componimento l'umanità è ormai estinta, perciò la Terra piange:
Nessun occhio può più riempirsi
della bellezza che mi vestiva
e nessuna mano può più addobbarmi
per la mia eterna festa.
Sterminandoci, e sporcando di sangue ogni cosa, stiamo trasformando i meravigliosi panorami del nostro pianeta in cornici da immagini funerarie, e distruggendoci ci stiamo privando della possibilità di creare bellezza attraverso l'arte, cosa che siamo capaci di fare (anche se spesso lo dimentichiamo).


Vi ricordo che potete acquistare Inferno in tutte le librerie e in tutti i collegamenti che trovate in questa pagina. Trovate tutti i miei libri presso la libreria Copperfield Bookshop di Battipaglia.
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Francesco Abate

domenica 10 agosto 2025

"SHANTARAM" DI GREGORY DAVID ROBERTS

 

Shantaram è un romanzo pubblicato nel 2003 dallo scrittore australiano Gregory David Roberts, opera che ha venduto più di sei milioni di copie in tutto il mondo.
Il romanzo, dichiarato autobiografico dall'autore, racconta le vicende di Lin, un uomo evaso dal carcere in Australia e fuggito a Bombay. Lin comincia a guadagnarsi da vivere con piccoli espedienti illegali, finendo per andare a vivere in uno slum (una baraccopoli), nel quale ritrova serenità grazie alla cura degli ammalati e scopre la solidarietà che unisce tra loro i poveri abitanti. Col passare del tempo, e per via di circostanze che non rivelo per non anticiparvi la trama, Lin finisce per perdersi di nuovo, fino a ritrovarsi prima in carcere e poi addirittura in guerra.
Shantaram ha certo il merito di avere una trama avvincente, che si sviluppa attraverso numerosi colpi di scena e tiene incollato il lettore fino all'ultima pagina. Anche la narrazione, diretta e a tratti molto cruda, appassiona e non fa sentire il peso delle quasi milleduecento pagine.
Non bisogna credere però che questo sia solo un romanzo di intrattenimento ricco di azione. L'autore mostra quelle che presenta come sue vicende personali per mostrarci il mondo di cui è innamorato, la Bombay divisa tra il lusso sfarzoso e baraccopoli luride, tra vizi e spiritualità, e per sviluppare delle riflessioni su questioni molto delicate. La storia di Lin è infatti la storia di un uomo segnato dalla colpa, che ha perso gli affetti per problemi di droga, e questo tema della colpa è forte in quasi tutte le pagine del romanzo, un macigno che impedisce al protagonista di liberarsi dal mondo criminale che come una sirena non smette di chiamarlo. Il romanzo ci offre anche l'occasione per riflettere sul fallimento dei sistemi carcerari di quasi tutto il mondo, dove il detenuto è ingabbiato e ridotto peggio di una bestia, umiliato e incattivito, in barba a qualsiasi discorso sul recupero e il reinserimento in società. Nelle pagine di Shantaram è poi mostrata tutta la contraddizione del capitalismo, con gli slum a pochi metri dai grattacieli lussuosi, e tutta la corruzione che il sistema genera, visibile attraverso i poliziotti che si lasciano continuamente corrompere dai grandi delinquenti della città.
Shantaram è un ottimo romanzo, piacevole da leggere e non banale nei contenuti; a convincermi poco è il fatto che sia presentato come autobiografia. Nelle pagine del romanzo troviamo questo Lin, un uomo scaltro e forte, capace tanto di combattere col coltello quanto di curare i poveri malati dello slum, leale con gli amici ma capace di spietatezza coi nemici, che piace alle donne ma ha difficoltà a trovare il vero amore. Lin è così simile all'eroe in stile hollywoodiano da non sembrare vero; non mi stupisce che Johnny Depp volesse girare il film tratto da questo romanzo (impresa poi fallita per problemi organizzativi), perché Lin a tratti mi ha ricordato tanto George Jung di Blow, un delinquente bello e buono che vorrebbe redimersi ma non può. Francamente, senza nulla togliere alla bellezza del romanzo, sull'attendibilità dell'autobiografia mi sento di esprimere qualche riserva.
Un altro limite del romanzo è la visione "affascinante" che propone del mondo della mafia. Lin si lega molto al boss Khaderbai, che per lui sostituisce la figura paterna. Sebbene nel corso del romanzo vengano fuori i grossi limiti morali del capocosca, la sua figura resta sempre più vicina a quella di un saggio santone che non a quella di uno spietato assassino. Anche molti compagni di cosca sono presentati sotto una luce positiva: leali e forti, senza paura e spinti da un ideale puro. Anche in questo caso ho sentito forte l'influenza hollywoodiana, soprattutto dei gangster movies, e come nel caso di questo genere di film Shantaram rischia di normalizzare un fenomeno diffuso e grave, che ogni giorno costa la vita a migliaia di persone in tutto il mondo.

Francesco Abate

martedì 29 luglio 2025

PARLIAMO DI EUDEMONIA: RE MATTEO E LA MISSIONE

 

Eudemonìa è un libro che racconta di una ricerca. Ad avviare questo lungo percorso che attraversa spazi terreni e ultraterreni è una richiesta particolare, fatta niente poco di meno che da un re.
A spingere Francesco ad intraprendere il cammino che lo condurrà fino ai confini dell'universo è l'ordine impartito da re Matteo: trovare Dio. Francesco in Dio non crede, infatti giudica subito assurda la richiesta, ed anche nel sovrano non c'è traccia di fede, lui stesso spiega così la propria richiesta: "Questo regno è una polveriera, i sudditi mi odiano e mi incolpano di tutti i loro problemi. Nascono sempre più gruppi sovversivi e hanno sempre più presa sul popolo, se continua così ci sarà una ribellione e potrei rimetterci il trono. Ho bisogno di rinsaldare il mio potere sulla gente e non può esserci modo migliore di una legittimazione divina. Quando la gente vedrà Dio al mio fianco, non oserà più ribellarsi e mi adorerà come un tempo si adoravano i Faraoni".
Re Matteo vuole Dio al suo fianco solo per consolidare il proprio potere, mostrandosi cinico e per niente interessato al reale benessere del proprio popolo; non chiede che sia trovato Dio per avere una guida suprema capace di portare prosperità al regno, vuole solo consolidare la propria posizione di potere. Il sovrano nell'aspetto e nei ragionamenti si mostra maleducato, arrogante e interessato solo all'apparenza.
Il Regno è la proiezione perfetta dell'animo di re Matteo: infestato dal tanfo di rifiuti bruciati e devastato dall'incuria, muta radicalmente in prossimità del palazzo reale, dove dominano la frescura degli alberi e il profumo di bosco.
Come tutti i governanti mediocri e interessati solo all'affermazione del proprio ego, re Matteo usa la paura per governare. Nell'affidare la missione a Francesco, non cerca di motivarlo o di incoraggiarlo, si limita a dargli un ultimatum: "Sarà meglio per te che esista e venga qui con te, altrimenti cella e forca! Chiaro?"
Come buona parte dei personaggi di Eudemonìa, re Matteo richiama contemporaneamente un personaggio reale ed un concetto. Nel delinearne carattere e comportamenti, mi sono ispirato ad un famoso (purtroppo) uomo politico italiano suo omonimo, personaggio mediocre che fonda il proprio consenso sulla rabbia e la paura, usando di frequente un linguaggio aggressivo che incita all'odio. Re Matteo non è però solo la caricatura di un uomo politico italiano, rappresenta l'idea di governo che osserviamo più di frequente nelle figure politiche mondiali, soprattutto in tempi più recenti; un'idea secondo cui chi guida una nazione deve comportarsi da padre-padrone e lavorare solo per l'accrescimento ed il consolidamento del proprio potere. Di re Matteo nel nostro mondo, purtroppo, ce ne sono tanti.
L'assurda missione affidata a Francesco, nel corso dello sviluppo del romanzo, diventa anche una lezione: nella ricerca di sé stessi, della propria strada e della propria verità, la cosa più importante non è il punto di partenza, perché chi cerca con attenzione finisce comunque per trovare qualcosa, e spesso ciò che si trova è meglio di quello che si credeva di voler trovare.


Vi invito a seguire il blog e le mie pagine social (FacebookMeWeInstagram) per tutti gli aggiornamenti riguardo questo romanzo.
Vi ricordo che potete acquistare il romanzo in tutte le librerie fisiche e virtuali (link in questa pagina). Per chi è di Battipaglia, lo trovate subito disponibile presso Copperflield Bookshop in via Italia, 43.

Francesco Abate

lunedì 21 luglio 2025

LA SELVA OSCURA

 

La selva oscura nella Divina Commedia è la prima immagine polisemica, cioè la prima che ha più significati.
Di questa selva il poeta non ci dà una descrizione precisa, si limita a definirla selvaggia, aspra e forte, tanto che solo il ricordo basta a rinnovare lo spavento che incute, poco meno amara della morte. A differenza della selva dei suicidi, in cui Dante fa una descrizione minuziosa dell'ambientazione ("Non fronda verde, ma di color fosco; / non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti; / non pomi v'eran, ma stecchi con tòsco."), della selva oscura non ci dice niente di concreto, perché non ha l'esigenza di creare lo sfondo a eventi o dialoghi, vuole semplicemente lanciare un messaggio.
La selva è ai piedi di un colle alle cui spalle c'è il sole, quindi fuori dalla sua oscurità c'è la gioia, ma l'uscita è impedita dalle tre fiere, il cui significato descriverò in un altro post. Essa rappresenta quindi lo smarrimento dell'anima vissuto da Dante intorno ai trentacinque anni; uno smarrimento che non sa ben dire quando è iniziato, essendoci caduto che era "pieno di sonno", cioè perso e annebbiato. La critica tende a collocare l'inizio dello smarrimento del sommo poeta, quindi l'inizio del suo stato di torpore morale, nell'anno della morte di Beatrice, la donna che lo salverà poi attraverso il viaggio nei tre regni dell'oltretomba.
Lo smarrimento rappresentato dalla selva non è però solo quello di Dante, perché non dobbiamo dimenticare che la Divina Commedia è un poema universale, cioè abbraccia tutta l'umanità. Il viaggio dantesco comincia nel 1300, anno che è il culmine della vita del poeta (era nel mezzo, quindi iniziava la fase discendente), ma lo è anche per la storia della Chiesa, essendo l'anno del primo giubileo (pochi anni dopo ci sarà lo Schiaffo di Anagni), e per la storia di Firenze, che con la contesa di Calendimaggio vede acuirsi le divisioni che sfoceranno nello scontro tra Bianchi e Neri. Nella selva oscura non è perso solo Dante, lo sono anche la Chiesa e Firenze, che hanno smarrito la retta via per incamminarsi verso un futuro di corruzione e sofferenze. 
Nel canto XX dell'Inferno Virgilio accenna al plenilunio, che porta giovamento a Dante mentre è smarrito nella selva oscura ("e già ier notte fu luna tonda: / ben ten de' ricordar, ché non ti nocque / alcuna volta per la selva fonda"), accennando alle false consolazioni a cui l'anima smarrita si aggrappa (lettura giustificata dal fatto che il richiamo alla luna è fatto nella bolgia dei maghi e degli indovini).

Francesco Abate

sabato 19 luglio 2025

MENZIONE D'ONORE PER "INFERNO" A PONTREMOLI

 

Con grande gioia vi annuncio che Inferno è stato premiato con la Menzione d'Onore nella categoria Poesia Edita al Premio Internazionale di Arte Letteraria "La Via dei Libri" Città di Pontremoli. 
Ringrazio gli organizzatori per lo spazio e la bella serata, fatta di letture e scambi, perché la cultura altro non è che scambio e confronto, per questo arricchisce l'anima. Ringrazio anche la giuria per aver letto le mie poesie e averle giudicate degne di questo palcoscenico.
Per me è stata anche l'occasione di visitare una città che ospita millenni di storia ed è completamente immersa nella bellezza, che consiglio vivamente di visitare.

Francesco Abate