Sorrideva quando ti chiamava
"fratello"
e sorrideva quando gli chiedevi aiuto.
E' facile mutare il sorriso in ghigno,
più difficile è riconoscerli entrambi:
tu non ci riuscisti
e gli sorridevi mentre ti lasciava
morire.
Questa poesia, dal titolo Sorriso e ghigno, è contenuta nella mia raccolta Inferno.
Mi è stata ispirata dalla storia di Selimovik, un immigrato che ha vissuto e lavorato venti anni a Salerno ma che, per ragioni burocratiche, si è visto di colpo negare il diritto al medico di base ed alle cure per la sua malattia, morendo senza la necessaria assistenza. Quella di Selimovik è una vicenda i cui dettagli conosco poco, ma è la storia di tantissimi, anzi troppi, esseri umani che vengono sfruttati dal sistema e poi gettati nella spazzatura quando hanno bisogno. Gli immigrati vanno bene finché svolgono un lavoro, diventano però un peso quando hanno bisogno dell'assistenza che non dovrebbe essere negata a nessun essere umano. Gli sorridiamo finché generano per noi un profitto, ghigniamo quando hanno bisogno di aiuto.
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Francesco Abate
purtroppo storie così sono davvero frequenti, sono frequenti tra italiani, figuriamoci tra gli ultimi, persone più fragili e più ricattabili.
RispondiEliminaSempre piene di umanità le tue poesie.
Grazie
Se non cambierà il sistema, gli ultimi saranno sempre schiacciati.
EliminaGrazie per il complimento e per la lettura.