lunedì 8 marzo 2021

"LA PESTE" DI ALBERT CAMUS

 

La peste è un romanzo dello scrittore francese Albert Camus pubblicato nel 1947.
Si tratta di un'opera che riscosse subito un grande successo e che molti hanno riscoperto dopo l'inizio della pandemia di Covid-19. Nel 1992 il regista argentino Luis Puenzo ne fece un film.

Il romanzo narra di un'epidemia di peste nella città algerina di Orano in un momento imprecisato degli anni Quaranta, quando era ancora sotto il dominio della Francia.
Il dottor Rieux e i cittadini di Orano improvvisamente vedono un gran numero di topi uscire dalle tane e morire, ma nessuno vi presta particolare attenzione. A questo macabro segnale seguono però i primi casi di un terribile male, la peste, che presto diventa epidemia e costringe le autorità a chiudere i confini della città, vietando a chiunque di attraversarli sia in entrata che in uscita.
Di colpo i cittadini si trovano isolati, molti anche separati dai propri affetti, e assediati da un male che uccide dopo atroci sofferenze e si propaga inesorabilmente. 
Il dottor Rieux prova a combattere il male come può, ma si scontra di continuo con gli insuccessi delle cure e la morte dei pazienti. Intanto si organizzano delle squadre di soccorso e dei centri dove mettere in quarantena le persone state a contatto con i malati.
Tutta la narrazione segue l'evoluzione dell'epidemia, fino alla sua estinzione spontanea.

La peste si può considerare un dipinto in cui compaiono, con tratti più o meno definiti, tutti gli abitanti di Orano. I veri personaggi degni di nota a mio modo di vedere sono: il dottor Rieux, Raymond Rambert, Jean Tarrou e padre Paneloux.
Il dottor Rieux è il vero protagonista nonché il narratore della storia attraverso i suoi taccuini. Soffre per l'allontanamento della moglie, che si trova fuori città per curarsi al momento della chiusura e che morirà lontana da lui. Nonostante il dolore che ha dentro, e nonostante sia costantemente esposto a spettacoli di sofferenza e morte, mantiene una salda razionalità e prova a vincere la battaglia con le armi della ragione. Il suo attaccamento alla razionalità, e la sua "rabbia" nei confronti di Dio che esplode alla morte atroce di un bambino, lo portano ad un aperto contrasto con padre Paneloux.
Raymond Rambert è un giornalista parigino che si trova imprigionato a Orano per via della chiusura. Fa di tutto per uscire clandestinamente dalla città e tornare a Parigi, dove l'aspetta la donna che ama, ma quando finalmente ha la possibilità concreta di riuscirci vi rinuncia per aiutare il dottor Rieux a combattere l'epidemia.
Jean Tarrou è forse il personaggio più enigmatico della storia, ma la sua vicenda personale aiuta molto a comprendere il senso del romanzo. Figlio di un pubblico ministero francese, fugge dal paese quando assiste a un'udienza in cui suo padre condanna a morte l'imputato. Durante l'epidemia di peste organizza le squadre di soccorso e collabora attivamente col dottor Rieux alla gestione dell'emergenza medica.
Padre Paneloux è un gesuita che inizialmente arringa i fedeli indicando la peste come una punizione divina e invitando ad accettarla; dopo aver assistito alla morte di un bambino tra atroci sofferenze, la sua fede vacilla. La sua visione religiosa rigida lo porta a scontrarsi duramente col dottor Rieux.

Come tutti i grandi romanzi, La peste cela al suo interno più significati e più spunti di riflessione.
La critica ha visto nelle pagine del libro una sorta di allegoria della Francia durante la seconda guerra mondiale, dove la peste rappresenta proprio il conflitto bellico che devasta il paese e distrugge tanto i corpi quanto le menti.
Non manca tra le righe dell'opera un'immagine della società di quel tempo, fatta di persone troppo prese ad oscillare tra il lavoro e la ricerca di svago per pensare a problemi più seri.
Al netto dei significati secondari, sicuramente l'opera contiene una profonda riflessione e critica sulla religione. Lo scontro tra il dottor Rieux e padre Paneloux ci pone di fronte a due punti di vista nettamente contrapposti: il primo usa e difende la scienza, il secondo è acceso dalla fede più ardente. Quando però entrano in contatto con la peggiore immagine del male, un bambino devastato dalla peste che muore dopo una notte di atroci sofferenze, la scienza rinnega definitivamente Dio e resta sulla sua posizione mentre la fede vacilla fortemente. Emblematici sono i due sermoni pronunciati dal padre e riportati dal narratore: nel primo indica la peste come giusto castigo e invita i fedeli ad accettarla, nel secondo è molto meno fermo e mostra di non aver accettato il terribile spettacolo del male. 
La sconfitta della religione non è sancita solo dai dubbi di padre Paneloux, ma le stesse riflessioni finali del dottor Rieux evidenziano come l'uomo che si accontenta di sentimenti umani riesce a trovare la felicità, mentre chi cerca cose più astratte rimane isolato anche quando la calamità che lo isolava è passata. 
Tarrou, e qui sta la sua importanza, rinnega ogni forma di violenza e per questo vive infelice: sa che l'essere umano è violento e resta tale anche quando crede di fare giustizia (cosa che capisce quando vede suo padre condannare a morte l'imputato). Lui cerca l'astratto e resta infelice, non ha speranza che la sua vita cambi. 

La peste di Camus è stata riscoperta da molti dopo l'inizio della pandemia che ancora oggi ci tiene bloccati in casa. Sebbene le tecnologie rendano la realtà odierna molto diversa da quella descritta da Camus (oggi con gli smartphone non siamo mai totalmente isolati, negli anni Quaranta sarebbe stato ben più difficile), non è azzardato attingere alle parole dello scrittore per capire meglio quello che stiamo vivendo. Nella Orano di Camus c'è chi va in crisi e prova a violare l'isolamento, ci sono quelli che pretendono dalla scienza risposte che non sa dare, quelli che lucrano sull'emergenza e degli scienziati costretti a improvvisare la gestione dell'emergenza. Leggere l'opera può quindi permetterci di capire meglio la situazione, vederla da un altro punto di vista, rendendoci più consapevoli e un po' meno giudici.
L'opera va però letta anche per quello che è, un romanzo di grande spessore che tratta temi delicati. Io confesso di essere stato molto colpito dal personaggio di Jean Tarrou, la cui riflessione sull'uomo irrimediabilmente violento mi è parsa molto vicina alla mia idea di società immersa nella cultura della violenza. Settantaquattro anni fa Camus si poneva le stesse domande che mi pongo io oggi, segnalando come la legge stessa invece di censurare la violenza si macchi di sangue le mani.
Trovo importante leggere La peste perché ci spinge a farci domande profonde sulla fede e sui valori astratti in un'epoca dove a queste siamo abituati a dare risposte frettolose e preconfezionate, dove si sceglie il concreto per condizionamento più che per convinzione.
Vi invito a leggere questo romanzo, scritto sotto forma di cronaca e quindi di facile lettura, non solo per la sua vicinanza alla pandemia di Covid, ma per guardare una foto dell'umanità e far nascere dentro di sé qualche domanda profonda.

Francesco Abate

10 commenti:

  1. Posso dire che, come è successo per I promessi sposi, sia davvero triste che molte persone l'abbiano riscoperto solo con il Covid?
    Baci.

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    1. Purtroppo anche la letteratura subisce l'andamento delle mode. Spero solo che i lettori non si limitino a vederla come la cronaca di un'epidemia, finendo così per svuotarla di significato.

      Baci.

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  2. Ricordo che l'ho letto al liceo, è secondo me l'opera in assoluto migliore di Camus.
    Molto attuale anche ora, ovviamente.
    Buon fine settimana.

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    1. Di Camus confesso di non aver letto altro, ma mi è piaciuto e credo che lo approfondirò con altre letture.

      Buon fine settimana a te.

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  3. Non ho freschi ricordi di questo libro, finisce che lo riprenderò in mano appena riuscirò.
    Ti abbraccio.

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    1. Ne vale la pena. Credo che ti colpirà la similitudine dei comportamenti degli abitanti di Orano con quelli visti durante la chiusura.

      Un abbraccio.

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  4. Camus, in questo libro affronta il problema del male, della morte, della sofferenza e della religione attraverso il confronto di Rieux con gli altri personaggi, sottolineando la necessità di un dialogo tra atei e cristiani.
    Il cristiano chiama "Dio" ciò che non capisce, mentre l'ateo lo definisce "Assurdo", ma entrambi vivono la vita terrena e devono scontrarsi con tragedie e mali.
    In chiave moderna possiamo sostituire la peste con il coronavirus e il tema resta attuale.
    Un abbraccio.

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    1. Ottima analisi. Camus in questo romanzo mostra anche l'ottusità della fede troppo radicale e la sua disgregazione di fronte ai mali del mondo.

      Un abbraccio.

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  5. Ciao Francesco, mi chiamo Alex e sono qui su indicazione di Francesca!
    Sei un prof. per caso? La tua spiegazione mi è piaciuta molto, è perfino non pallosa :-)
    Io Camus lo leggo per conto mio, al momento a scuola ancora non se ne parla, e questo libro è il mio preferito.
    Se ci fai caso rispecchia la stessa ottusità che c'è ora.
    A presto!

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    1. Ciao Alex,
      ti ringrazio per la lettura e il commento.
      Sono contento che ti sia piaciuta la mia spiegazione. Non sono un professore e forse per questo riesco a non essere palloso, ho la libertà di commentare liberamente quello che voglio e per questo mi dedico a quello che davvero mi appassiona.
      Ti confesso che di Camus per adesso ho letto solo "La peste", ma ho intenzione di leggere altro sia perché ho apprezzato l'autore sia perché la letteratura francese in generale è di altissimo livello.
      Sull'ottusità sono d'accordo con te: in certe descrizioni, se a Orano avessi sostituito Milano o Napoli, avrei letto una fedele cronaca dei giorni nostri.

      Ti auguro una buona serata!

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