domenica 1 aprile 2018

COMMENTO AL CANTO XXI DELLA "DIVINA COMMEDIA - INFERNO"

Così di ponte in ponte, altro parlando
che la mia comedia cantar non cura,
venimmo; e tenavamo 'l colmo, quando
restammo per veder l'altra fessura
di Malebolge e li altri pianti vani;
e vidila mirabilmente oscura.
Il canto inizia con Dante e Virgilio che camminano parlando di cose non citate nell'opera e si trovano a vedere la quinta bolgia, la quale appare "mirabilmente oscura" a causa della densa pece bollente che copre sia il fondo che le pareti de "l'altra fessura di Malebolge". Per rendere al lettore lo spettacolo che osserva, Dante paragona la visione della pece a quella che si poteva vedere nell'arsenale veneziano durante l'inverno, quando il liquido veniva usato per riparare le imbarcazioni o costruirne di nuove. Così come in inverno era possibile osservare a Venezia la pece che bolliva, così il poeta riesce a vederla sul fondo e sulle pareti della bolgia. Del liquido nero il poeta vede solo le bolle formate "non per foco ma per divin' arte" e la massa viscosa gonfiarsi per poi sgonfiarsi dopo lo scoppio delle bolle stesse. Mentre Dante è concentrato a guardare la bolgia, Virgilio lo mette in allarme gridandogli << Guarda, guarda! >> e tirandolo a sé. Spaventato ("come l'uom cui tarda / di veder quel che li convien fuggire / e cui paura subita sgagliarda"), il poeta guarda ciò che gli indica la guida. Ad attirare l'attenzione di Virgilio prima e Dante poi è un diavolo nero, che corre con le ali aperte e toccando appena il suolo con i piedi, il quale sulle spalle porta un peccatore. Il diavolo si rivolge ai suoi compari della bolgia, chiamandoli Malebranche, dicendogli di prendere il dannato che è "un de li anzian di Santa Zita", perché lui tornerà in città a prenderne altri. Il riferimento a santa Zita ci fa capire che il diavolo parla di Lucca, città che definisce piena di barattieri. Per la creatura infernale ogni uomo a Lucca è barattiere, sarcasticamente esclude dalla categoria il solo Bonturo Dati, che invece era tale per antonomasia. Fatto il suo discorso, il diavolo getta il dannato nella bolgia e questi, finito immerso nella pece, viene assalito dagli altri diavoli che stavano nascosti sotto al ponte. I Malebranche gli dicono che lì non è possibile adorare il Santo Volto (figura del Redentore confitta nella croce, venerata nella Basilica di San Martino a Lucca) e che non si nuota nel Serchio (fiume che scorre presso Lucca), infine gli ordinano di restare immerso nella pece se non vuole essere colpito dagli uncini con cui tormentano i barattieri. I diavoli lo assalgono con gli uncini e si fanno beffe di lui, dicendogli che gli conviene restare immerso e, se riesce, arraffare di nascosto come faceva in vita ("Poi l'addentar con più di cento raffi, / disser: <<Coverto convien che qui balli, / sì che, se puoi, nascosamente accaffi >>."). Il poeta descrive poi il modo in cui i diavoli tengono immersi i dannati nella pece, paragonandoli agli aiutanti dei cuochi che con gli uncini tengono la carne immersa nella caldaia a bollire.
La crudeltà della punizione e le parole per niente pietose con cui Dante parla dei barattieri impone una spiegazione. I barattieri sono quelli che noi oggi chiameremmo corrotti, cioè persone che ricoprono una carica pubblica e concedono favori in cambio di denaro o altro. La questione per il poeta fu molto sentita, egli infatti fu politico di primo piano e il suo impegno lo pagò a caro prezzo, non poteva certo vedere di buon occhio chi faceva commercio dei propri poteri. Di baratteria inoltre fu accusato lui stesso dai suoi rivali politici, accusa che gli valse una multa di 5000 fiorini e due anni di esilio. La sua vicenda politica spiega anche il suo astio nei confronti di Lucca, città ostile nei confronti degli esuli guelfi di parte bianca come lui.
Virgilio invita Dante a nascondersi dietro una sporgenza della roccia affinché non lo vedano, lui vuole andare a parlare coi diavoli, lo invita a non spaventarsi "per nulla offension che mi sia fatta" perché sa già cosa l'aspetta, già in passato ha concluso lo stesso negozio. Dante si nasconde e Virgilio varca il ponte. Subito i diavoli volgono contro la guida i loro uncini ma lui, con "sicura fronte", dice loro di fermarsi e non colpirlo, chiede di essere ascoltato da uno di loro e poi decidano insieme se attaccarlo. I diavoli all'unanimità invocano Malacoda, questi si fa avanti chiedendo a cosa possa giovargli questo favore, sicuro che finirà per colpirlo. Virgilio fa presente a Malacoda che mai sarebbe giunto lì, sapendo cosa rischiava, se non fosse stato mandato da un volere superiore, gli dice quindi che in Paradiso è voluto che lui mostri a un'altra persona "questo cammin silvestro". Malacoda reagisce con rassegnazione, si fa cadere l'uncino ai piedi e ordina agli altri diavoli di non colpirlo. Virgilio allora chiama a sé Dante, questo esce dal suo nascondiglio e i diavoli gli si avvicinano minacciosi, facendogli temere che vogliano violare l'accordo. Il proprio timore Dante lo paragona a quello dei fanti pisani che, cacciati dal castello di Caprona dopo otto giorni di assedio (1289), uscirono in mezzo ai nemici armati, che li schermivano e li minacciavano. Spaventato, il poeta si avvicina a Virgilio fin quasi a toccarlo, mostrandoci ancora una volta un'immagine simile a quella del bimbo impaurito che si aggrappa alla mamma, mentre la guida non perde d'occhio Malacoda, il cui aspetto non è rassicurante. Due diavoli scherniscono Dante, uno chiede se deve colpirlo alla schiena e un altro lo incita a farlo, il loro gioco è però interrotto da Malacoda che ordina a Scarmiglione di posare l'uncino. Malacoda si rivolge poi a Virgilio e gli dice che non possono proseguire per questo scoglio, dato che è franato 1266 anni prima (alla morte di Gesù Cristo sulla croce), possono però camminare lungo l'argine e troveranno un altro scoglio che farà da ponte, infine dice che manderà con loro alcuni suoi diavoli affinché controllino che i dannati non emergano dalla pece per trovare un momentaneo refrigerio. Il diavolo conclude assicurando che i suoi compari non faranno del male ai due pellegrini. Ciò detto, Malacoda fa l'elenco dei diavoli chiamati a far parte della scorta: Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia (che guida gli altri), Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello e Rubicante. Riguardo i nomi dei diavoli, non tutta la critica è d'accordo nel vedere in essi riferimenti precisi a personaggi esistenti, alcuni comunque sembrerebbero appartenere a famiglie lucchesi (Cagnazzo, Graffiacane e Scarmiglione erano famiglie di Lucca, così come Malebranche era un cognome di famiglia lucchese) altri sembrano storpiature e soprannomi. Malacoda ordina ai suoi di portare Dante e Virgilio dall'altra parte della bolgia sani e salvi, ma l'atteggiamento dei diavoli ("digrignan li denti / e con le ciglia ne minaccian duoli") non convince il poeta che chiede alla guida di procedere solo loro due. Virgilio lo rassicura, secondo lui quei gesti sono di scherno nei confronti dei barattieri immersi nella pece e non teme alcun inganno. I poeti e la scorta partono, il momento della partenza è però molto curioso: i diavoli si rivolgono a Malacoda mostrandogli la lingua stretta tra i denti e questi dà loro il segnale di partenza con un sonoro peto. Il finale di canto, insolitamente grottesco, merita di essere letto:
"Per l'argine sinistro volta dienno;
ma prima avea ciascun la lingua stretta
coi denti, verso lor duca, per cenno;
ed elli avea del cul fatto trombetta".

Francesco Abate

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