domenica 21 settembre 2025

"LE DEDICO IL MIO SILENZIO" DI MARIO VARGAS LLOSA

 

Le dedico il mio silenzio è l'ultimo romanzo dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, pubblicato nel 2024.
Nel Perù diviso tra varie etnie, schiacciato dalla dittatura di Fujimori e straziato dagli omicidi di Sendero Luminoso, una piccola luce sembra venire dal vals criollo, uno stile di musica popolare sviluppatosi negli ambienti poveri molti anni prima.
Il protagonista, Toño Azpilicueta, è un uomo la cui vita piatta e senza ambizioni si trascina di giorno in giorno, finché una sera non assiste all'esibizione di un chitarrista criollo, il misterioso Lalo Molfino, della cui tecnica sopraffina rimane folgorato. Decide di dover assolutamente scrivere un saggio su quel chitarrista straordinario, che nel frattempo però muore. Lentamente il suo saggio amplia il proprio respiro, diventando qualcosa di molto più ambizioso: un'opera con la quale l'autore propone il vals criollo come mezzo per il superamento delle divisioni etniche e sociali del Perù. 
L'arte e le radici comuni, rappresentate dal vals criollo, possono unire un paese che sembra irrimediabilmente spaccato, così come il sogno può trasformare la vita di Toño Azpilicueta in una missione umanitaria. Purtroppo però le sorti del romanzo e del protagonista sembrano dimostrare che l'arte non può davvero cambiare il mondo, infatti il successo del libro di Azpilicueta dura poco e in un lampo tutti se ne dimenticano, così come la cancellazione della cattedra di Attività peruviane dimostra come a livello accademico nessuno si interessi davvero alle radici del Perù e al vals criollo.
Anche la vita del protagonista, dopo aver raggiunto l'apice con una conferenza in Cile, si disintegra quando il sogno diventa un'ossessione e naufraga nel mare dell'indifferenza.

Le dedico il mio silenzio è un romanzo molto godibile, che permette di riflettere sul valore dell'arte e delle radici dei popoli nel mondo contemporaneo, oltre che sull'importanza di un sogno al quale consacrare la propria vita. 
Toño Azpilicueta è un uomo senza stimoli, spento, un morto vivente, che risorge quando comincia a credere nel suo progetto. Lui commette l'errore di trasformare il sogno in ossessione, finendo in rovina, ma non è detto che sia impossibile mantenere un equilibrio e continuare serena la navigazione fino alla fine dei propri giorni.
Il romanzo è anche un'occasione per scoprire questo tipo di musica, il vals criollo, e la cultura popolare che rappresenta.

Francesco Abate

VOCI PER LA PALESTINA

 

Sabato 27 e domenica 28 settembre 2025, a partire dalle ore 19, a Salerno ci sarà il primo appuntamento della manifestazione Voci per la Palestina. Sarà una mostra che coinvolgerà la vista e l'udito, con opere d'arte e poesie ispirate dal genocidio che Israele sta compiendo a Gaza.
Sarò felicissimo di partecipare con una mia poesia, e spero che veniate numerosi, perché l'arte non può essere qualcosa di fine a sé stesso, di slegato dal mondo, ma deve essere un vento capace col suo soffio di abbattere le torri dell'odio e del potere.

Francesco Abate

sabato 13 settembre 2025

LO SCHIAFFO DI ANAGNI

 

Lo schiaffo di Anagni è un episodio che si fonde tra storia e leggenda, che è stato l'apice del conflitto tra potere temporale e spirituale ed ha protratto per secoli i suoi effetti. Forse, volendolo descrivere con linguaggio moderno, lo potremmo definire come la crisi internazionale più grave d'Europa prima della scoperta dell'America.
L'episodio affonda le sue radici in una crisi profonda apertasi tra Francia e Chiesa verso la fine del Duecento. Sebbene fosse ancora radicata l'idea della preminenza del papato sul potere temporale, quindi su tutti i sovrani, il Regno di Francia reclamava con sempre maggior forza una più ampia autonomia, soprattutto in materia fiscale. Impegnata nel conflitto lungo e sanguinoso contro l'Inghilterra, la Francia aveva bisogno di entrate fiscali più cospicue, quindi nel 1296 deliberò il prelievo di un cinquantesimo della ricchezza di tutti i francesi, incluso il clero. Bonifacio VIII contestò con forza tale iniziativa del sovrano francese e con la bolla Clericis laicos sancì che il clero potesse essere tassato solo dietro autorizzazione papale. 
Bonifacio VIII non aveva nemici solo in Francia. Sin dal proprio insediamento, il pontefice aveva intrapreso un'energica politica di acquisizione e annessione di proprietà, allo scopo di rendere più fulgido e potente il nome della sua casata, i Caetani. Questa espansione territoriale "personale" lo portò in conflitto con la potente famiglia dei Colonna, che in Lazio pure vantava vasti possedimenti. Lo scontro si acuì quando, il 3 maggio del 1297, Stefano Colonna, nipote del cardinale Giacomo e fratello del cardinale Pietro, assalì sulla via Appia un convoglio che trasportava denaro di Bonifacio VIII. Il pontefice subito convocò i due cardinali parenti dell'assalitore, chiedendo la restituzione della somma rubata, la consegna di Stefano e la cessione della città di Palestrina. I due cardinali accettarono solo la prima richiesta, mentre nel Manifesto di Lunghezza invocarono un nuovo concilio e protestarono contro l'illegittimità dell'elezione di Bonifacio VIII, il quale rispose scomunicando loro e il ramo principale della famiglia Colonna. Successivamente, da Palestrina, i due ex cardinali Colonna tornarono alla carica accusando il pontefice di assolutismo tirannico e fiscalismo rapace. Il papa, intenzionato a chiudere la questione, indisse una crociata contro la famiglia Colonna, che portò nel 1298 alla loro resa. I Colonna, sperando nel perdono papale, il 15 ottobre 1298 sfilarono a Rieti vestiti di sacco e a piedi nudi. Il papa, sebbene il Cristianesimo predichi la misericordia, non si mostrò per nulla propenso al perdono: ordinò la distruzione di Palestrina, sulle cui terre fu passato l'aratro e cosparso il sale, affinché nulla più vi crescesse.
Bonifacio VIII aveva quindi nemici potenti e arrabbiati tanto a pochi passi da casa (i Colonna) quanto oltralpe (Filippo IV il Bello, re di Francia). Proprio lo scontro col re francese si stava acuendo ancor di più, sempre per ragioni fiscali. Quando Bonifacio VIII fu sul punto di scomunicare il sovrano, questi decise di passare all'azione: il 7 settembre 1303 inviò due truppe di mercenari, una delle quali capitanate da Giacomo "Sciarra" Colonna (i nemici del papa si erano alleati), le quali entrarono nella città di Anagni grazie al tradimento di Adinolfo di Mattia, assediarono il palazzo del pontefice e penetrarono fino alle stanze di Bonifacio VIII. Al papa, Giacomo "Sciarra" Colonna pose delle condizioni per aver salva la vita, ma questi le rifiutò. Secondo la leggenda, vi fu anche uno schiaffo del Colonna al papa, ma gli storici sono oggi propensi a ritenere che il pontefice non fu colpito, e che lo schiaffo fu solo morale.
Bonifacio VIII restò ostaggio degli invasori, che intanto presero a saccheggiare tutti i beni del palazzo e della cattedrale di Anagni, finché la popolazione non insorse, temendo ritorsioni del mondo cristiano per aver lasciato uccidere un papa dentro le proprie mura, e lo liberò. Si narra che l'orgoglioso papa Bonifacio VIII, che aveva accumulato ricchezze e potere, che aveva sfidato il Regno più potente d'Europa, rimasto senza beni, elargì agli assalitori assoluzioni in cambio di pane e vino.
Dopo l'episodio, Bonifacio VIII fuggì da Anagni a Roma. Si narra però che neanche lì si sentisse al sicuro, consapevole di avere tanti nemici. Spaventato, e forse ancora umiliato dall'episodio dello schiaffo (l'umiliazione di essere stato catturato dai nemici), morì nella notte tra l'11 e il 12 ottobre del 1303.

Per capire l'impatto che l'episodio dello schiaffo ebbe sul mondo cristiano, basti pensare che questo affronto violento e aperto del re di Francia al papa precedette di soli sei anni lo spostamento della sede papale ad Avignone, quindi una delle più profonde crisi del potere papale.
Per comprendere poi quale impatto emotivo ebbe sui cristiani d'Europa, ricordiamo che Dante cita l'episodio nella Commedia, quando nel XX canto del Purgatorio Ugo Capeto, antenato dei re francesi ("radice de la mala pianta") dice: "veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, / e nel vicario suo Cristo esser catto. / Veggiolo un'altra volta esser deriso; / veggio rinovellar l'aceto e 'l fiele, / e tra vivi ladroni esser anciso. / Veggio il novo Pilato sì crudele, / che ciò nol sazia, ma sanza decreto / portar nel Tempio le cupide vele". Nel canto dantesco, Filippo il Bello è un nuovo Pilato, che nella città di Anagni (Alagna) cattura e umilia Cristo (nella persona del suo vicario, Bonifacio VIII) tra i ladroni (Guglielmo di Nogaret e Sciarra Colonna).

Per chi volesse approfondire questo episodio, che oltre ad essere fondamentale è importante per capire gli interessi economici e politici di chi governava (e governa) la Chiesa, consiglio il libro Lo schiaffo di Anagni - La storia, i luoghi, le leggende di Lorenzo Proscio. Questo libro ha il merito di illustrare con cura la figura di Bonifacio VIII, i suoi interessi economici e le sue ambizioni, e di incastonarle in un evento che, sebbene abbia coinvolto un papa, di religioso ha ben poco.
Vi consiglio anche una visita alla città di Anagni, alla bellissima cattedrale ed al palazzo di Bonifacio VIII.

Francesco Abate

martedì 9 settembre 2025

PARLIAMO DI EUDEMONIA: DANTE, LA VOCE DELLA RAGIONE

Assegnato come guida a Francesco, Dante compare fin dall'inizio della ricerca, diventando per lui un amico prezioso e spesso un'ancora di salvezza.
Nell'allegoria del romanzo, Dante rappresenta la Ragione, quella luce in grado di illuminare anche il sentiero più scuro e impervio.
Ho scelto questo nome per la personificazione della Ragione per celebrare colui che ha saputo sfruttare appieno la potenza dell'allegoria, quel Sommo Poeta che con versi immortali e immagini cariche di fascino ha saputo condensare nella Commedia tutte le proprie idee ed il sapere del suo tempo.
Dante è la Ragione, analizza ogni situazione sfruttando la sua logica e la sua istruzione, giungendo spesso alla comprensione della verità. Spesso, però, non sempre, perché usare la fredda ragione non sempre porta alla risposta giusta; la ragione a volte sbaglia, perché non è supportata dall'onniscienza, e soffre i limiti imposti dai condizionamenti dell'ambiente in cui è stata coltivata. Per questa ragione Dante, pur essendo una persona molto razionale, non mette in discussione l'autorità del re, nonostante sia consapevole dell'inadeguatezza umana e politica di re Matteo
Dante incontra e si innamora di Beatrice (non poteva essere diversamente!), perché la ragione subisce il fascino della Teologia, di quella fede travestita da sapere razionale che cerca di mutare in scienza la superstizione. Nel tratto di cammino che percorrono insieme, il loro amore rivela la vera natura di entrambi, soprattutto quando la ricerca di Dio arriva alla sua conclusione.
L'atteggiamento di Dante nei confronti delle cose che sfuggono alla sua comprensione è allo stesso tempo umano e allegorico. Di fronte alle scoperte che non può spiegare coi propri mezzi intellettuali, Dante dapprima sviluppa una sorta di resistenza a oltranza, chiudendosi a riccio nei confronti della novità, salvo poi riprendere il controllo di sé e acquisire la verità. Non mancano i casi in cui Francesco sceglie di non ascoltarlo e di agire impulsivamente: spesso finisce per pentirsene, ma non sempre.
In ogni ricerca spirituale l'uso della ragione è importante, perché muovendosi trascinati dall'impulsività e dall'irrazionalità si finisce persi in qualche illusione o distrutti da qualche mostro. A spiegare questo serve la figura di Dante, quella voce rassicurante e ferma che accompagna Francesco per tutto il meraviglioso viaggio che percorre verso Eudemonìa.


Vi invito a seguire il blog e le mie pagine social (FacebookMeWeInstagram) per tutti gli aggiornamenti riguardo questo romanzo.
Vi ricordo che potete acquistare il romanzo in tutte le librerie fisiche e virtuali (link in questa pagina). Per chi è di Battipaglia, lo trovate subito disponibile presso Copperflield Bookshop in via Italia, 43.

Francesco Abate