venerdì 24 dicembre 2021

BUONE FESTE

Confesso che la mia intenzione era di pubblicare sul blog anche durante le feste, ma è stato un anno intenso, soprattutto nei suoi ultimi mesi, e ho bisogno di staccare un po' la spina. Il riposo a cui mi dedicherò non sarà semplice pigrizia, mi dedicherò all'otium così com'era inteso dagli antichi Romani: leggerò e mediterò così da accrescere il mio spirito e le mie conoscenze. Ho intenzione di tornare dopo il 7 gennaio fresco come una rosa e con tante idee.

Ne approfitto per fare un piccolo bilancio del 2021. Al netto dei problemi creati dalla pandemia, per me è stato un anno assolutamente positivo sotto tutti i punti di vista. Ho dovuto combattere tanto, per questo l'ho definito un anno intenso, ma alla fine ho raggiunto obiettivi importanti e dato una svolta forse decisiva alla mia vita.
La lotta dura quando è vincente lascia tanto entusiasmo oltre alla stanchezza, quindi ho tanti progetti per il 2022, soprattutto inerenti il mio percorso artistico.

Vi lascio ricordandovi che in questo blog trovate tutto ciò che serve per capire se i miei romanzi possono piacervi, e quindi se acquistarli, e per leggere le poesie che ho pubblicato fino ad ora.

Vi auguro buone feste, che siate religiosi o meno, e un anno nuovo carico di felicità e buone letture.
Siate indipendenti e assetati di conoscenza.

Francesco Abate

giovedì 16 dicembre 2021

PUBBLICATA LA POESIA "SI MUORE ANCHE A NATALE"

 

Sono felice di annunciarvi che il sito Spillwords.com ha pubblicato la mia ultima poesia, Si Muore Anche a Natale.

Ammetto che il titolo suoni un po' guastafeste, visto che le feste sono un po' il placebo con cui ci illudiamo di scacciare i dolori che ci tormentano, ma la realtà è che questi periodi gioiosi finiscono e puntualmente il carico di affanni torna a caderci sulla schiena; non dimentichiamo poi che tanti in questi giorni non solo non riescono a scacciare i dolori, ma addirittura li vedono accresciuti dall'atmosfera gaia che li circonda.
I canti dei giorni di festa possono illuderci, ma la verità è che si muore anche a Natale.

Spero che la poesia vi piaccia. Come sempre aspetto i vostri commenti. Vi ricordo inoltre che nella pagina Le mie poesie trovate i link a tutte le poesie che ho pubblicato finora.

Buona lettura.

Francesco Abate

lunedì 6 dicembre 2021

FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY

 

Frankenstein, ovvero il moderno Prometeo è un romanzo pubblicato dalla scrittrice inglese Mary Shelley nel 1818. L'opera nacque inizialmente come racconto breve, poi su incoraggiamento di Percy Shelley, marito di Mary, fu trasformata in un romanzo.
Curiosa è la genesi del romanzo. I coniugi Shelley stavano trascorrendo l'estate del 1816 a Ginevra, in una casa vicina a quella del celebre lord Byron. Quell'estate fu particolarmente piovosa e Byron propose di passare il tempo scrivendo una storia dell'orrore ciascuno da leggere poi a tutti. Per gioco, giusto per passare il tempo, Mary Shelley creò un'opera destinata all'immortalità.

L'opera inizia con le lettere di Robert Walton, un esploratore in spedizione al polo nord per una ricerca scientifica, alla sorella Margareth; in queste racconta del suo viaggio e delle difficoltà che incontra. Un giorno Walton trova sui ghiacci un uomo in fin di vita e lo porta a bordo della propria nave. Il nuovo passeggero è il dottor Frankenstein che, riprese le forze, racconta la sua storia. La vicenda narrata dal dottore è così sconvolgente da spingere Walton a raccontarla per esteso alla sorella nelle sue lettere.
Il dottor Frankenstein racconta come lui fosse riuscito a creare un essere vivente, a donargli il soffio della vita; dopo averlo creato era però fuggito via, tanto l'essere era mostruoso. La fuga però non salva il dottore da un atroce destino, infatti il mostro, scacciato dalla gente e isolato da tutti a causa del suo aspetto, decide di seguire il proprio creatore e vendicarsi uccidendo le persone che ama. In un incontro faccia a faccia, il mostro chiede al dottor Frankenstein di creargli una compagna, così che possa essere felice e smettere di perseguitarlo, ma questi prima accetta e poi ci ripensa, troppo ripugnato dall'idea di liberare nel mondo un altro essere così abominevole e pericoloso. Vista non accontentata la sua richiesta, il mostro decide di vendicarsi nel più atroce dei modi.

I personaggi più importanti del romanzo sono Robert Walton, il dottor Frankenstein e il mostro da lui creato.
Walton è un esploratore tanto attaccato alla conoscenza da mettere in gioco la propria vita in una pericolosa spedizione al polo nord. 
Il dottor Frankenstein è come Walton uno scienziato, solo che arriva a spingersi oltre e prova a creare un essere umano, a donare la vita. Egli varca quindi un confine etico e da semplice scienziato diventa creatore, ergendosi allo stesso livello di un dio, ma riesce soltanto a dare la vita a un mucchio di pezzi umani raccolti al cimitero, creando un mostro. Rifiuta subito il frutto della sua audacia perversa, ma questi lo perseguita e gli fa pagare un prezzo molto caro: il dottore vede morire in modo orribile le persone che più ama. Consapevole di non potere in nessun modo né liberarsi del suo errore né lenire il dolore per le perdite subite, consacra la parte restante della propria vita alla vendetta, quindi si pone l'obiettivo di eliminare per sempre ciò che ha creato.
Il mostro è di certo il personaggio più importante del romanzo. La sua storia la conosciamo da lui stesso, che la racconta al proprio creatore. Nonostante commetta atroci delitti, non è in origine un'anima malvagia. Impara i valori sani dell'umanità e si mostra caritatevole quando, nascosto in un casolare, osserva una famiglia di esuli francesi. Pur essendo di animo buono, il suo aspetto atroce gli rende impossibile qualsiasi contatto umano, infatti non appena si manifesta viene scacciato a bastonate dalla gente. La solitudine e l'emarginazione lo portano a serbare rancore nei confronti del suo creatore, che gli ha dato quell'aspetto mostruoso e l'ha abbandonato a sé stesso. Decide perciò di perseguitarlo, ma anche in questo caso non è un'azione malvagia fine a sé stessa: il suo scopo è ricattarlo per avere da lui una compagna, una persona da amare che non lo scacci per via del suo aspetto. Quando il dottore non esegue il compito, non esita a vendicarsi uccidendogli la moglie. Nonostante l'odio per l'uomo che l'ha destinato a tanta sofferenza, alla fine lo ritroviamo a piangere sul suo corpo senza vita e a mostrarsi pentito del male fatto.

Frankenstein, sebbene sia stato scritto inizialmente al solo scopo di spaventare, è un romanzo molto ricco di contenuti.
Prima di tutto la lettura impone un'attenta riflessione su quelli che sono i limiti da imporre eventualmente alla scienza. Nella stesura del romanzo Mary Shelley fu ispirata dagli esperimenti del dott. Erasmus Darwin (nonno del più celebre Charles) e dalle ricerche sul galvanismo, la scienza quindi si stava ponendo il problema del se e del come fosse possibile dare la vita a un organismo. Nella sua opera la scrittrice ipotizza la riuscita di una tale impresa, scrive quindi di un uomo che dona la vita a un altro essere, e ne immagina le conseguenze. Il suo romanzo è un monito: la scienza spingendosi troppo oltre può produrre abomini. Lo scienziato cieco e ambizioso immaginato dall'autrice vuole creare un essere vivente superiore all'uomo, finisce invece per mettere sulla Terra un essere bruciato dentro dal dolore che diventa portatore di morte.
Oltre alle riflessioni sulla scienza e i suoi limiti, il romanzo fa riflettere anche sui pregiudizi e sulle radici del male. Il mostro è come un bambino, impara osservando ciò che ha intorno, così guardando di nascosto una famiglia amorevole si riempie di buoni sentimenti. Diventato una creatura buona, si scontra però col pregiudizio, infatti a causa del suo terribile aspetto viene respinto in malo modo da chiunque. A questo punto il suo animo si deteriora, conosce la rabbia e il desiderio di vendetta, arriva a sporcarsi le mani di sangue nonostante soffra per questo. La lettura di quest'opera ci ricorda che il male non è figlio di una predestinazione, spesso le azioni malvage nascono da torti subiti o da una condizione di emarginazione. Mary Shelley inoltre ci dice una cosa che forse oggi sappiamo meglio di allora: l'immagine esteriore pesa molto più dell'anima nei giudizi.
Importante è anche l'ambientazione che viene data al romanzo. La natura descritta è maestosa, spaventosa, qualcosa di gigantesco e in grado di schiacciare l'uomo in qualsiasi momento. Questa scelta rende l'opera un perfetto esempio di romanzo gotico.

Frankenstein è una piacevole lettura che regala anche importanti spunti di riflessione. Si tratta di un romanzo che si legge facilmente, che riesce a mantenere sempre vivo l'interesse del lettore e a immergerlo in un mondo cupo fatto di paura e sensi di colpa. 
Oltre a essere un capolavoro della letteratura dell'orrore, il libro ha anche il pregio di presentare un cattivo con cui si entra in empatia; non c'è una vera entità malvagia, ma solo un povero emarginato che viene imbestialito da una società crudele e superficiale. La creatura del dottor Frankenstein è il mostro della letteratura classica più vicino ai canoni del cattivo moderno, per questo la sua storia non smette di affascinarci.
Impressionante è anche la visione della natura che troviamo in queste pagine: non la madre benevola e dispensatrice di meraviglie, ma una gigantessa potente e capace di annientarci come tante piccole formiche. Le lunghe descrizioni dei paesaggi di montagna in cui si muove il dottor Frankenstein servono a ricordarci quanto siamo piccoli. Oggi più che mai dovremmo ricordare questa lezione, così forse capiremmo davvero l'impatto che i cambiamenti climatici avranno sulle nostre vite.
Credo sia importante leggere questo romanzo perché ci permette di capire che anche una storia dell'orrore, magari pensata puramente per gioco, può avere il suo valore e fuggire dalle paludi della banalità. Forse gli scrittori e gli sceneggiatori di prodotti horror attuali dovrebbero leggere Mary Shelley con più attenzione.

Francesco Abate

venerdì 26 novembre 2021

LIBERTA' DI YASSIN AL-HAJ SALEH

 

Libertà: casa, prigione, esilio, il mondo è un saggio dell'autore siriano Yassin al-Haj Saleh, pubblicato per la prima volta nel 2016 sulla rivista siriana online "al-Jumhuriyya" e portato in Italia nel 2021 dalla casa editrice Terra Somnia Editore con la traduzione di Monica Ruocco.
L'autore di questo saggio, definito "la coscienza della Siria", ha patito in prima persona le pene del carcere e dell'esilio. Fu arrestato nel 1980, a soli 19 anni, insieme ad altri sostenitori dell'ala democratica del Partito comunista, perché in opposizione al regime che opprimeva la Siria. Rilasciato sedici anni dopo, all'inizio della rivoluzione siriana, nel 2011, è fuggito dal proprio paese e da allora può scrivere liberamente.

Il saggio è una profonda riflessione su temi che stanno molto a cuore all'autore, e su cui ha potuto riflettere tanto nei lunghi anni di prigionia prima e di esilio poi.
La libertà di cui parla non è semplicemente fare quello che si vuole, ma è movimento, è la possibilità di spostarsi, o anche di evolversi e cambiare sé stessi. Si è davvero liberi quando si può andare in qualsiasi luogo si voglia, ma è condizione necessaria per esserlo che si possa poi tornare a casa a proprio piacimento, perché la ricerca di un luogo nuovo non esclude automaticamente il bisogno di tornare in uno familiare. La libertà non è però soltanto potersi muovere nello spazio, ma anche poter viaggiare dentro sé stessi; l'uomo libero può sviluppare la propria coscienza e cambiarla, può abbandonare la propria cultura e abbracciare nuovi principi, può cambiare fede e tutto il resto. La libertà intesa dall'autore è possibilità di mutarsi, di evolversi, di trasformarsi in qualcosa di diverso da ciò che si è in origine.
Se la libertà è movimento, facilmente possiamo intuire che tutto ciò che viene imposto come immobile è una limitazione alla stessa. I regimi che impongono le tradizioni religiose attentano alla libertà, così come quelli che combattono per la strenua difesa della propria cultura. In un mondo libero la cultura è in continua trasformazione, così come la fede, perché la libertà genera scambi di idee che portano inevitabilmente alla contaminazione. Il mondo che tanti promuovono, quello degli Stati chiusi in sé stessi, barricati come gelosi custodi delle proprie tradizioni e delle proprie credenze, è in assoluta contrapposizione alla libertà.

Libertà: casa, prigione, esilio, il mondo è stata una piacevole scoperta. Non conoscevo l'autore e non avevo mai letto niente di lui, ma in questo saggio ha il merito di esprimere in poche parole e con straordinaria semplicità concetti profondi e molto delicati che sono alla base delle nostre esistenze.
Le idee di Yassin al-Haj Saleh sono il miglior antidoto alla tendenza sempre più marcata tra la gente a stagnare nei propri preconcetti, a combattere ogni mutamento e a difendere strenuamente uno status quo che dà sicurezza ed è visto erroneamente come una casa.
Oggi facciamo un gran parlare di libertà, ma superficialmente intendiamo la semplice possibilità di fare o dire quel che ci pare. La voce di un uomo che ne è stato privato per anni ci urla che è qualcosa di diverso, più profondo: è la possibilità di modellare la nostra essenza. 
Capire bene questo concetto può servire anche a liberarci da un pericoloso equivoco che stiamo vivendo in questi anni: essere liberi non significa rifiutare qualsiasi regola sgradita in nome del nostro sentire, la libertà di affrancarsi dalle regole è infatti la possibilità di liberarsi dalle consuetudini culturali, di vivere in modo diverso, ma non implica in alcun modo il diritto a fregarsene del prossimo e causare una strage in nome di qualche superstizione o di notizie false.
Consiglio a tutti di leggere questo saggio e riprendere a meditare seriamente su una parola, libertà, di cui ormai abusiamo.

Francesco Abate


martedì 16 novembre 2021

GIUDA DI AMOS OZ

 

Giuda è un romanzo dello scrittore israeliano Amos Oz pubblicato nel 2014.

Il romanzo racconta la storia del giovane studente universitario Shemuel Asch e si svolge a Gerusalemme tra la fine del 1959 e l'inizio del 1960.
Shemuel vive una crisi interiore dopo essere stato lasciato dalla fidanzata, così decide di abbandonare gli studi universitari e la casa dei genitori. Trova lavoro come assistente del signor Wald, un uomo anziano e invalido, in cambio di vitto e alloggio oltre che di un piccolo stipendio. Durante la permanenza a casa del signor Wald, Shemuel si innamora della nuora, la vedova Atalia, e sviluppa la sua tesi di laurea su "Gesù visto dagli ebrei", concentrandosi principalmente sulla figura di Giuda Iscariota
Shemuel si lega sempre di più ad Atalia, ma questa lascia pochissimo spazio alla nascita di un rapporto tra loro.

Giuda con una trama semplice riesce a sviluppare tematiche potenti. Oz attraverso Shemuel ci mostra lo smarrimento dei giovani israeliani dopo il crollo del sogno socialista. Shemuel è infatti membro di un gruppo di giovani socialisti e la sua crisi ha inizio quando questo si scinde a causa di divisioni interne. La consapevolezza del fallimento del suo sogno politico lascia Shemuel senza una direzione da seguire, lo svuota, lo spinge ad abbandonare tutto senza però indicargli il punto da cui ripartire. A casa di Wald e Atalia, Shemuel vive una sorta di letargo, una temporanea fuga dal mondo che però non lo porta da nessuna parte.
Il romanzo non è solo uno sguardo sul disorientamento dei giovani socialisti, ma attraverso le riflessioni del protagonista diventa una profonda analisi della storia e del tradimento. Shemuel continua a dedicarsi alla sua tesi di laurea e finisce per concentrarsi sulla figura di Giuda, che nella sua visione viene completamente ribaltata: da traditore di Cristo diventa il primo e più fervente cristiano. Secondo Shemuel infatti Giuda non tradì Gesù per trenta denari, essendo infatti l'unico possidente tra gli apostoli non ne aveva bisogno, ma lo consegnò perché sicuro che sarebbe passato indenne dalla crocifissione, lo spinse quindi verso quello che immaginava sarebbe stato il suo più grande miracolo. Questa visione di Shemuel cambia radicalmente non solo la storia del Cristianesimo e dell'Ebraismo, ma smonta il modello su cui i cristiani hanno costruito l'antisemitismo, la sagoma su cui nei secoli sono stati tessuti gli stereotipi sugli ebrei.
La riflessione sul tradimento porta Shemuel, e quindi Oz, anche a importanti riflessioni politiche sullo Stato di Israele. Il protagonista rievoca spesso il pensiero di Abrabanel, padre di Atalia ormai defunto, che un tempo era stato membro della principale associazione sionista israeliana. A differenza del pensiero aggressivo della maggior parte dei sionisti, su tutti Ben Gurion, che auspicarono e scatenarono la guerra contro gli arabi per il possesso della Terra Santa, Abrabanel in vita si è battuto per la convivenza pacifica, considerandola l'unica strada per garantire un futuro prospero al paese ed evitare uno stato di guerra permanente. Il pensiero di Abrabanel è avallato da Oz attraverso il dramma di Micah, figlio di Wald e marito di Atalia, morto giovanissimo e in maniera atroce durante la guerra tra israeliani e arabi; il lutto ha devastato le persone che vivono a casa di Wald, si respira in ogni angolo e in ogni stanza, quindi a distanza di anni si continua a pagare lo spirito bellicoso degli israeliani.
Lo studio di Giuda e i ricordi su Abrabanel portano Shemuel a comprendere che spesso sono quelli che vedono la realtà prima di altri a essere chiamati traditori. Giuda era davvero convinto che Gesù fosse il Messia, ma il suo gesto non è stato capito e i cristiani lo giudicano ancora oggi un traditore; Abrabanel aveva capito che la politica aggressiva dei sionisti contro gli arabi avrebbe portato a una guerra permanente, e anche lui ha pagato l'intuizione con l'etichetta di traditore.

Il romanzo ruota interamente intorno al personaggio di Shemuel, ma anche Atalia, Wald, Giuda e Abrabanel hanno grande importanza.
Shemuel è un giovane studente universitario. Quando il suo gruppo politico si divide, e quando la sua fidanzata lo lascia per tornare con il suo ex, vede crollare tutte le sue certezze. Come un navigatore che ha perso la rotta, Shemuel si trova in balìa degli eventi, smarrisce ogni interesse e si tuffa in un lavoretto da poco solo per potersi allontanare dalla vecchia vita. Di fatto si prende una pausa da tutto, entra in una dimensione parallela fuori dal tempo e dallo spazio. Si trascura molto nell'aspetto e nelle abitudini, passa molte ore perso nelle sue riflessioni, che lo portano a capire cose importanti, come la verità che spesso si cela dietro l'etichetta del traditore, ma non riescono a dargli la svolta che gli servirebbe. Si innamora di Atalia, ma con lei non riesce mai a stabilire un vero legame sentimentale.
Atalia è la nuora di Wald, vedova del giovane Micah. Donna molto bella, su di lei il lutto ha avuto un effetto devastante, infatti vive senza riuscire a instaurare un vero legame amoroso. Si affeziona a Shemuel, mostrando di non essere arida e di provare ancora sentimenti, ma non appena il legame sembra prendere vigore lo allontana per sempre. Vive come se scacciasse volutamente ogni nuovo amore, o comunque ogni sentimento intenso, nell'intenzione inconscia di restare per sempre legata al povero marito.
Wald è il suocero di Atalia, l'uomo di cui Shemuel deve prendersi cura. Vive un'esistenza isolata, vuota e ripetitiva, costantemente immerso nel rimpianto per la perdita del figlio Micah. Passa le giornate leggendo, ascoltando la radio e talvolta parlando con qualche vecchio amico, ma di fatto non conclude mai niente, come se la sua vita avesse perso ogni significato dopo la morte del figlio.
Giuda e Abrabanel vivono nei pensieri di Shemuel, ma acquisiscono comunque le fattezze di personaggi attivi. Il primo, Giuda Iscariota, è giudicato dai cristiani il traditore supremo, colui che vendette il Figlio di Dio per trenta denari, ma nella visione di Shemuel troviamo invece un uomo profondamente devoto a Gesù, l'unico che davvero crede nella sua divinità e che fino all'ultimo spera di vederlo scendere dalla croce, rimanendo però deluso. Una volta morto Gesù, sparisce in Giuda l'illusione di aver conosciuto il Messia e si fa strada la consapevolezza di aver mandato a morire un povero innocente, per questo si uccide. 
Abrabanel ha invece il merito di vedere lo stato di guerra perenne in cui precipiteranno arabi e israeliani assecondando le passioni bellicose dei sionisti, propone quindi una coesistenza pacifica tra le due popolazioni ma per questo, oltre che per le sue amicizie con uomini arabi, viene bollato come traditore. Molto interessante è inoltre la sua visione sul concetto di Stato, ritiene infatti lo stato-nazione arroccato nei suoi confini come un concetto superato. 

L'idea sul concetto di Stato espressa da Abrabanel mi ha molto colpito, mi ha mostrato infatti come Oz avesse ben chiara la realtà socio-politica contemporanea e confesso che mi trova assolutamente d'accordo.
La storia del mondo è storia di migrazioni. Con le nuove tecnologie il mondo è diventato molto più piccolo, accentuando tutti i fenomeni migratori, dal cambio di nazione dell'uomo d'affari in cerca di condizioni fiscali agevoli alla traversata del disperato. In un contesto del genere, ragionare arroccandosi dentro le idee di Stato e di confine è un'azione miope che può portare solo a gravi disparità e sviluppare tensioni sociali. Dobbiamo capire che i confini esistono solo sulle cartine e nelle nostre teste, il mondo è un blocco unico che non si può scomporre, quindi è tempo di riportare l'uomo al centro della politica, dove per troppo tempo sono stati concetti artificiali come Nazione e Stato. Micah è un uomo che muore per la Nazione: fa una morte atroce, lascia la sua famiglia psicologicamente distrutta, e tutto solo per assecondare una smania di dominio che darà inizio a una guerra eterna. Abrabanel nel romanzo ha in mente un'altra via, una strada che avrebbe evitato la morte di migliaia di Micah e la devastazione morale di milioni di famiglie.

Giuda è un romanzo stupendo che colloca Amos Oz nell'Olimpo dei più grandi scrittori dell'era moderna. Avevo già apprezzato l'autore per Una Pace Perfetta, ora dopo aver letto questo romanzo lo considero come uno dei miei preferiti.
Con una storia semplice, scritta in modo lineare e senza troppi fronzoli, l'autore ci mostra lo smarrimento dell'uomo di fronte al crollo delle sue certezze, poi ci aiuta a rivedere il concetto di tradimento e ci accompagna in un'analisi politica ancora oggi molto attuale.
In questo libro Oz ci mostra un campionario di persone travolte dalla vita, sconfitte e senza più voglia di combattere, gente che vede il mondo andare in una direzione senza capire quale sia. 
Lo sfondo delle vicende è molto significativo, una Gerusalemme che di giorno sembra una città come le altre, poi di notte si trasforma in una zona di guerra, presidiata dai soldati e scossa di continuo da spari ed esplosioni. Il mondo che Oz ci mostra è tranquillo in apparenza, ma basta spingere lo sguardo un po' più lontano per scorgere una realtà spaventosa e disperata.
Tutta questa densità di contenuti è racchiusa in un libro che non diventa mai pesante, nemmeno durante le lunghe riflessioni politiche o religiose di Shemuel. Per questo motivo ne consiglio caldamente la lettura.

Francesco Abate

domenica 7 novembre 2021

NUOVA RECENSIONE PER I PROTETTORI DI LIBRI

 

Sono felice di annunciarvi che il mio ultimo romanzo, I Protettori di Libri, è stato recensito da Segio Sito su "Il grande gruppo degli scrittori e dei lettori".

Vi invito a leggere questa recensione e, se non l'avete ancora fatto, a leggere il romanzo.

Grazie e buona lettura.

Francesco Abate

giovedì 4 novembre 2021

SARAI LA RIVOLUZIONE PUBBLICATA SUL BLOG "FRA I MIEI LIBRI"

Ho il piacere di annunciarvi che la mia ultima poesia, Sarai la rivoluzione, è stata pubblicata sul blog Fra i miei libri della scrittrice Francesca A. Vanni, la quale ha avuto la bella idea di associarla a una magnifica canzone simbolo degli anni Novanta.

Vi invito a fare un salto nel blog Fra i miei libri, sia per leggere la mia poesia che per dare un'occhiata agli altri post. Vi assicuro che troverete tanti buoni consigli di lettura e altre poesie interessanti.

Buona lettura.

Francesco Abate

lunedì 1 novembre 2021

IL SALE DELLA TERRA DI JEANINE CUMMINS

 

Il sale della terra è un romanzo pubblicato nel 2020 dalla scrittrice americana Jeanine Cummins.
Il romanzo nella sua versione italiana ha un titolo identico a un film del 2014, con cui però non ha niente a che vedere. Discutibile la scelta della casa editrice, che evidentemente ha avuto paura di tradurre letteralmente il titolo originale, American Dirt, che significa "spazzatura americana".

Il romanzo narra la storia di Lydia e di suo figlio Luca, a cui i narcotrafficanti sterminano l'intera famiglia durante una festa di compleanno. Miracolosamente scampati al massacro, i due scappano verso il nord, verso gli Stati Uniti, perché in Messico Lydia sa che non troveranno mai pace. La donna conosce infatti il mandate dell'efferato crimine, il capo dei narcotrafficanti chiamati Jardineros, Javier, da tempo innamorato di lei.
Attraverso gli occhi di Lydia e Luca, l'autrice ci fa conoscere il cammino pericoloso che i migranti compiono per raggiungere gli Stati Uniti dal sud America. Sono costretti a saltare su un treno in corsa, a fuggire di continuo da poliziotti corrotti e narcotrafficanti, ad attraversare il deserto a piedi, a vedere i loro compagni di viaggio morire.

Personaggi principali del romanzo sono Lydia e suo figlio Luca. Anche il narcotrafficante Javier, la guida nel deserto El Chacal, Soledad e Rebeca sono personaggi degni di nota.
Lydia è una donna attiva e colta, gestisce una libreria ed è sposata a un giornalista. Suo marito Sebastian si interessa proprio di narcotrafficanti e lei si fa un'idea della criminalità messicana attraverso i suoi articoli, poi il massacro la porta a toccarla con mano e a dare immagini reali a parole che prima erano solo idee. Conosce il volto "banale" dei delinquenti quando scopre che il suo amico Javier, cliente assiduo della libreria e suo corteggiatore, è il capo del cartello di narcotrafficanti più sanguinoso di Acapulco. Per molto tempo crede che la sua amicizia innocente sia la causa dello sterminio della famiglia, successivamente scopre che a innescare la miccia era stato suo marito con l'ultimo articolo scritto. Lydia è una donna molto decisa e piena di forza; dopo l'uccisione della famiglia si attacca con tutta l'anima a suo figlio e prova a proteggerlo dal mondo tremendo in cui si trovano proiettati. 
Luca è un bambino di otto anni. Scaraventato di colpo in un mondo fatto di una fuga disperata da uomini che cercano di ucciderlo, elabora molto lentamente il lutto, come se non avesse il tempo di rendersi pienamente conto di aver perso il padre e la famiglia. Si mostra un ragazzo molto intelligente e anche coraggioso per la sua età, nonostante questo non smette di essere un bambino e in alcuni momenti si abbandona ai comportamenti infantili propri della sua età. La vita lo costringe a crescere in fretta, ma per sua fortuna non muore del tutto il bambino buono e generoso che era prima della tragedia.
Javier è il capo dei Jardineros, la banda di narcotrafficanti che spadroneggia ad Acapulco e in buona parte del Messico. Scrive brutte poesie e ha le sembianze di un uomo comune, anche un po' insulso, di certo il suo aspetto e il suo comportamento non incarnano lo stereotipo del mafioso sudamericano. Ama molto sua figlia, si mostra un padre molto amorevole e premuroso. Anche il modo in cui corteggia Lydia non è quello di un criminale prepotente, si comporta più come un uomo gentile e delicato.
El Chacal è la guida che accompagna, dietro pagamento, gruppi di migranti attraverso il deserto che separa il Messico dagli Stati Uniti. Appare cinico e spietato, pronto ad abbandonare nel deserto chi potrebbe costituire un pericolo per gli altri, eppure nel finale mostra alcuni squarci d'umanità, come se a lungo andare quei viaggi lo abbiano avvicinato al destino triste dei migranti.
Soledad e Rebeca sono due ragazzine che Lydia e Luca incontrano durante il viaggio. La loro storia mostra il dramma che le donne vivono nei paesi devastati dalla criminalità e durante questi viaggi della speranza. Soledad era stata obbligata a essere la fidanzata di un narcotrafficante del suo paese ed era fuggita con la sorellina per evitarle lo stesso destino, ma a Rebeca tocca comunque subire uno stupro durante il viaggio. La loro storia ci mostra come le donne, soprattutto quelle molto giovani, in certe zone del mondo siano destinate a essere giocattoli nelle mani di uomini schifosi e violenti. La vita di Soledad e Rebeca viene segnata da violenze e abusi sessuali, così come accade purtroppo a milioni di donne in tutto il mondo.

Con Il sale della terra Jeanine Cummins vuole accendere i riflettori sul dramma dell'immigrazione dal sud al nord America. Il romanzo è stato scritto durante la presidenza Trump, quindi in un momento in cui gli USA criminalizzavano gli immigrati messicani e arrivavano a separare madri e figli piccoli alla frontiera. 
La scrittrice col suo libro ci mostra come i migranti non siano numeri, o un blocco unitario da considerare nel suo insieme, ma persone con le proprie storie drammatiche. Ci mostra che per fuggire dal proprio paese si deve essere spinti da qualcosa di tragico e insostenibile, si fugge dalla fame o dalla criminalità, e che il viaggio non è una gita turistica ma una corsa tra pericoli mortali.
All'indomani della pubblicazione del romanzo, la Cummins fu accusata dai suoi colleghi messicani di aver stereotipato la cultura messicana. Io non ho gli elementi per pronunciarmi in merito, non conoscendo affatto la cultura del Messico, ma lo stesso ritengo la polemica un po' forzata, infatti lei non scrive allo scopo di mostrare una determinata cultura e giudicarla, semplicemente vuole farci vedere cosa c'è dietro a quello che banalmente viene chiamato "viaggio della speranza". Il romanzo ci vuole dire che milioni di persone scappano da violenza e fame, percorrono un viaggio in cui è più facile morire che sopravvivere, in cui almeno una volta si finisce per essere ricattati o peggio. Visto quello che è lo scopo dell'autrice, ritengo sterile la polemica circa la rappresentazione della cultura messicana. La stessa polemica sottolinea poi come Lydia sembri più americana che messicana, e questo forse è vero, ma credo sia stato meglio che l'autrice abbia americanizzato la protagonista e l'abbia umanizzata nel modo giusto piuttosto che disegnare un impreciso stereotipo e finire per creare una macchietta.

Il sale della terra è un romanzo che ho apprezzato molto e che vi invito a leggere. Ci fa riflettere sulla questione migranti, che non è per niente lontana da noi, infatti i migranti che arrivano in Italia pure devono attraversare un viaggio infernale attraverso il deserto. Sebbene i tragitti siano diversi, così come le culture dei protagonisti e i pericoli, le riflessioni che dovremmo fare sono le stesse: ricordare che sono esseri umani, che non si spostano per capriccio ma per necessità, che hanno vissuto e vivono un inferno i cui colori noi non possiamo nemmeno immaginare.
Al di là del contenuto, ritengo poi il romanzo molto godibile. La Cummins riesce a tenere sempre alta la tensione senza però mai scivolare in esagerazioni da thriller americano, inoltre è brava a non diventare patetica sebbene racconti una storia molto triste.
Forse non è un romanzo che possiamo usare per approfondire la cultura messicana, volendo prestar fede ai critici, ma non è stato scritto a tale scopo e non dobbiamo leggerlo per questa ragione, dobbiamo bensì concentrarci sulla storia e sui sentimenti dei personaggi.
A me è piaciuta molto la scelta di costruire Javier con tratti fisici e comportamenti lontani da quelli che attribuiremmo a un narcotrafficante, è importante ricordare che i mostri non hanno l'aspetto mostruoso, anzi sanno essere colti e seducenti. Non dimentichiamo che Adolf Hitler fu un grande appassionato di arte, nonché aspirante artista.
Per concludere, considero questo romanzo la giusta miscela tra intrattenimento e contenuti di qualità.

Francesco Abate

mercoledì 27 ottobre 2021

EKATOMERE PRESENTATO AL MITREO FILM FESTIVAL

 

Con grande piacere vi annuncio che la raccolta di racconti Ekatomére. Racconti tra Decameron e pandemia (Terra Somnia Editore) sarà presentato domani sera al Mitreo Film Festival di Santa Maria Capua Vetere. Alla presentazione sarò presente anch'io per parlare del racconto con cui ho contribuito alla raccolta, La fuga.

La presentazione si terrà presso la libreria Mondadori di Santa Maria Capua Vetere a partire dalle 20:30 del 28 ottobre 2021. Oltre a me saranno presenti Paolo Miggiano, Alessia Guerriero e Nadia Verdile.
Per me sarà un bel viaggetto di un centinaio di chilometri, ma non vedo l'ora di partecipare e poter condividere con tutti voi le idee e le riflessioni che hanno generato il mio racconto. Spero che sia anche l'inizio di un nuovo ciclo di presentazioni in cui potrò parlarvi dei miei romanzi.

Appuntamento a domani sera. Non mancate!

Francesco Abate

lunedì 27 settembre 2021

IL DECORO DI DAVID LEAVITT

 

Il Decoro è un romanzo pubblicato nel 2020 dallo scrittore statunitense David Leavitt.

La storia inizia con l'elezione alla Casa Bianca di Donald Trump, evento che inquieta l'alto borghese Eva Lindquist al punto da spingerla ad acquistare una casa a Venezia, così da avere un rifugio all'estero nel caso di una svolta autoritaria del presidente appena eletto.
Intorno alla vicenda di Eva e all'acquisto della casa veneziana, si sviluppano le storie del marito Bruce e degli amici, tutti non spaventati quanto lei ma allo stesso tempo disposti ad assecondarla.

Personaggio principale del romanzo è Eva, una donna di mezza età dell'alta borghesia, appassionata di case e arredamenti. La vicenda principale nasce dal suo terrore per la salita al potere di Trump; teme una svolta autoritaria e arriva a paragonare la situazione americana a quella della Germania nazista. Per fuggire da una degenerazione degli eventi che le pare inevitabile, Eva mette tutta sé stessa nell'acquisto di una casa a Venezia, e porta avanti la trattativa nonostante la venditrice tenti palesemente di truffarla. Molto particolare è anche il rapporto di Eva con gli altri personaggi; si pone nella posizione di un'ape regina, tutto ruota intorno a lei e alle sue manie, tutti la assecondano e si guardano bene dall'indispettirla.
Ha un ruolo molto importante nel romanzo anche il marito Bruce. Si tratta di un uomo mite, che asseconda la moglie in tutto e per tutto e non trova il coraggio di affrontarne la volontà anche quando capisce che l'acquisto della casa veneziana è un cattivo affare. Bruce aiuta la sua segretaria malata di cancro, mostrandosi pieno di buoni sentimenti, ma lo fa nascondendosi dalla moglie, così come sfoga gli appetiti sessuali insoddisfatti in una relazione clandestina. Ha un carattere molto diverso da Eva, è più umano e passionale, più pratico e meno egoista, ma come tutti i personaggi del romanzo è incapace di affrontare la moglie, sceglie di esserne subalterno e fa di nascosto ciò che potrebbe contrariarla.
Gli altri personaggi a mio modo di vedere non sono particolarmente degni di nota. Sono tanti pianetini che ruotano intorno a Eva e fanno di tutto per non scontentarla, anche a costo di rovinare sé stessi, come se l'amicizia di Eva per loro valesse l'intera esistenza.

La descrizione del romanzo che ho fatto sopra è molto striminzita, eppure vi posso garantire che ho detto anche più di quanto fosse necessario.
Il Decoro è un romanzo che parte da ottime premesse per poi perdersi e non giungere a niente. Usando come spunto l'elezione di Trump, Leavitt avrebbe potuto descriverci gli effetti sociali e psicologici dell'elezione sul popolo americano, invece la politica nel romanzo entra solo con le paure esagerate di Eva e qualche critica da social network degli altri personaggi. Poteva essere un romanzo che analizza i pregi e i difetti dell'alta borghesia, o della società contemporanea, invece Leavitt si limita a intrecciare una serie di vicende vissute da un branco di marionette. Leavitt mette tante cose nel suo romanzo, poi però non approfondisce bene niente e si limita a lasciare nelle pagine degli assaggini che lasciano il lettore insoddisfatto.
Lo scrittore sceglie in questo romanzo di farci vedere persone ed eventi attraverso il punto di vista dei personaggi, infatti tanto la storia quanto i pensieri li conosciamo attraverso i dialoghi; peccato che il compito di mostrarci tanta roba lo affidi a marionette incolori e il libro sia alla fine una lunga trascrizione di chiacchiere che non portano a niente. Nel finale Leavitt cerca di salvare tutto con qualche riflessione meno superficiale, ma non fa altro che mostrare un piccolo campionario di filosofia spicciola con cui entriamo normalmente a contatto ogni giorno sui social.
Considero Il Decoro uno dei peggiori libri che abbia mai letto e per questo ve ne sconsiglio la lettura.

Francesco Abate

lunedì 20 settembre 2021

PUBBLICATA LA POESIA "SARAI LA RIVOLUZIONE"

 

Ho il piacere di annunciarvi la pubblicazione della mia poesia Sarai la Rivoluzione sul sito Spillwords.com.

Questa poesia è un inno all'autenticità, valore che diventa rivoluzione in un mondo fasullo come il nostro, dove a farla da padrona sono storie inventate e foto ritoccate.

Come sempre vi invito a leggere la poesia e a manifestare le impressioni che in voi ha suscitato in un commento a questo post.
Vi ricordo inoltre che nella pagina Le mie poesie trovate i collegamenti a tutte le poesie che ho pubblicato fino ad ora.

Buona lettura.

Francesco Abate  

venerdì 10 settembre 2021

"EKATOMERE" ALL'EVENTO "UN BORGO DI LIBRI"

 

Ho il piacere di annunciarvi che la raccolta di racconti Ekatomére. Racconti tra Decameron e pandemia sarà presentata domani sera, 11 settembre, all'evento "Decameroni contemporanei", organizzato nell'ambito della manifestazione "Un Borgo di Libri". La presentazione si terrà a Caserta, Piazza Duomo, a partire dalle ore 19.
A discutere del libro ci saranno Daniela Volpecina, giornalista de Il Mattino, Alessia Guerriero, Michele Junior Ciervo e Paolo Miggiano.
Per poter partecipare occorre cliccare sul tasto Registrati e seguire le istruzioni.

Sarà una bella occasione per rivedere il lockdown del 2020 attraverso gli occhi di 34 scrittori, analizzandone l'impatto psicologico e interrogandosi su quello che è oggi la socialità.
Sarà soprattutto una bella occasione per parlare di libri.

Francesco Abate   

martedì 7 settembre 2021

CIRCE DI MADELINE MILLER

 

Circe è un romanzo pubblicato nel 2018 dalla popolare scrittrice americana Madeline Miller in cui viene rielaborato il mito greco della dea di cui racconta Omero nell'Odissea.

Figlia del dio Elios e della ninfa Perseide, Circe è molto diversa dalle sue sorelle ninfe: meno graziosa, ma anche molto meno altezzosa. Il suo primo atto di ribellione alla divinità si consuma quando va a portare conforto al titano Prometeo, che Zeus ha condannato alla tortura per aver portato il fuoco agli esseri umani.
Crescendo Circe è sempre meno inserita nel nucleo familiare; non ama particolarmente la madre e di rimando non è particolarmente amata. Col passare del tempo scopre di avere il dono di preparare i pharmaka, delle pozioni con le erbe capaci di trasformare chi le beve. Prova prima ad aiutare un umano poi, delusa dalla trasformazione di questo che, divenuto un dio, non la degna più delle sue attenzioni, si vendica dell'altezzosa ninfa Scilla e la trasforma in un mostro. Questo nuovo atto di ribellione la porterà in futuro a nutrire grandi sensi di colpa, visto che Scilla diventa una divoratrice di uomini.
Per via del suo uso dei pharmaka, Zeus la condanna all'esilio sull'isola di Eea.
Da qui leggiamo della sua vita sull'isola, di come affina le sue doti di maga e degli incontri con altri personaggi della mitologia, tra cui quello celebre con Odisseo e quello finale con Penelope e Telemaco.

Il romanzo è dominato della figura di Circe, mostrandocela però in una luce molto diversa rispetto all'originale mito greco. La Circe della Miller non è una dèa crudele che seduce gli uomini per trasformarli in porci, ma è sensibile e vicina agli uomini, costretta però a operare questa terribile magia per difendersi e vendicarsi: li trasforma quando provano a stuprarla.
La Circe moderna di cui leggiamo in questo romanzo non cambia solo nelle ragioni che la spingono a trasformare gli uomini in porci. Sin dalle prime pagine siamo al cospetto di una divinità in conflitto con sé stessa e col mondo vuoto delle divinità, una ninfa molto più vicina agli uomini che agli dèi. Quando Zeus punisce Prometeo per aver aiutato gli uomini, è l'unica a provare pietà per lui; in seguito, per tutta la sua vita, ha rapporti sentimentali esclusivamente con uomini (Dedalo, Odisseo, ecc.), mentre Hermes è l'unico dio a cui si concede e succede in una fase iniziale del suo esilio, quando ancora non ha compreso bene sé stessa. In Circe c'è nel corso della storia una maturazione del sentimento anti-divino, infatti all'inizio prova una repulsione ma li teme, alla fine invece non esita a sfidarli.
Dopo aver partorito il figlio Telegono, concepito con Odisseo, Circe vive anche le paure e gli sfinimenti della maternità come una donna qualunque.
Gli altri personaggi del romanzo non sono altrettanto degni di nota, ruota tutto intorno a Circe. Nel delinearli la Miller fa sempre lo stesso gioco: segue il mito ma lo rielabora in chiave moderna. Tutti sono visti con gli occhi di Circe, che è la voce narrante del romanzo, quindi tutto il mito che viene citato nel romanzo viene rivisto dal punto di vista umano e svelato nella sua ipocrisia. Ecco che l'eroe Giasone diventa un egoista che si approfitta dell'innamorata Medea, mentre Odisseo da eroe astuto diventa un falso (interpretazione già comune nel mito post-omerico, ma qui viene peggiorato).

Parlando di Circe, è opportuno fare una precisazione. Normalmente noi parliamo di lei come "maga", ma all'epoca dell'Odissea tale parola non esisteva. Omero la indica come una divinità, è infatti figlia di Elios, capace di preparare i pharmaka. Circe nel mito non è quindi una maga, ma una divinità minore dotata di un potere. 
Sbagliamo perciò quando parliamo della "maga Circe", giacché il termine "mago" nacque molto dopo il suo mito e con un significato molto diverso ("maghi" in origine erano i preti persiani).

Circe di Madeline Miller è un romanzo scorrevole e di facile lettura, che permette di avvicinarsi alla sempre affascinante mitologia greca pur non essendo ferrati in materia. Attraverso gli occhi della protagonista si rivivono i passi più importanti del mito greco: Prometeo, Giasone e Medea, la nascita del Minotauro, Dedalo e Icaro, Odisseo e il suo ritorno a Itaca.
Sebbene l'argomento sia interessante, la storia diventa un po' lenta e ripetitiva nella fase che va dall'inizio dell'esilio fino all'arrivo sull'isola di Odisseo, con l'unica piacevole eccezione del viaggio a Creta. 
Con questa storia l'autrice, oltre a umanizzare un personaggio divino, opera col chiaro intento di creare una nuova eroina femminista. Col personaggio principale riesce molto bene nell'intento, infatti Circe è coraggiosa, indipendente, empatica, intelligente e anche passionale; affronta con decisione chi prova a farle del male e preferisce stare da sola piuttosto che sottomettersi a una figura maschile. Dove la Miller poteva fare meglio era coi personaggi maschili, infatti nel romanzo sono praticamente tutti negativi (marinai stupratori, Odisseo falso e bugiardo, Giasone egoista e infame, Hermes traditore, eccetera) a eccezione di Telemaco e Dedalo. Il primo alla fine si rivela essere una figura piagnucolosa e un po' passiva che accetta di vivere nell'ombra di Circe, mentre il secondo è lodato soprattutto nella sua versione di padre amorevole; quindi emerge la visione che l'uomo buono sia l'amante mansueto o il buon padre. Non credo che fosse intenzione dell'autrice veicolare un messaggio del genere, ma nel rileggere il mito senza stravolgerlo ha finito per non spezzare la coppia stereotipata maschio forte-femmina devota, ma solo per capovolgerla.
Nonostante le criticità che ho osservato sopra, ritengo Circe una buona lettura per passare il tempo e conoscere meglio il mito greco. Forse è un po' esagerato il clamore mediatico che ha suscitato, ma ha la fortuna di toccare il tema del femminismo che oggi è molto attuale.

Francesco Abate 

domenica 29 agosto 2021

ANTOLOGIA DI SPOON RIVER DI EDGAR LEE MASTERS

 

Antologia di Spoon River è una raccolta di poesie composte dallo scrittore americano Edgar Lee Masters nel 1915.
L'opera fu pubblicata in Italia solo nel 1943 grazie alla traduzione di Fernanda Pivano, che l'aveva avuta da Cesare Pavese. La Pivano, allora giovanissima, rimase colpita dalle poesie e decise di tradurle per sé, ma la sua traduzione fu scoperta da Pavese che si adoperò perché venisse pubblicata. L'opera dovette passare anche per la censura, il Governo fascista non vedeva di buon occhio le opere provenienti dagli Stati Uniti, e Fernanda Pivano fu anche incarcerata per averla tradotta.
L'antologia ebbe negli anni grande successo e una grandissima influenza su altri artisti; su tutti cito Fabrizio De André, che nel 1971 adattò e musicò alcune poesie dando vita all'album Non al denaro non all'amore né al cielo.

Antologia di Spoon River raccoglie degli epitaffi scritti in forma di poesia. Gli epitaffi sono presi dalle tombe del cimitero di Spoon River, località immaginaria il cui nome deriva dal fiume Spoon, che scorre vicino alla città in cui Masters risiedeva, Lewistown.
Le poesie sono composte in versi liberi. Ciascuna racconta una storia; l'opera infatti è molto narrativa.
La poesia che apre l'opera è La Collina, che funge da introduzione e ci mostra come le tante persone che ci parleranno "dormono, dormono, dormono sulla collina."
Ciascuna poesia porta poi il nome della persona di cui parla, è infatti l'epitaffio che sta sulla sua tomba.

Attraverso gli epitaffi, Masters ci introduce in una grande riflessione sulla vita. Ogni poesia racconta una storia dal punto di vista di chi l'ha vissuta, con riflessioni anche tra loro molto diverse. Le storie raccontate tra loro si incrociano spesso, quindi è possibile vedere una vicenda da differenti punti di vista. Non ci sono buoni e cattivi, santi e diavoli, ma persone con i loro pregi e i loro difetti che hanno compiuto delle azioni, finendo a volte per pentirsene e altre per esserne felici. Con questa antologia Masters non vuole dare insegnamenti o sentenze, mostra semplicemente la vita da tutte le angolazioni possibili.
Oltre ai momenti toccanti, come il malato di cuore la cui anima vola via mentre bacia con l'anima sulle labbra la sua Mary, ci sono numerose riflessioni sulla vita assolutamente degne di nota. Parlando dell'avidità, attraverso l'epitaffio Schroeder il pescatore si chiede "e dico se c'è qualcosa nell'uomo - spirito, coscienza, / o alito divino che lo rende diverso dai pesci e dai porci, / vorrei vederlo all'opera!", mentre Lucinda Matlock chiude il suo dicendoci che la vita può amarla solo chi la vive davvero ("ci vuole vita per amare la vita"). Non mancano anche riflessioni di natura religiosa, come quella di Judson Stoddard che, dopo aver paragonato le preghiere alle montagne, si chiede: "Che ne fa Dio delle montagne che s'innalzano quasi al cielo?"
Non mancano figure straordinarie come quella di Jones il violinista, il quale passa la vita intera a suonare il violino alle feste, trascura completamente il lavoro, e muore con "una risata rauca, e mille ricordi, e neppure un rimpianto".

Antologia di Spoon River è un'opera grandissima e ne consiglio la lettura anche a chi non ama particolarmente la poesia.
Masters scrive epitaffi, quindi racconta di morti, ma riesce a non cadere mai nel patetico. Ha inoltre l'abilità di raccontare tante storie diverse con la voce dei suoi protagonisti, quindi senza dare nei versi un giudizio morale, così anche chi normalmente noi etichetteremmo come malvagio può esprimere il proprio punto di vista e mostrarci perché secondo lui ciò che ha fatto è stato buono. Tutto è mostrato senza censure e da ogni cosa è rimossa l'etichetta di buono o cattivo, perché la realtà è molto più complessa e non si può racchiudere in questi due concetti. Questa liberazione dalla dicotomia "buono/cattivo" permette a Jones, che di norma sarebbe bollato come fannullone, di morire senza rimpianti come normalmente in letteratura succede agli eroi.
Leggere l'Antologia di Spoon River permette al lettore di calarsi nel mondo e viverlo da mille prospettive diverse, gli fa capire che in molti fatti della vita non c'è un colpevole e un innocente, ma ci sono semplicemente due modi di agire in contrasto tra loro, o due modi diversi di interpretare la vita. 
Nel mondo superficiale di oggi, dove appioppiamo etichette a ogni cosa e non ci sforziamo di cogliere l'essenza di ciò che ci circonda, fare un viaggio in queste vite può servirci ad aprire la mente, ad essere meno giudici e più osservatori.
Di questo libro è molto importante conoscere anche la storia della pubblicazione in Italia. Se Fernanda Pivano, allora una ragazza, non se ne fosse innamorata e non avesse trasformato il suo amore in un'opera concreta, la traduzione, oggi forse non conosceremmo un'opera straordinaria. Questa storia ci insegna come la letteratura e l'arte si giovino della passione del pubblico, non solo del genio degli artisti, e ci fa vedere quanto può essere importante l'azione dell'intellettuale per la promozione e la diffusione della cultura. Non dobbiamo solo leggere i libri, o guardare i quadri, o ascoltare le canzoni, ma dobbiamo amare tutto ciò che è arte e il nostro amore trasformarlo in concrete opere di divulgazione.

Francesco Abate

martedì 3 agosto 2021

NOTRE-DAME DE PARIS DI VICTOR HUGO

 

Notre-Dame de Paris è il primo romanzo scritto dallo scrittore francese Victor Hugo. Pubblicato nel 1831 col titolo di Notre-Dame de Paris. 1482, è un romanzo storico ambientato nella Parigi dell'anno 1482.
Il titolo richiama la celebre cattedrale parigina di Notre Dame, di recente devastata da un incendio, ed è una celebrazione di questa grande chiesa.
La trama avvincente e la grandezza dei personaggi delineati da Hugo (su tutti spiccano il gobbo Quasimodo e la gitana Esmeralda) hanno fatto sì che il cinema e il teatro attingessero dall'opera a piene mani; non si contano i film, i musical, i balletti e gli spettacoli scritti ispirandosi a questo romanzo. Su tutti voglio citare il musical francese omonimo scritto da Luc Plamondon e composto da Riccardo Cocciante, andato in scena per la prima volta nel 1998.

Al centro delle tante e complesse vicende narrate dal romanzo c'è la perversa ossessione di Claude Frollo, arcidiacono di Notre Dame, per la bellissima gitana Esmeralda. L'arcidiacono prova a farla rapire dal gobbo Quasimodo, di cui si prende cura da quando lo trovò abbandonato in fasce. Esmeralda viene salvata dal capitano degli arcieri reali Phoebus, di cui si innamora.
Del rapimento viene accusato il solo Quasimodo, che è visto come un demonio a causa delle sue spaventose deformità. Il povero gobbo viene torturato e messo alla gogna; mentre tutta la folla lo deride e lo tratta da mostro, sopraggiunge Esmeralda, che ha pietà di lui e gli porta da bere.
Phoebus decide di approfittare dell'innamoramento di Esmeralda per vivere con lei una notte di passione. Stesso da lui viene a sapere dell'incontro l'arcidiacono, che lo convince a lasciarlo assistere di nascosto. Nella locanda, Phoebus si incontra con Esmeralda e di nascosto l'arcidiacono assiste alla scena. La gelosia esplode nel cuore di Claude Frollo che, prima che i due amanti riescano a unirsi carnalmente, fa irruzione nella camera e pugnala il militare.
La versione del tentato omicidio che circola tra la gente è che Phoebus sia stato pugnalato da un monaco nero. Credendo che si tratti di una maledizione, le autorità danno la colpa alla gitana, che viene processata e torturata finché non confessa. Esmeralda viene così condannata a morte ma Quasimodo, memore della pietà che ebbe per lui, la prende e la porta nella cattedrale di Notre Dame, dove anche ai condannati a morte era concesso diritto d'asilo.
Purtroppo per Esmeralda, il parlamento decide di negarle l'asilo e comanda alle autorità di entrare nella cattedrale, prenderla ed eseguire la condanna a morte. Saputa la notizia, gli zingari della Corte dei Miracoli decidono di assaltare la cattedrale e liberare Esmeralda per salvarla; il loro assalto viene però respinto prima da Quasimodo, che crede vogliano farle del male, poi dalle autorità, sopraggiunte per reprimere quella che credono una rivolta e recuperare la condannata. 
Esmeralda riesce a fuggire da Notre Dame prima dell'arrivo delle autorità grazie a Quasimodo e l'arcidiacono, ma quest'ultimo la tradisce quando viene respinto per l'ennesima volta. La gitana fa appena in tempo a ritrovare la madre a cui era stata strappata da piccola, poi arrivano le autorità e la impiccano, nonostante la mamma faccia di tutto per difenderla (e muoia dal dolore quando gliela strappano via).
Quasimodo dalla cima di Notre Dame assiste sconsolato alla morte dell'amata Esmeralda. Si accorge di come invece l'arcidiacono suo benefattore guardi con malvagia soddisfazione lo spettacolo, capisce che è stato lui a tradirla e lo butta giù, uccidendolo.
In genere la trama non la riporto così dettagliatamente per non privare il lettore del piacere della sorpresa, ma in questo caso ho fatto un'eccezione perché il finale serve a comprendere meglio i personaggi e il significato dell'opera.

Notre-Dame de Paris racconta una storia che ne contiene tante, quindi è ricchissimo di personaggi significativi e ben delineati. Io ovviamente mi limiterò a parlare dei più importanti.
Molti individuano come assoluto protagonista dell'opera Quasimodo, altri sottolineano maggiormente la figura di Esmeralda; io credo che entrambi siano il centro della vicenda e che vadano necessariamente considerati insieme. Le vite intere del gobbo e della gitana sono intrecciate dall'inizio alla fine, nonostante entrambi ne siano inconsapevoli: la piccola Agnes, vero nome di Esmeralda, viene strappata alla madre, a cui gli zingari fanno credere di averla usata in un sacrificio e le appioppano un piccolo sgorbio deforme che lei poi abbandona, cioè Quasimodo. Il gobbo viene adottato dall'arcidiacono Claude Frollo, diventa suo benefattore l'uomo che con la sua ossessione conduce alla rovina Esmeralda, e il primo incontro tra il gobbo e la gitana avviene proprio a causa dell'arcidiacono. Quasimodo prima asseconda il suo benefattore e si pone come antagonista di Esmeralda, cercando di rapirla, e favorendo così l'incontro con Phoebus, poi diventa suo protettore. Alla fine Quasimodo diventa il vendicatore di Esmeralda, uccide infatti Claude Frollo dopo averne capito la malvagità, e si congiunge a lei nella tomba. Scrive infatti Hugo nell'ultimo capitolo, che intitola in modo beffardamente triste Matrimonio di Quasimodo, che quando andarono a scavare dove era sotterrata Esmeralda, al suo scheletro ne trovarono abbracciato uno d'uomo con evidenti deformità, e questo scheletro (che era di Quasimodo) andò in polvere non appena provarono a staccarlo.
Quasimodo è un uomo buono, ma viene sempre respinto dalla gente ed è costretto a vivere internato dentro la cattedrale, quindi capisce poco quello che gli succede intorno e spesso pur volendo sistemare una situazione finisce per peggiorarla. Ha una devozione infinita per l'arcidiacono Claude Frollo, l'unico che ebbe pietà di lui e lo raccolse in fasce, l'unico che lo tratta come un essere umano. Solo alla fine, quando Esmeralda è morta, capisce come il suo benefattore sia un assassino. Ama Esmeralda, ma è pienamente consapevole della propria mostruosità, quindi la aiuta tenendosi sempre un po' da parte, e osa abbracciarla da uomo innamorato solo nella tomba.
Esmeralda è la bellissima gitana che attrae tutti con la propria avvenenza. Nonostante viva in un ambiente considerato moralmente poco virtuoso, è una ragazza di sani principi e non si concede ad uomo alcuno, perché le fu predetto che solo conservando la verginità avrebbe ritrovato i genitori. Esmeralda in realtà si chiamava Agnes e fu rubata dagli zingari alla madre, la prostituta Paquette Guybetraut, che era ancora bambina. La sua virtù vacilla solo di fronte a Phoebus ed è questo piccolo inciampo a perderla: durante un incontro clandestino con l'uomo si svolge l'aggressione di cui viene accusata, e per chiamare in suo aiuto l'uomo che ama (che lei ritiene virtuoso ed è quindi sicura che non la lascerà morire) si fa scoprire dai soldati che dopo la impiccano. La sua esistenza scorre tutto sommato tranquilla finché a funestarla non giunge l'ossessione dell'arcidiacono, che la perseguita e alla fine, non potendola avere, la fa uccidere. 
Claude Frollo, arcidiacono di Notre Dame, è un uomo retto e molto colto, dedito agli studi e alla cura del fratello scapestrato, oltre che di Quasimodo. Si tratta quindi di un brav'uomo, ma la visione di Esmeralda insinua in lui il desiderio, un'ossessione malata che lentamente lo conquista e lo devia, trasformandolo in un demonio senza pietà. Per la gitana non esita ad assalire Phoebus, e solo per caso non lo uccide, e alla fine decide che se non può essere sua non deve essere di nessuno, quindi la fa uccidere. Pur di assecondare la sua lussuria, non esita a servirsi anche dell'ingenuo Quasimodo.
Phoebus è un donnaiolo che agisce per sé stesso senza minimamente preoccuparsi dei sentimenti di chi ha accanto, in lui non c'è un briciolo d'amore. Approfitta dell'innamoramento della povera Esmeralda e prova a farla sua, poi non muove un dito per aiutarla quando questa viene ingiustamente accusata e impiccata. Lei spera in lui e nel suo amore fino all'ultimo respiro, lui invece si butta subito tra le braccia della ricca fidanzata.

Notre-Dame de Paris è un romanzo ricco di storie e personaggi, quindi è allo stesso modo pregno di contenuti.
Il romanzo nasce come celebrazione della cattedrale, e in generale della Parigi del 1482; Hugo descrive entrambe molto accuratamente. Nel descrivere le costruzioni, lo scrittore si abbandona ad importanti riflessioni sull'arte e l'architettura. La sua idea è che le opere antiche (già ai suoi tempi) fossero trascurate e nel romanzo critica aspramente la manìa degli architetti suoi contemporanei di distruggere le opere antiche nel momento in cui decidevano di rinnovarle. Hugo prende nettamente posizione a favore dell'arte medievale, che era un racconto della storia e della cultura dei popoli, contro quella moderna.
Durante il romanzo, Hugo riflette sul passaggio di testimone tra l'architettura e la letteratura. Prima dell'invenzione della stampa era l'architettura la narratrice principale della storia e della cultura dei popoli, perché resisteva nei secoli e poteva far sopravvivere i messaggi; dopo la stampa i libri hanno acquisito la possibilità di durare nel tempo quanto e più delle opere artistiche, quindi alla letteratura è passato il ruolo di narratrice. L'effetto del passaggio di testimone, dice Hugo, è un impoverimento dell'architettura, che ha smesso di narrare ed è diventata una semplice (e non sempre bella) espressione di forme, con rare esplosioni di genio.
Oltre alle riflessioni sul ruolo storico e culturale dell'architettura, il romanzo è una grande opera che ci parla del pregiudizio. Quasimodo ci mostra come il giudizio estetico influenzi la nostra opinione sulle persone: tutti lo giudicano un mostro, tutti lo accusano di un rapimento senza approfondire eventuali complicità, lo giudicano cattivo e non hanno pietà di lui, la stessa Esmeralda non riesce a guardarlo nonostante le abbia salvato la vita, e tutto ciò solo perché è brutto. Il pregiudizio lo vediamo anche contro la povera gitana, la quale viene considerata capace di oscure magie per via della propria etnia, e si ritrova condannata a morte nonostante abbia subito ogni sorta di oltraggio dall'arcidiacono.

Notre-Dame de Paris è un romanzo che resta sempre attuale grazie alle mille trasposizioni teatrali e cinematografiche che ha ispirato.
Si tratta di un'opera che non smetterà mai di piacere, ha infatti una trama avvincente e fino all'ultimo lascia sperare nel lieto fine che poi non arriva. A mio modesto parere, una delle ragioni della sua grandezza è proprio il finale tragico. Hugo non ha ceduto alla tentazione del lieto fine e non c'è l'azione di una Provvidenza benevola che sistema tutto quando ormai sembra perduto; alla fine a spuntarla sono i pregiudizi della gente, la superficialità di chi ha il potere e la malvagità di chi può nascondersi dietro una maschera di rispettabilità. Il finale rende il romanzo più realistico, coglie di sorpresa il lettore, oggi troppo avvezzo a smielati finali romantici, e potenzia il messaggio, perché spinge le conseguenze del male fino all'estremo. 
La storia raccontata in questo romanzo è anche tristemente attuale. Hugo ci racconta di un uomo isolato, malvisto e maltrattato per via del suo aspetto fisico sgradevole; nella nostra società dell'apparire, dove puoi essere perseguitato per qualche chilo di troppo o per una semplice insicurezza, siamo circondati da tante persone che trasformiamo in Quasimodo, a cui quindi roviniamo l'esistenza. Parliamo poi di Esmeralda, una bella ragazza discriminata per l'estrazione sociale e usata dagli uomini senza il minimo riguardo; non siamo martellati oggi da storie di ragazzi e ragazze discriminati per motivi razziali o per altre cosiddette "diversità"? non sono all'ordine del giorno vicende di donne ingannate da uomini senza scrupoli, usate come oggetti, oppure uccise perché hanno osato esprimere i propri sentimenti?
Mi fa male dirlo, ma oggi siamo circondati da Quasimodo ed Esmeralda, e siamo noi a renderli tali coi nostri pregiudizi e le nostre azioni. Siamo tutti Claude Frollo o Phoebus, spesso senza nemmeno accorgercene. Hugo scrive questo romanzo nel 1831, lo ambienta nel 1482, ma racconta una storia che si svolge sempre e ovunque. Non sottovalutiamo quindi il finale, la morte di Esmeralda, perché Hugo ci fa vedere come i nostri preconcetti, la nostra cattiveria e la nostra ignoranza possano uccidere le persone. 
Per questo motivo, oltre che per la straordinaria bellezza del romanzo, io lo ritengo una lettura fondamentale. Ve lo consiglio vivamente. 

Francesco Abate

martedì 13 luglio 2021

ORLANDO FURIOSO DI LUDOVICO ARIOSTO RACCONTATO DA ITALO CALVINO

 

Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori,
le cortesie, l'audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l'ire e i giovenil furori
d'Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.
Questo è uno degli incipit più importanti della letteratura italiana, scritto da Ludovico Ariosto nel suo Orlando furioso.
L'opera di Ariosto ha avuto per secoli un notevole impatto nella cultura del nostro paese, basti pensare che i famosi pupi siciliani ancora oggi raccontano vicende tratte dal poema. Innamorato di un'opera così importante, Italo Calvino nel 1970 ci ha regalato una guida alla lettura intitolata Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino.
L'intento dello scrittore in quest'opera non è tanto quello di insegnarcela, egli si sforza in realtà di avvicinarla al lettore del Novecento così da fargli riscoprire il poema ariostesco. Calvino alterna estratti dei canti al suo commento, lasciandoci godere della bellezza dei versi sottolineando allo stesso tempo le caratteristiche di Ariosto che più gli interessano: l'ironia e la fantasia. Il linguaggio che usa l'autore è molto lontano da quello che di solito troviamo nei commenti dei classici, è leggero e spesso accompagna ironicamente la spiegazione delle vicende, creando così un interessante punto d'incontro tra l'autore dell'opera antica (Ariosto) e quello dell'opera moderna (Calvino).

Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino è un libro che consiglio a tutti quelli che vogliono riscoprire il poema pur avendo dimenticato le nozioni scolastiche sull'Orlando furioso
In modo leggero e divertente, Calvino ci permette di entrare nello spirito del poema e ci fa capire perché a distanza di tanti secoli vale ancora la pena leggerlo. Una buona preparazione in vista di una lettura diretta del capolavoro ariostesco.

Francesco Abate

domenica 4 luglio 2021

I FRATELLI KARAMAZOV DI FEDOR DOSTOEVSKIJ

 

I fratelli Karamazov è considerato il più importante romanzo dello scrittore russo Fedor Dostoevskij e uno dei più importanti dell'intera letteratura mondiale. Fu pubblicato per la prima volta a puntate su Il messaggero russo tra il 1879 e il 1880, pochi mesi prima che l'autore morisse.

Volendo riassumere brevemente la trama, posso dire che I fratelli Karamazov racconta di un parricidio. Fedor Pavlovic è un uomo privo di morale e senza amore per nessuno, ha tre figli legittimi avuti da due mogli diverse più uno illegittimo avuto da una donna non nel pieno delle proprie facoltà mentali. Dei tre figli legittimi non si preoccupa, mentre presta più attenzione a quello illegittimo, che tiene in casa come servo.
Fedor Pavlovic entra in urto col suo primogenito, Dmitri, per via di Agrafena Aleksandrovna, che entrambi desiderano. Dmitri ritiene che il padre gli debba del denaro e questa circostanza, unita alla rivalità in amore, lo porta spesso a dichiarare in pubblico di volerlo uccidere. Per sua sfortuna il padre viene ucciso davvero e per questo delitto proprio lui viene condannato, mentre a commettere il fatto in realtà è stato Smerdjakov, il fratellastro tenuto come servo.
Questo è un riassunto molto sintetico della trama e riporta solo la vicenda principale, perché il romanzo si ramifica e ci mostra le vicissitudini dei vari protagonisti. Non mi sono neanche preoccupato di nascondere l'identità del vero assassino, perché il colpevole del delitto posso assicurarvi è una delle cose meno importanti di quest'opera immensa.

Come tutti i romanzi di Dostoevskij, I fratelli Karamazov è un viaggio nelle profondità più aspre e oscure dell'animo umano. Fondamentale è il processo finale contro Dmitri per l'uccisione del padre, che attraverso le arringhe del procuratore e dell'avvocato diventa un vero e proprio dibattito sulla condizione umana. Il procuratore indica il parricidio come la manifestazione di un profondo malessere sociale, causato dal dilagare dell'ateismo e del nichilismo, la difesa invece incolpa la cattiva educazione delle nuove generazioni; se per l'accusa la mancanza di un ordine morale porta all'uccisione del padre, per la difesa è la cattiva condotta del padre ad armare la mano del figlio. 
Il discorso sull'educazione non è secondario nell'opera e non si limita solo al processo. In tutto il romanzo, Dostoevskij ci pone davanti a padri e madri snaturate, a figli che crescono da soli e spesso entrano in urto con i genitori. La famiglia Karamazov rappresenta solo il caso analizzato più in profondità, con due madri che per ragioni diverse hanno abbandonato i figli, un padre che non li considera e addirittura contende l'amante a uno di loro. Aleksej Karamazov nel discorso finale fatto a un gruppo di bambini dopo la tragica scomparsa di un loro amichetto, il cui padre era stato gravemente offeso da Dmitri, sottolinea l'importanza di una buona infanzia, arrivando ad affermare come conservare un qualche ricordo meraviglioso dell'infanzia rappresenti la migliore educazione. Attraverso questo romanzo perciò Dostoevskij ci mostra i danni prodotti alla società e agli uomini dai cattivi genitori e sottolinea la grande importanza che l'infanzia ha nella vita futura dell'individuo.
Anche la religione è profondamente analizzata nel romanzo. Attraverso Aleksej osserviamo la vera fede, quella pura che si manifesta in tutti i pensieri e in tutte le attività. L'autore però non manca di analizzare nei suoi pregi e nei suoi difetti anche la religiosità popolare, per farlo si serve dello starec Zosima. Lo starec attraverso le sue parole e la sua vita da asceta mostra un'immagine pura e profonda della fede religiosa, mentre l'attesa di un miracolo che anima i fedeli dopo la sua morte e le reazioni deluse successive mostrano quella religiosità che tende a sconfinare nella superstizione. Lo stesso Aleksej, che allo starec era molto affezionato, rimane malissimo quando il corpo di questi inizia a guastarsi come quello di un mortale qualunque e pare addirittura sul punto di perdere la fede, salvo poi tornare sulla retta via.
Non meno importante nel romanzo è l'analisi della società russa del diciannovesimo secolo. Dostoevskij ci mostra persone perlopiù prive di valori morali, alcuni pronti a distruggere tutto pur di assecondare le proprie passioni, altri bravi a salvare le apparenze ma sempre discutibili nella sostanza.

I personaggi del romanzo sono tantissimi e ciascuno a suo modo rappresenta qualcosa, ma quelli più importanti da analizzare, perché in sé racchiudono l'essenza dell'intera opera, sono i membri della famiglia Karamazov.
Fedor Pavlovic è un uomo senza dignità e privo di morale, preoccupato solo di assecondare le proprie voglie e senza amore per nessuno. Ha quattro figli da tre donne diverse, di cui una dalla mente malata. Come fosse un appestato, rovina nel corpo o nella mente chiunque abbia con lui un rapporto sentimentale (solo Aleksej si salva): le due mogli si rovinano, l'amante di una notte muore dando alla luce il suo figlio illegittimo, il figlio primogenito finisce in carcere mentre il secondo muore in preda all'isteria. 
Dmitri è il figlio primogenito di Fedor Pavlovic, l'unico avuto dalla prima moglie. Odia ardentemente il padre perché convinto di essere in credito nei suoi confronti, l'odio viene poi acuito dalla passione comune per Agrafena Aleksandrovna. Minaccia in pubblico più volte di voler uccidere il padre e per via di queste parole si ritrova ingiustamente condannato quando questi viene davvero ucciso. E' un uomo schiavo delle passioni, possiede un senso dell'onore che soccombe facilmente quando un fuoco gli si accende dentro. 
Ivan è il secondogenito. In apparenza è quello meno astioso nei confronti del padre, addirittura riesce a stargli vicino senza entrare in urto con lui, ma in cuor suo desidera che questi venga ucciso. Ateo e profondamente legato alla razionalità, la sua mente cede a una forma di isteria accompagnata dalla visione del diavolo. Si convince di essere stato il mandante morale dell'omicidio del padre, perché Smerdjakov uccide sapendo di fare un favore a lui che troppo gli aveva detto in un momento di confidenza. 
Aleksej è il terzogenito, il più diverso dal padre e per questo l'unico che si salva dalla rovina che accompagna i Karamazov. E' un uomo molto devoto, ama entrambi i fratelli e resta vicino a entrambi quando cadono in disgrazia. E' l'esatto opposto dei suoi familiari: altruista e amorevole, al contrario di Fedor Pavlovic; capace di resistere alle passioni, in opposizione a Dmitri; pieno di vera fede in Dio, diversamente da Ivan. Viene rispettato da tutti e per questo diventa parte attiva di tutti gli eventi narrati nel romanzo.
Smerdjakov è il figlio illegittimo di Fedor Pavlovic, che lo ha avuto da una donna inferma di mente che muore nel darlo alla luce. E' molto scaltro, opportunista e privo di scrupoli: il padre lo tiene come servo e i fratellastri lo trattano con disprezzo, lui finge di accettarlo e recita la parte del sottomesso, quando però ha l'occasione si prende il centro della scena uccidendo Fedor Pavlovic e lasciando che la colpa cada su Dmitri. Mette al corrente del suo ruolo nell'omicidio solo Ivan, consapevole che questi non avrà alcun modo per scagionare il fratello. Smerdjakov si può considerare il simbolo degli scarti della società che provano a riscattarsi compiendo azioni crudeli.

Tutte le opere di Dostoevskij sono un viaggio nei lati più bui dell'animo umano, I fratelli Karamazov non fa eccezione. In questo romanzo lo scrittore russo analizza le storture generate nel cuore delle persone da una cattiva educazione e da genitori inadeguati, da questo tema principale getta lo sguardo sull'intera società e sulle sue tante sfaccettature; è straordinario come l'autore usi il processo contro un singolo imputato come pretesto per un confronto tra l'influsso di nuove ideologie e le conseguenze della cattiva educazione.
Il romanzo è molto complesso e per questo richiede un po' di impegno per la lettura, soprattutto nelle parti dedicate allo starec Zosima, che possono mettere a dura prova chi non è interessato alle questioni di fede. Vale comunque fare uno sforzo, perché comprendere bene cosa sia la fede in questo romanzo ci permette di conoscere meglio il personaggio di Aleksej.
I grandi libri hanno il pregio di lasciarci qualcosa, questo romanzo a me ha lasciato tantissimo. Il dibattito circa le cause della corruzione della società è sempre attuale e Dostoevskij si mostra straordinariamente moderno non gettando la croce sui soliti capri espiatori, le nuove ideologie, ma mettendo sotto accusa l'educazione; se imparassimo anche noi a fare così, forse riusciremmo a produrre il mondo migliore di cui ci piace tanto parlare. Il romanzo inoltre ci ricorda come sia bene non spargere minacce gratuite ai quattro venti, anche quando siamo in preda alla rabbia, queste infatti potrebbero ritorcersi contro di noi in situazioni future: è sempre importante misurare bene le parole.
Questo è considerato uno dei più grandi romanzi della letteratura mondiale e io credo che debba essere necessariamente letto da chiunque ami la letteratura non fine a sé stessa, quella che ti lascia dei contenuti.

Francesco Abate