giovedì 30 ottobre 2025

"LA FIABA NUCLEARE DELL'UOMO BAMBINO" DI HAMID ISMAILOV

 

La fiaba nucleare dell'uomo bambino è un romanzo dello scrittore uzbeko Hamid Ismailov che affronta il tema dei test nucleari sovietici e del loro impatto sulla vita della gente comune.
Ismailov racconta la storia di un uomo, Erzan, intrappolato nel corpo di un bambino. L'incantesimo non è opera di un mago o una fata, né di una strega, ma è il frutto della spietata sete di potere e ricchezza dell'essere umano. Erzan, infatti, vive in una zona della steppa kazaka vicina ad un poligono usato dai sovietici per i test nucleari, esposto quindi alle conseguenze di queste grandi esplosioni che stravolgono la natura e le vite di chi la abita, perché l'essere umano non è qualcosa di scisso dall'ambiente, ma ne fa parte. Il piccolo Erzan però va oltre, commette l'impudenza di fare un bagno in un lago contaminato dai test nucleari, e da allora il suo corpo smette di crescere. 
L'incantesimo subito da Erzan lo porta a sviluppare un profondo senso di inadeguatezza, infatti tutti i suoi amici crescono, e cresce anche la sua amata Ajsulu, che sboccia come un fiore mentre lui rimane una piccola gemma. La vita di un bambino come tanti, cullato dai sogni e dall'amore per la musica, viene stravolta per sempre dalla prepotenza di chi gioca sulla vita dei propri cittadini al solo scopo di soddisfare la propria brama di potere.
Gli effetti dei test nucleari non si vedono solo su Erzan. Questo romanzo vive su uno splendido e spietato contrasto tra la vita tranquilla dei poveri contadini e il delirio atomico di una superpotenza nucleare, con quest'ultima che come un treno travolge tutto ciò che incrocia e si lascia alle spalle solo dolore e morte.

Sebbene sia intriso delle superstizioni e della semplicità dei poveri contadini kazaki, La fiaba nucleare dell'uomo bambino è un romanzo che tratta temi drammatici ed è molto legato alla realtà storica del luogo.
Nelle pagine di questo libro vediamo un ambiente devastato dalla corsa al potere militare; la logica della guerra ferisce e uccide tutto ciò che è vita, compreso l'essere umano. Il tema è attualissimo, ma sono chiari i riferimenti ai test atomici svolti dai sovietici nel Poligono di Semipalatinsk dal 1949 alla caduta del regime, così come il bagno fatale di Erzan richiama al Lago Chagan, specchio d'acqua radioattivo ancora esistente in Kazakistan. Questo romanzo è perciò a suo modo anche un romanzo storico, sebbene mostri gli eventi attraverso gli occhi di chi la storia non si accorge nemmeno di viverla.
Ismailov ci mostra come l'essere umano non possa essere scisso dalla natura, e che quindi ogni violenza compiuta contro l'ambiente è una ferita aperta nelle carni degli uomini. L'autore ci dice inoltre che la scelta di armarsi fatta da chi detiene il potere non è mai favorevole ai cittadini, che vengono sacrificati volentieri per qualche missile in più.
I messaggi contenuti in questo romanzo dovrebbero suonare nelle nostre orecchie fino a farci scoppiare i timpani, forse così smetteremmo di correre dietro alla folle logica della pace ottenuta con missili e bombe.

Francesco Abate

domenica 26 ottobre 2025

PARLIAMO DI EUDEMONIA: LA LENTEZZA

Ecco a voi un estratto del mio ultimo romanzo, Eudemonìa, che vede protagonisti Francesco e Dante, appena usciti dal palazzo di re Matteo e in procinto di partire alla ricerca di Dio:
Arrivato all'auto, estrasse le chiavi dalla tasca, quando una mano gli si posò sulla spalla. Era Dante che lo stava toccando, il volto era inespressivo, ma si vedeva che era sul punto di dirgli qualcosa. "Conviene proseguire a pieni" dichiarò, dopo qualche secondo di attesa.
"Perché?"
"Quello che cerchi non può essere trovato correndo, dovrai camminare e valutare bene ogni passo."
"Che dici? Basterà pianificare un itinerario. Con la macchina risparmieremo tempo e potremo percorrere distanze maggiori."
"Grandi distanze percorse in poco tempo vuol dire tanti posti non visti, tante parole non scambiate e tante informazioni non recepite. Non è il modo migliore per fare una ricerca. Quando si cerca qualcosa è necessario procedere con lentezza, meditare e assaporare ogni cosa, anche la più insignificante."
Francesco decise di cedere, si convinse che Dante avesse un'idea precisa di dove cercare, altrimenti non sarebbe stato così determinato nel rinunciare a un mezzo di trasporto. "Dove pensi che dovremmo cercare?" gli domandò.
"Io non ne ho idea. L'universo intero è il nostro campo di ricerca."
"Bene. Quanti miliardi di anni ci concede il re per la missione?"
Dante non si scompose, il suo viso rimase inespressivo. Francesco si chiese se avesse colto il sarcasmo o meno.

In questa scena Dante, la ragione, suggerisce a Francesco di cercare con lentezza. La lentezza in effetti domina quasi tutto il romanzo, perché Eudemonìa è una lunga ricerca, e si giunge alla meta agognata solo cogliendo ogni piccolo segnale lanciato dall'universo, anche il più insignificante.


Vi invito a seguire il blog e le mie pagine social (FacebookMeWeInstagram) per tutti gli aggiornamenti riguardo questo romanzo.
Vi ricordo che potete acquistare il romanzo in tutte le librerie fisiche e virtuali (link in questa pagina). Per chi è di Battipaglia, lo trovate subito disponibile presso Copperflield Bookshop in via Italia, 43.

Francesco Abate

domenica 19 ottobre 2025

SIMONE WEIL

 

Scrittrice e intellettuale francese, Simone Weil è stata una figura originale nel panorama intellettuale del Novecento.
Convinta della necessità di un'esperienza diretta delle realtà di cui parlava, per non lasciare solo parole al vento, abbandonò presto l'insegnamento per andare a lavorare in fabbrica, poi nel 1936 si arruolò nella guerra civile spagnola. Al centro del suo pensiero c'è infatti la condizione dei lavoratori, e l'esperienza della guerra servì a convincerla di quanto ci si potesse abituare anche alle uccisioni.

L'esperienza maturata in fabbrica insegna a Weil che il lavoratore è uno schiavo, che subisce con la mansuetudine di una bestia da soma i comandi e le angherie dei superiori, e che nell'esercizio delle sue mansioni è privato di qualsiasi iniziativa. L'operaio ogni giorno esce dalla fabbrica stanco, incapace di pensare e di provare sentimenti, tanto più di ribellarsi, e questa condizione disumana lo porta a rifugiarsi nell'incoscienza, ecco così spiegati i fenomeni dell'alcolismo e della tossicodipendenza. 
Per Weil però anche la rivoluzione è una forma di ricerca dell'oblio. Weil guarda all'esperienza dell'URSS, dove il partito rivoluzionario non ha distrutto la macchina burocratica, ma se n'è semplicemente impadronito. L'esperienza sovietica dimostra che nessun partito può condurre alla liberazione del lavoratore dalla schiavitù, solo i sindacati possono riuscirci.
Col passare del tempo, però, Weil diventa pessimista sulle possibilità di liberazione dell'operaio. Una totale sconfitta del sistema che disumanizza il lavoratore e lo rende schiavo le sembra impossibile, più plausibile è cercare di conoscere la verità per inserire un po' di gioco negli ingranaggi che lo schiacciano. Si tratta quindi per l'operaio di ritagliarsi piccoli spazi di libertà, ma una liberazione completa non sembra possibile; il lavoratore deve solo diventare consapevole della tecnica che utilizza, trovando quella dignità nel lavoro che gli viene negata. Tutto nella società resta sottomesso a meccanismi di comando ed obbedienza, alla subordinazione dell'individuo (che diventa sempre più insignificante) alla collettività.
In questo quadro così disperato, l'unica salvezza per l'uomo è Dio, a cui è più prossimo chi sta peggio. Weil, sebbene si voti alla fede nella parte finale della sua giovane vita, rimane distante dai dogmi dalla Chiesa, il cui tentativo di imporre la propria "intelligenza" su quella degli uomini è un abuso, che mortifica l'individualità dei fedeli.

Il pensiero di Simone Weil, qui riassunto in poche righe che di certo non possono essere esaustive, è di sicuro il frutto della delusione causata dalla rivoluzione russa nei socialisti d'Europa. Vedere la rivoluzione tanto sognata trasformata in un nuovo crudele regime di oppressione ebbe l'effetto di destabilizzare molti intellettuali di sinistra, spingendoli a dare risposte diverse a quelle derivate a inizio Novecento dallo studio di Marx.
Weil fu aspramente criticata per la sua posizione antisovietica (che ebbe il coraggio di esprimere pubblicamente). Propose la teoria di una dittatura della burocrazia, in contrasto con la dittatura del capitalismo teorizzata da Marx, e la sua visione di una collettività che cancella l'individualità a mio modo di vedere dipinge perfettamente il mondo che conosciamo.
Nella parte finale della sua vita Weil si avvicinò alla fede e in Dio ripose le speranze di salvezza del lavoratore e dell'uomo, ma questo fu forse causato dall'impossibilità di trovare soluzioni pratiche ai problemi degli operai-schiavi e dal suo limitare tutta l'analisi della vita umana alle condizioni dei lavoratori.
Weil non ebbe il tempo di vivere il dopoguerra e il boom economico (morì nel 1943) ed è un peccato: sarebbe stato bello vedere l'evoluzione del suo pensiero alla luce delle nuove mutazioni della vita umana.

Francesco Abate

domenica 5 ottobre 2025

PARLIAMO DI EUDEMONIA: BEATRICE, LA TEOLOGIA

 

Durante il loro viaggio alla ricerca di Dio, Francesco e Dante incontrano Beatrice, una bellissima donna di cui la guida del protagonista si innamora, e alla quale dedica numerosi sonetti.
Beatrice rappresenta la Teologia, anche lei è alla ricerca di Dio, forte di sterminate conoscenze in materia religiosa; sebbene però usi un approccio rigoroso e scientifico, la sua conoscenza è inquinata dalla fede, dalla cieca credenza nell'esistenza di Dio, e questo finisce per stravolgerla completamente quando la ricerca ha un risvolto imprevisto. Mentre Dante reagisce con razionalità e rigore anche quando le sue idee sono smentite dalla realtà, accogliendo la realtà per quel che è, Beatrice non è disposta a riconoscere un errore, arrivando al punto di corrompersi e autodistruggersi.
La storia d'amore tra Dante e Beatrice l'ho inserita per omaggiare il tema centrale dell'opera del Sommo Poeta, ma anche perché la Ragione nella ricerca di Dio si imbatte nella Teologia e spesso ne subisce il fascino. L'amore della Ragione per la Teologia è puro e sincero, perché ama tutto ciò che è conoscenza, mentre l'amore della Teologia per la Ragione è interessato e utilitaristico, perché chi spaccia la fede per ragione usa quest'ultima solo nei modi e nei tempi che rafforzano le tesi in cui già crede. Tra Dante e Beatrice è quindi un amore infelice, che finirà nel peggiore dei modi.


Vi invito a seguire il blog e le mie pagine social (FacebookMeWeInstagram) per tutti gli aggiornamenti riguardo questo romanzo.
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Francesco Abate

domenica 21 settembre 2025

"LE DEDICO IL MIO SILENZIO" DI MARIO VARGAS LLOSA

 

Le dedico il mio silenzio è l'ultimo romanzo dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, pubblicato nel 2024.
Nel Perù diviso tra varie etnie, schiacciato dalla dittatura di Fujimori e straziato dagli omicidi di Sendero Luminoso, una piccola luce sembra venire dal vals criollo, uno stile di musica popolare sviluppatosi negli ambienti poveri molti anni prima.
Il protagonista, Toño Azpilicueta, è un uomo la cui vita piatta e senza ambizioni si trascina di giorno in giorno, finché una sera non assiste all'esibizione di un chitarrista criollo, il misterioso Lalo Molfino, della cui tecnica sopraffina rimane folgorato. Decide di dover assolutamente scrivere un saggio su quel chitarrista straordinario, che nel frattempo però muore. Lentamente il suo saggio amplia il proprio respiro, diventando qualcosa di molto più ambizioso: un'opera con la quale l'autore propone il vals criollo come mezzo per il superamento delle divisioni etniche e sociali del Perù. 
L'arte e le radici comuni, rappresentate dal vals criollo, possono unire un paese che sembra irrimediabilmente spaccato, così come il sogno può trasformare la vita di Toño Azpilicueta in una missione umanitaria. Purtroppo però le sorti del romanzo e del protagonista sembrano dimostrare che l'arte non può davvero cambiare il mondo, infatti il successo del libro di Azpilicueta dura poco e in un lampo tutti se ne dimenticano, così come la cancellazione della cattedra di Attività peruviane dimostra come a livello accademico nessuno si interessi davvero alle radici del Perù e al vals criollo.
Anche la vita del protagonista, dopo aver raggiunto l'apice con una conferenza in Cile, si disintegra quando il sogno diventa un'ossessione e naufraga nel mare dell'indifferenza.

Le dedico il mio silenzio è un romanzo molto godibile, che permette di riflettere sul valore dell'arte e delle radici dei popoli nel mondo contemporaneo, oltre che sull'importanza di un sogno al quale consacrare la propria vita. 
Toño Azpilicueta è un uomo senza stimoli, spento, un morto vivente, che risorge quando comincia a credere nel suo progetto. Lui commette l'errore di trasformare il sogno in ossessione, finendo in rovina, ma non è detto che sia impossibile mantenere un equilibrio e continuare serena la navigazione fino alla fine dei propri giorni.
Il romanzo è anche un'occasione per scoprire questo tipo di musica, il vals criollo, e la cultura popolare che rappresenta.

Francesco Abate

VOCI PER LA PALESTINA

 

Sabato 27 e domenica 28 settembre 2025, a partire dalle ore 19, a Salerno ci sarà il primo appuntamento della manifestazione Voci per la Palestina. Sarà una mostra che coinvolgerà la vista e l'udito, con opere d'arte e poesie ispirate dal genocidio che Israele sta compiendo a Gaza.
Sarò felicissimo di partecipare con una mia poesia, e spero che veniate numerosi, perché l'arte non può essere qualcosa di fine a sé stesso, di slegato dal mondo, ma deve essere un vento capace col suo soffio di abbattere le torri dell'odio e del potere.

Francesco Abate

sabato 13 settembre 2025

LO SCHIAFFO DI ANAGNI

 

Lo schiaffo di Anagni è un episodio che si fonde tra storia e leggenda, che è stato l'apice del conflitto tra potere temporale e spirituale ed ha protratto per secoli i suoi effetti. Forse, volendolo descrivere con linguaggio moderno, lo potremmo definire come la crisi internazionale più grave d'Europa prima della scoperta dell'America.
L'episodio affonda le sue radici in una crisi profonda apertasi tra Francia e Chiesa verso la fine del Duecento. Sebbene fosse ancora radicata l'idea della preminenza del papato sul potere temporale, quindi su tutti i sovrani, il Regno di Francia reclamava con sempre maggior forza una più ampia autonomia, soprattutto in materia fiscale. Impegnata nel conflitto lungo e sanguinoso contro l'Inghilterra, la Francia aveva bisogno di entrate fiscali più cospicue, quindi nel 1296 deliberò il prelievo di un cinquantesimo della ricchezza di tutti i francesi, incluso il clero. Bonifacio VIII contestò con forza tale iniziativa del sovrano francese e con la bolla Clericis laicos sancì che il clero potesse essere tassato solo dietro autorizzazione papale. 
Bonifacio VIII non aveva nemici solo in Francia. Sin dal proprio insediamento, il pontefice aveva intrapreso un'energica politica di acquisizione e annessione di proprietà, allo scopo di rendere più fulgido e potente il nome della sua casata, i Caetani. Questa espansione territoriale "personale" lo portò in conflitto con la potente famiglia dei Colonna, che in Lazio pure vantava vasti possedimenti. Lo scontro si acuì quando, il 3 maggio del 1297, Stefano Colonna, nipote del cardinale Giacomo e fratello del cardinale Pietro, assalì sulla via Appia un convoglio che trasportava denaro di Bonifacio VIII. Il pontefice subito convocò i due cardinali parenti dell'assalitore, chiedendo la restituzione della somma rubata, la consegna di Stefano e la cessione della città di Palestrina. I due cardinali accettarono solo la prima richiesta, mentre nel Manifesto di Lunghezza invocarono un nuovo concilio e protestarono contro l'illegittimità dell'elezione di Bonifacio VIII, il quale rispose scomunicando loro e il ramo principale della famiglia Colonna. Successivamente, da Palestrina, i due ex cardinali Colonna tornarono alla carica accusando il pontefice di assolutismo tirannico e fiscalismo rapace. Il papa, intenzionato a chiudere la questione, indisse una crociata contro la famiglia Colonna, che portò nel 1298 alla loro resa. I Colonna, sperando nel perdono papale, il 15 ottobre 1298 sfilarono a Rieti vestiti di sacco e a piedi nudi. Il papa, sebbene il Cristianesimo predichi la misericordia, non si mostrò per nulla propenso al perdono: ordinò la distruzione di Palestrina, sulle cui terre fu passato l'aratro e cosparso il sale, affinché nulla più vi crescesse.
Bonifacio VIII aveva quindi nemici potenti e arrabbiati tanto a pochi passi da casa (i Colonna) quanto oltralpe (Filippo IV il Bello, re di Francia). Proprio lo scontro col re francese si stava acuendo ancor di più, sempre per ragioni fiscali. Quando Bonifacio VIII fu sul punto di scomunicare il sovrano, questi decise di passare all'azione: il 7 settembre 1303 inviò due truppe di mercenari, una delle quali capitanate da Giacomo "Sciarra" Colonna (i nemici del papa si erano alleati), le quali entrarono nella città di Anagni grazie al tradimento di Adinolfo di Mattia, assediarono il palazzo del pontefice e penetrarono fino alle stanze di Bonifacio VIII. Al papa, Giacomo "Sciarra" Colonna pose delle condizioni per aver salva la vita, ma questi le rifiutò. Secondo la leggenda, vi fu anche uno schiaffo del Colonna al papa, ma gli storici sono oggi propensi a ritenere che il pontefice non fu colpito, e che lo schiaffo fu solo morale.
Bonifacio VIII restò ostaggio degli invasori, che intanto presero a saccheggiare tutti i beni del palazzo e della cattedrale di Anagni, finché la popolazione non insorse, temendo ritorsioni del mondo cristiano per aver lasciato uccidere un papa dentro le proprie mura, e lo liberò. Si narra che l'orgoglioso papa Bonifacio VIII, che aveva accumulato ricchezze e potere, che aveva sfidato il Regno più potente d'Europa, rimasto senza beni, elargì agli assalitori assoluzioni in cambio di pane e vino.
Dopo l'episodio, Bonifacio VIII fuggì da Anagni a Roma. Si narra però che neanche lì si sentisse al sicuro, consapevole di avere tanti nemici. Spaventato, e forse ancora umiliato dall'episodio dello schiaffo (l'umiliazione di essere stato catturato dai nemici), morì nella notte tra l'11 e il 12 ottobre del 1303.

Per capire l'impatto che l'episodio dello schiaffo ebbe sul mondo cristiano, basti pensare che questo affronto violento e aperto del re di Francia al papa precedette di soli sei anni lo spostamento della sede papale ad Avignone, quindi una delle più profonde crisi del potere papale.
Per comprendere poi quale impatto emotivo ebbe sui cristiani d'Europa, ricordiamo che Dante cita l'episodio nella Commedia, quando nel XX canto del Purgatorio Ugo Capeto, antenato dei re francesi ("radice de la mala pianta") dice: "veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, / e nel vicario suo Cristo esser catto. / Veggiolo un'altra volta esser deriso; / veggio rinovellar l'aceto e 'l fiele, / e tra vivi ladroni esser anciso. / Veggio il novo Pilato sì crudele, / che ciò nol sazia, ma sanza decreto / portar nel Tempio le cupide vele". Nel canto dantesco, Filippo il Bello è un nuovo Pilato, che nella città di Anagni (Alagna) cattura e umilia Cristo (nella persona del suo vicario, Bonifacio VIII) tra i ladroni (Guglielmo di Nogaret e Sciarra Colonna).

Per chi volesse approfondire questo episodio, che oltre ad essere fondamentale è importante per capire gli interessi economici e politici di chi governava (e governa) la Chiesa, consiglio il libro Lo schiaffo di Anagni - La storia, i luoghi, le leggende di Lorenzo Proscio. Questo libro ha il merito di illustrare con cura la figura di Bonifacio VIII, i suoi interessi economici e le sue ambizioni, e di incastonarle in un evento che, sebbene abbia coinvolto un papa, di religioso ha ben poco.
Vi consiglio anche una visita alla città di Anagni, alla bellissima cattedrale ed al palazzo di Bonifacio VIII.

Francesco Abate