domenica 30 agosto 2020

PUBBLICATA "ZANZARA"

 

Sono felice di informarvi che è stata pubblicata la mia ultima poesia sul sito Spillwords.com. Il titolo dell'opera è Zanzara.

In questa poesia molto breve, ho voluto usare la zanzara come metafora per parlare in realtà delle persone che attraversano la nostra vita e ci rubano tempo, sentimenti o semplici energie; queste persone fanno tante conoscenze, tante esperienze, e magari da tutto ciò traggono dei vantaggi materiali, ma a livello sentimentale e umano non ottengono nulla. 
Nella poesia io paragono questi ladri di vita alle zanzare, che sono piene di sangue ma non ne hanno neanche una goccia di proprio, e non ne hanno nel cuore (gli insetti non hanno il sangue come i mammiferi, ma l'emolinfa che svolge funzioni analoghe).

Vi ricordo che nella pagina Le mie poesie troverete tutte le poesie che ho pubblicato fino ad ora.

Prima di lasciarvi, voglio segnalarvi la bella iniziativa della scrittrice Francesca A. Vanni sul suo blog "Fra i miei libri": ha pubblicato un post molto bello in cui ha associato la mia poesia Il canto di Bacco a un video della canzone Non Dormire Più di Mango. 
Vi consiglio di dare un'occhiata al post e in generale al suo blog, dove troverete un sacco di contenuti interessanti.

Grazie e buona lettura.

Francesco Abate

martedì 18 agosto 2020

RECENSIONE DEL ROMANZO "ULISSE" DI JAMES JOYCE

 

Considerata l'opera più importante dello scrittore irlandese James Joyce, Ulisse è per molti addirittura uno dei più grandi romanzi della storia della letteratura.
Il romanzo opera un'originale sovrapposizione tra le vicende quotidiane di persone ordinarie e l'odissea dell'eroe omerico Ulisse, mostrando così il viaggio che ogni uomo percorre dentro sé stesso.

L'Ulisse narra le vicende di Leopold Bloom e Stephen Dedalus, si svolge tutto durante il giorno 16 giugno 1904 nella città di Dublino.
Entrambi i personaggi nel corso della storia decidono di cambiare vita. Stephen va via da casa deciso a non tornarvi più, così da non dover più subire la sgradevole compagnia dei due coinquilini, e dopo una mattinata passata nella scuola dove insegna decide di non tornare più neanche lì.
Leopold Bloom è invece tormentato dai tradimenti della moglie Molly. Sa di essere tradito ma non ha mai avuto il coraggio di affrontarla.
La giornata passa attraverso eventi insignificanti, in cui l'autore ci immerge nei ragionamenti e nelle decisioni prese dai personaggi, fino all'incontro casuale tra Leopold e Stephen e al monologo finale di Molly.

La caratteristica principale di questo romanzo è la sovrapposizione tra le storie di due uomini ordinari, Stephen Dedalus e Leopold Bloom, e la vicenda narrata da Omero nell'Odissea. Ognuno dei protagonisti è una trasposizione moderna di un eroe omerico. 
Originariamente Joyce diede a ciascun capitolo del romanzo un nome in grado di riportare al relativo passaggio del poema omerico, così da sottolineare la similitudine tra la vicenda umana del protagonista e quella epica del suo omologo; successivamente però decise di non farlo e lasciò i capitoli senza titolo, anche se molti commenti dell'opera li utilizzano per facilitarne la comprensione.
Il protagonista assoluto, l'Ulisse del romanzo, è Leopold Bloom. Nel romanzo lo conosciamo mentre va via dalla casa dove viene tenuto sotto scacco dalla moglie, così come l'Odissea inizia con la partenza di Ulisse dall'isola dove Calipso lo tiene prigioniero. Si tratta di un uomo il cui difetto principale è la passività, infatti non affronta la moglie e subisce in silenzio il suo tradimento; a sua volta prova a tradirla ma riesce a intrattenere solo una relazione epistolare. Non viene tenuto in gran considerazione dalle persone che lo conoscono e non mostra particolari qualità. Il suo viaggio interiore lo porta alla fine a una riconciliazione con la moglie, così come il viaggio di Ulisse nell'Odissea lo riporta da Penelope, e gli permette di conoscere il giovane Stephen e di diventare per lui una sorta di padre spirituale.
L'altro protagonista è Stephen, che può essere associato a Telemaco. Lo conosciamo all'inizio del romanzo mentre vive in balìa di un amico scroccone, così come Telemaco doveva subire la sgradita compagnia dei Proci. Il suo viaggio interiore lo porta a conoscere Leopold, il quale diventa per lui una sorta di guida, un padre spirituale, simboleggiando così il ricongiungimento tra Telemaco e Ulisse nella parte finale dell'Odissea.
Personaggio di rilievo è anche la moglie di Leopold, Molly. A un suo monologo è dedicato l'intero ultimo capitolo e attraverso il suo flusso di pensieri viene disegnata agli occhi del lettore, visto che di lei fino al momento Joyce ha dato solo qualche breve accenno nel quarto capitolo. Soffre per il carattere indeciso del marito e per questo lo tradisce col suo impresario, anche se medita di abbandonare quest'ultimo per trovare un altro amante. Alla fine trova però dentro di sé il ricordo del primo incontro amoroso col marito Leopold e decide di essergli finalmente fedele. Spiritualmente così avviene il ricongiungimento tra marito e moglie, così come per Ulisse e Penelope.

La caratteristica principale dell'Ulisse è di certo la sua originalità. Joyce costruisce un romanzo moderno perfettamente sovrapponibile a un capolavoro dell'epica antica, porta il viaggio dal mondo di fuori a quello di dentro, lo fa svolgere nell'anima dei protagonisti.
Per riuscire a mostrarci il viaggio interiore dei protagonisti, l'autore ci fa entrare nella loro mente e mostra ogni brandello di pensiero, anche il più insulso. Per questa ragione si avvale della tecnica del "flusso di pensieri", con periodi spesso anche molto lunghi formati dai pensieri esposti così come vengono pensati, col disordine e l'incompletezza tipici delle menti che viaggiano a briglia sciolta tra l'immaginazione e il ragionamento. Con questa tecnica noi non sappiamo cosa pensa il personaggio, lo sentiamo pensare.

Parlando di questo romanzo è necessario spendere due parole sull'impatto che ebbe, e che ha ancora oggi, sulla cultura irlandese. A distanza di quasi un secolo dalla sua pubblicazione nel 1922, a Dublino ogni 16 giugno si festeggia il Bloomsday, commemorazione il cui nome deriva dal cognome del protagonista, in cui si svolgono varie attività culturali e appassionati con vestiti dell'epoca percorrono il tragitto percorso da Leopold Bloom nel romanzo.
Il legame così forte degli abitanti di Dublino con l'opera è prima di tutto riconducibile al fatto che Joyce sia un orgoglio per l'intera Irlanda, è infatti riuscito a influenzare l'intero mondo culturale con le sue opere. Bisogna poi considerare che nell'Ulisse non mancano riferimenti alla travagliata storia irlandese e alle pesanti ingerenze subite ad opera dell'Inghilterra; uno di questi riferimenti si trova proprio all'inizio dell'opera, quando troviamo Stephen Dedalus costretto alla sgradevole compagnia dello scroccone Buck Mulligan e di un inglese.

L'Ulisse di James Joyce è considerato uno dei più grandi romanzi della storia. A qualcuno suonerà blasfemo perciò quello che sto per dire: a me non piace per niente.
La letteratura è arte e per me "arte" è ciò che trasmette dei contenuti importanti (idee, sensazioni, nozioni, ecc.) attraverso il bello. Nell'Ulisse di contenuti ce ne sono in quantità industriale, forse dentro c'è l'intera umanità, ma a mio modo di vedere manca completamente il bello. 
La continua trasposizione dei pensieri nel loro flusso disordinato rende la lettura sgradevole e difficile, con tanti salti dove spesso non si riesce a mantenere il filo logico. Aggiungete a questo che Joyce in alcuni passaggi conia dei neologismi, che piazza ovunque citazioni, che spesso richiama eventi storici a noi poco noti, e potete immaginare come certi periodi siano davvero impossibili da capire senza una guida. 
Il romanzo non ha una trama perché, esclusi i lunghi ragionamenti e i moti dell'animo, non succede quasi niente di rilevante e questa mancanza di attesa degli eventi rende ancora più pesante la lettura, invitando il lettore all'abbandono.
Joyce si dimostra grandissimo, riesce infatti a variare continuamente stili di scrittura e mette nelle pagine un'arte che difficilmente si trova nei libri, ma a mio parere esagera e finisce per creare un romanzo ottimo da studiare, ma non da leggere. 
Ulisse fu concepito inizialmente da Joyce come racconto da inserire in Gente di Dublino; a mio parere forse svilupparlo come racconto con lo stile degli altri presenti nella raccolta lo avrebbe un po' impoverito di contenuti, ma l'avrebbe reso molto più leggibile, quindi capace di veicolare al meglio il suo messaggio.
Anche dopo aver letto quello che tutti considerano il suo capolavoro, per me il miglior prodotto di James Joyce resta il racconto I morti.

Francesco Abate 

mercoledì 12 agosto 2020

COMMENTO AL CANTO "A UN VINCITORE NEL PALLONE" DI GIACOMO LEOPARDI

 

Di gloria il viso e la gioconda voce,
garzon bennato, apprendi,
e quanto al femminile ozio sovrasti
la sudata virtude...
Finito di comporre il 30 novembre 1821 a Recanati, A un vincitore nel pallone è un canto in cui Leopardi mostra grande lungimiranza e usa un eroe sportivo dei suoi tempi come esempio per risvegliare la coscienza civile e l'eroismo degli italiani.

Il canto si compone di cinque strofe da tredici versi ciascuno. Tutte le strofe hanno uno schema unico.

A un vincitore nel pallone è dedicato a Carlo Didimi, a cui Leopardi si rivolge ma che non nomina mai direttamente, uno dei più grandi giocatori di pallone col bracciale di sempre che fu anche patriota e carbonaro. Didimi per Leopardi è un esempio sotto tutti i punti di vista: forte nel fisico e patriota.
In questo canto lo sportivo diventa simbolo di un eroismo che il poeta non vede più negli uomini del suo tempo; la competizione sportiva è innalzata al rango di battaglia, infatti nella seconda strofa Leopardi richiama la battaglia di Maratona, e l'atleta diventa il guerriero.

Nella prima strofa il poeta contrappone la sudata virtude dell'atleta al femminile ozio. Già nello Zibaldone Leopardi aveva affrontato il tema degli esercizi fisici, della loro utilità fisica e morale, e aveva dichiarato la vita attiva unico rimedio all'infelicità e alla noia. 
Lui che fisicamente non poteva sostenere grandi sforzi fisici guarda perciò al Didimi con ammirazione e invidia al tempo stesso, così lo definisce garzon bennato, cioè un giovane nato sotto una buona stella.

Molto interessante è anche la quarta strofa del canto, nella quale Leopardi prefigura la scomparsa della civiltà italiana e un paese in balìa dell'abbandono ("... e pochi Soli / forse fien volti, e le città latine / abiterà la cauta volpe, e l'atro / bosco mormorerà fra le alte mura"). 

Francesco Abate

sabato 8 agosto 2020

I DISSIDENTI POLITICI NE "I PROTETTORI DI LIBRI"

Nel mio ultimo romanzo I Protettori di Libri le vicende si svolgono nel corso di una guerra, in un'Italia retta da una dittatura e servilmente sottomessa agli USA sia politicamente che militarmente. 
In un contesto del genere ho ritenuto opportuno affrontare, seppur solo brevemente, il tema della dissidenza politica. Come possiamo osservare anche oggi nei movimenti di protesta che pullulano nel nostro paese democratico, spesso la volontà di contrapporsi a un avversario politico o a un nemico spinge verso posizioni altrettanto estreme e sbagliate. 
Ecco un estratto del romanzo dove, attraverso la descrizione di un movimento di protesta, affronto il tema: 
"Il gruppo no-USA era nato poco dopo l'inizio della guerra proprio in risposta all'invadenza americana nella politica interna italiana.
Sin dal 1946 gli USA si erano comportati da padre-padrone nei confronti dell'Italia, ma lo scoppio della guerra nel 2018 aveva reso loro ancor più invadenti e l'Italia ancor più servile. I militanti però, come spesso accade in questi gruppi di protesta, avevano trasformato la loro lotta in un'avversione contro tutto ciò che favoriva il nemico, per questo erano diventati filo-russi, dimenticando che la guerra l'avevano causata proprio i russi con l'invasione nel 2018 dell'Ucraina e della Lettonia.
Per i no-USA Vladimir Putin, uno dei leader europei più sanguinari, era un eroe e tutte le azioni turpi che gli venivano attribuite nascevano semplicemente dalla propaganda imperialista degli USA.
Dal momento in cui la Turchia si era alleata con la Russia, i no-USA avevano dimenticato anche le continue violazioni dei diritti umani di Erdogan e avevano iniziato a sostenerlo.
Nonostante fosse un gruppo molto numeroso, i no-USA fondamentalmente erano un agglomerato di esaltati decisi a far la guerra a modo loro, essi infatti non erano contro il conflitto, erano contro gli Stati Uniti".
Essendo il romanzo ambientato in un futuro poco lontano, ho sviluppato degli eventi partendo da una situazione socio-politica molto vicina a quella reale di oggi. Anche se non per spirito anti-USA, nel nostro paese ci sono molti folli pronti a definire Putin un modello solo per contrastare dei principi democratici che non condividono; per difendere una loro idea politica, ergono a esempio un uomo responsabile di uccisioni, pestaggi e arresti arbitrari. Anche in passato sono stati fatti errori simili, basti ricordare che il PCI nel 1956 in nome di un'alleanza politica sostenne la repressione violenta delle rivolte d'Ungheria perpetrata dall'URSS; per non perdere l'alleato giustificarono una mostruosa violazione dei diritti umani.
Bisogna sempre formarsi degli ideali e difenderli, ma non si deve cadere nella trappola della contrapposizione estrema a tutti i costi, cioè non bisogna commettere l'errore di proclamare corretto tutto ciò che è conto a quello che non ci piace. Non dobbiamo mai smettere di ragionare per comprendere le realtà nella loro complessità; non dobbiamo cadere nella trappola del pensiero superficiale.

***

Quale destino attende il gruppo no-USA? E come evolverà la guerra?
A queste domande potete avere risposta acquistando I Protettori di Libri su uno dei link che trovate andando in questa pagina. Il romanzo è disponibile sia in formato cartaceo che elettronico.
Dopo averlo letto, non dimenticate di lasciare un commento sul blog, su Facebook o su Twitter.

Grazie e buona lettura.

mercoledì 5 agosto 2020

RECENSIONE DEL ROMANZO "IL FU MATTIA PASCAL" DI LUIGI PIRANDELLO


Pubblicato nel 1904, Il fu Mattia Pascal è il romanzo più famoso del celebre scrittore e drammaturgo Luigi Pirandello.
In quest'opera immensa, Pirandello riesce a racchiudere le principali caratteristiche della sua opera sia letteraria che drammaturgica.

Protagonista e narratore dell'opera è Mattia Pascal, che la scrive per poi lasciarla nella biblioteca di Boccamazza dove lavora. Il consiglio di mettere per iscritto la sua insolita esistenza gli viene dato dal suo collega nella biblioteca, don Eligio Pellegrinotto.
Mattia Pascal è un uomo privo di grandi qualità e aspirazioni, vive una giovinezza tranquilla mentre lentamente gli averi accumulati dal defunto padre vengono sperperati. La sua vita cambia quando decide di aiutare l'amico Pomino a sposare Romilda, la quale però si innamora di lui. Mattia e Romilda si uniscono e lei resta incinta così, dopo una serie di equivoci causati dalle mire del furbo e opportunista Batta Malagna, si sposano.
Dopo il matrimonio i sentimenti di Romilda nei confronti di Mattia si deteriorano, così la vita coniugale per i due diventa un incubo anche a causa delle continue ingiurie a cui lui è sottoposto dalla suocera. Romilda partorisce due gemelle; una muore dopo pochi giorni, l'altra dopo circa un anno. La seconda figlia muore nello stesso giorno in cui viene a mancare la madre di Mattia.
La vita di Mattia Pascal dopo la morte delle figlie diventa un supplizio. Incapace di trovarsi un buon lavoro e di dare sicurezza alla famiglia, devastato dal lutto per la figlia e per la madre, maltrattato dalla moglie e dalla suocera. Decide così di fuggire verso Marsiglia per poi partire alla volta dell'America, ma arrivato a Nizza legge un opuscolo che spiega come vincere alla roulette, quindi di reca a Montecarlo dove vince tanto da diventare ricco.
In possesso di una gran somma di denaro, Mattia decide di tornare a casa per mettere a posto suocera e moglie. Durante il tragitto in treno legge una notizia che lo sconvolge: nel suo paese si è suicidato un uomo che è stato identificato come Mattia Pascal. Essendo ormai considerato morto, decide di cambiare vita. Si fa chiamare Adriano Meis e, dopo aver girato un po' il mondo, si trasferisce in una stanza ammobiliata in affitto a Roma.
A Roma conosce Adriana, dolce e mite figlia del padrone di casa, se ne innamora e viene ricambiato. Si trova però di fronte all'impossibilità di ufficializzare il proprio amore perché per l'anagrafe non esiste. Lo stesso problema si presenta quando subisce un furto e si rende conto di non poterlo denunciare, poi viene offeso e scopre di non potersi rivalere. Consapevole di non poter vivere una vita da non-esistente, Adriano Meis simula il suicidio facendo credere di essersi buttato nel Tevere, poi torna nel suo paese.
Tornato a Miragno, Mattia rivela di non essere morto, ma scopre che Pomino ha sposato Romilda e ora vive con lei. Non pretende di tornare con l'ex moglie, con cui aveva vissuto un matrimonio infernale; lascia i due liberi di vivere insieme e si accontenta di una vita ritirata passata nella biblioteca di Boccamazza con don Eligio. Ogni tanto si reca sulla tomba dell'ignoto suicida seppellito come Mattia Pascal e vi depone una corona di fiori.

Ne Il fu Mattia Pascal la vicenda ruota tutta intorno al protagonista, che è l'unico personaggio davvero degno di nota. Non che gli altri personaggi non siano ben delineati; essi semplicemente rappresentano in modo diverso la stessa cosa, cioè la mediocrità: sono vili truffatori come Batta Malagna, o vecchi persi dietro fantasticherie come Anselmo Paleari (il padrone di casa a Roma), o donne tanto miti da sconfinare nella passività come Adriana e la madre di Mattia, o ancora persone opportuniste e prive di vero amore come Romilda e la madre.
Mattia Pascal è un inetto, un mediocre, privo di valori e concentrato solo su sé stesso. Si sposa con Romilda ma non appare mai capace di badare alla famiglia, infatti non riesce a trovare che un lavoro da poco nella biblioteca e solo grazie all'aiuto di un amico, poi quando la vita familiare lo schiaccia decide di fuggire e lasciare sola la moglie con la suocera. Parte per fare fortuna in America ma si ferma a giocare alla roulette; gli va bene, ma ciò non toglie che la sua rinascita sia frutto di un colpo di fortuna, non di un merito o di un'assunzione di responsabilità. Cambiata vita, si rende conto dell'impossibilità di condurre un'esistenza nascosta dalla legge, non ufficiale, quindi è costretto a tornare al passato. Si tratta di un uomo privo di qualità che trova la sua realizzazione nella non-esistenza quando si rifugia nella vecchia biblioteca.

In questo romanzo leggiamo del tentativo di un uomo qualunque di ribellarsi agli schemi della vita ed essere pienamente sé stesso. Fugge dalla gabbia che gli si è costruita intorno e prova a ripartire da zero, diventando un uomo nuovo e privo di passato. Finisce suo malgrado per sperimentare l'impossibilità di vivere al di fuori delle regole imposte dalla società, perché senza un'identità sociale non può far valere i propri diritti ed è alla mercé di chiunque. La lezione di Pirandello è importante: viviamo in un mondo di leggi ed è impossibile per chiunque uscirne, perché al di fuori di queste si perde la possibilità di vivere perfino i propri sentimenti, quindi si rimane prigionieri di una dimensione in cui l'anima è prigioniera del nulla, in cui si desidera ma non si può avere.
L'autore in questo romanzo ci mostra anche l'impossibilità di reprimere all'infinito i moti dell'animo. Adriano Meis sa di non dover legarsi sentimentalmente per non tradire la sua mancanza di passato e la sua legale non-esistenza; ci riesce per un po', poi incontra Adriana e se ne innamora, venendo risucchiato in una serie di eventi che lo spinge alla nuova fuga. L'uomo può decidere di non ascoltare quello che ha dentro, di anestetizzarsi l'anima, ma prima o poi questa si risveglia e inizia a dettare la sua legge.
In questo romanzo io ci leggo anche l'inesorabilità della vita. L'uomo imbocca delle strade nel corso della sua esistenza e spesso se ne pente, sperando di poter tornare indietro. Il fu Mattia Pascal ci dimostra come ciò non sia mai del tutto possibile: il protagonista fugge, addirittura ha un colpo di fortuna che lo rende ricco, eppure non riesce a cancellare i suoi errori nonostante ci provi, alla fine si trova costretto a tornare nel paese da cui era fuggito, alla famiglia da cui era scappato. Non c'è modo di ricominciare da zero e gli errori, in un modo o nell'altro, ci segnano per sempre.

Quest'opera fu accusata dalla critica di essere inverosimile. La storia del presunto morto che fugge e cambia identità, per poi tornare indietro e addirittura omaggiare la tomba che porta il proprio nome, a molti parve troppo lontana dalla realtà.
Pirandello rispose che la verosimiglianza è una condizione richiesta nei romanzi perché sono irreali, perciò devono sembrare veri, mentre la realtà essendo vera non sempre è verosimile. 
A sostegno della sua tesi, l'autore riportò un articolo del Corriere della Sera datato 27 marzo 1920 in cui si narrava di un elettricista, Ambrogio Casati, riconosciuto morto dalla moglie all'indomani del ritrovamento di un cadavere in un canale, mentre in realtà era in carcere; la donna lo fece per potersi risposare e fuggire col nuovo marito. Il signor Casati, uscito dal carcere, scoprì di essere morto; non si perse d'animo e andò perfino a far visita alla propria tomba. 
Citando l'articolo, Pirandello mostrò come la storia da lui pensata ne Il fu Mattia Pascal non fosse poi così lontana dalla realtà.

Il fu Mattia Pascal è uno dei pochi romanzi che ho letto due volte. La prima volta lo lessi che ero ragazzo, quindicenne o giù di lì, poi l'ho riletto a distanza di quasi vent'anni. Ricordo che allora mi colpì molto l'originalità della storia e l'apprezzai tantissimo, adesso invece l'ho apprezzata di più per i messaggi in essa contenuti e l'ho trovata più triste rispetto ad allora.  
Si tratta di un romanzo gradevole, scritto in modo semplice e per questo adatto a tutti, e appunto per la sua originalità adatto ad essere apprezzato anche dai più giovani. 

Francesco Abate