domenica 30 novembre 2025

PARLIAMO DI EUDEMONIA: IL TEMPO

 

"Cieli uguali, terre uguali, fiumi uguali e mari uguali. Notti e giorni si susseguivano senza soluzione di continuità, così uguali tra loro da non essere distinguibili. Se qualcuno avesse chiesto a Francesco da quanto fosse in viaggio, non avrebbe saputo rispondere. Anche i discorsi del suo interlocutore sembravano sempre uguali e ormai non portavano da nessuna parte; camminavano a casaccio nell'attesa che succedesse qualcosa, ma niente cambiava.
A volte, si crede che in una giornata non sia successo niente, perché si dimenticano piccoli eventi apparentemente non significativi, i quali, se fossero stati sfruttati meglio, avrebbero potuto portare svolte inaspettate. Non era questo il caso. Non succedeva davvero niente. Non incontravano anima viva, né uomini né animali, l'ambiente circostante era sempre uguale e piatto, il tempo era sempre sereno e tiepido, la strada era sempre piana e ben battuta, il cammino non subiva né accelerazioni né frenate. C'era calma piatta, una totale assenza di stimoli che aveva fatto perdere la cognizione del tempo al povero viaggiatore.
Come si può misurare il tempo, se gli attimi che si susseguono sono sempre uguali? Cosa distingue un secondo da un altro, se sono identici? Che senso ha misurarlo, il tempo, se si trasforma in un'unica retta dritta e infinita?"
Se volete scoprire quale risposta Francesco darà a queste domande, non dovete fare altro che leggere Eudemonìa.


Vi invito a seguire il blog e le mie pagine social (FacebookMeWeInstagram) per tutti gli aggiornamenti riguardo questo romanzo.
Vi ricordo che potete acquistare il romanzo in tutte le librerie fisiche e virtuali (link in questa pagina). Per chi è di Battipaglia, lo trovate subito disponibile presso Copperflield Bookshop in via Italia, 43.  

Francesco Abate

domenica 16 novembre 2025

NO OTHER LAND - GUARDARE L'ORRORE SENZA FILTRI

Ieri sera finalmente ho avuto modo di vedere il docu-film No other land, dopo che per ben due volte la Rai ne ha rinviato la messa in onda.
Non voglio condividere con voi le mie impressioni, perché sono riassumibili in due semplici parole: rabbia e tristezza. Nemmeno scrivo il post per dirvi di cosa parla il film, perché riassunti ne trovate a iosa sul web, e poi i fatti che racconta sono noti a tutti quelli che non nascondono la testa sotto la sabbia.
Scrivo per condividere con voi la ragione per cui, secondo me, chi ci governa ha tanta paura di questo film. No other land ci permette di guardare l'orrore senza veli, ci libera della confortevole protezione del filtro che noi applichiamo alle vittime, quei palestinesi che immaginiamo come esseri provenienti da un pianeta diverso; ci fa vedere che il palestinese è l'uomo che si costruisce la casa con le sue mani, la donna che dice al figlio di coprirsi bene perché fa freddo, il ragazzo che ha studiato e vorrebbe costruirsi un futuro, il bambino che si diverte guardando gli animali e gioca con quello che trova. No other land ci libera dal torpore, ci fa vedere che le vittime del genocidio sono persone identiche a noi. A molti sembrerà poca cosa, ma vi assicuro che non lo è, perché ci permette di metterci nei loro panni, di essere noi l'uomo che un mattino vede demolire la casa che ha costruito con tanta fatica, di essere noi la donna che vede il figlio agonizzare e morire dentro una grotta, di essere noi il bambino che vede uomini armati irrompere di notte nella propria casa. La visione di questo film ci permette di sentire sulla pelle quello che stanno provando i palestinesi, in più ci permette di capire che, quel che oggi succede a loro, domani potrebbe succedere a noi.
No other land fa tanta paura perché toglie il velo dall'orrore e lo mostra in tutta la sua crudezza. Se il Governo ha tentato con tanta forza di bloccarne la trasmissione è per la stessa ragione per cui Israele uccide i giornalisti nella striscia di Gaza: si vuole impedire la comprensione delle vittime, lasciando che "i palestinesi" restino dei numeri e poco altro.
Vi invito con tutto il cuore a guardare questo documentario, solo allora potrete dire di aver compreso appieno cosa stanno soffrendo milioni di persone la cui vita è resa un inferno tanto in Cisgiordania quanto a Gaza. La visione del film è anche un test: se guardandolo riuscirete a non provare pietà per le vittime e rabbia contro i carnefici, dovrete correre ai ripari perché l'umanità in voi è morta.

Francesco Abate

sabato 15 novembre 2025

INTERVISTA PER L'ASSOCIAZIONE "CONDUCO UN DIALOGO"

Con grande piacere vi informo che sulla mia pagina Facebook è disponibile l'intervista che ho rilasciato ieri ad Alessandro Buscemi dell'Associazione "Conduco un dialogo".
Nel corso della piacevole chiacchierata con Alessandro, ho parlato delle mie opere e della mia idea di letteratura.

Buona visione.

Francesco Abate

martedì 11 novembre 2025

PARLIAMO DI EUDEMONIA: APATE, LA DEA DEGLI INGANNI

 

Apate, la dea degli inganni, compare a Francesco e Dante lungo il viaggio alla ricerca di Dio, segnandone una svolta fondamentale.
La dea appare come una snella figura femminile dal corpo simile a una pantera, capace di far abbassare la guardia allo sprovveduto che a lei si approccia con superficialità, al quale impedisce di vedere i serpenti che guizzano sul suo capo come capelli demoniaci. Francesco, da persona impulsiva qual è, si lascia ingannare, ma Dante, che guarda con gli occhi della ragione, scopre subito gli inganni che nasconde Apate e riesce ad affrontarla. L'esito dello scontro, oltre ad essere decisivo per il viaggio dei due pellegrini, svela come dietro ad Apate si nasconda un incredibile segreto.
Per la costruzione della figura di Apate mi sono ispirato all'arte figurativa dell'antica Grecia, dove compare appunto con la pelle di pantera e serpenti nei capelli.
Con lo scontro tra i protagonisti e Apate, si chiude la prima parte di Eudemonìa, che appunto prende il nome della dea.


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Francesco Abate

domenica 9 novembre 2025

VI PRESENTO LA MIA ULTIMA POESIA: "LA SCROFA DI FALAISE"

 

La scrofa di Falaise è l'ultima mia poesia pubblicata su Spillwords.com.
Questa poesia è ispirata ad un evento storico molto particolare: all'inizio del 1386 una scrofa, per aver sbranato un bimbo di tre mesi, fu processata e condannata a morte, venendo quindi trascinata per le strade di Falaise, infine mutilata e uccisa. A quell'epoca i processi ad animali colpevoli di azioni particolarmente cruente non erano una rarità, ma questo della scrofa di Falaise è forse uno dei meglio documentati.
Ho usato questa poesia per riflettere sull'ipocrisia della società. La scrofa fu infatti giustiziata perché colpevole di aver stroncato una vita, ma la società a quel piccolo uomo avrebbe donato un'esistenza in povertà, schiacciata dal giogo dello sfruttamento, e magari alla fine l'avrebbe pure mandato al macello in qualche guerra. La realtà oggi non è tanto diversa: chi amministra la legge (evito volutamente di usare la parola "giustizia") punisce colui che toglie la vita, eppure egli stesso destina i propri cittadini alla schiavitù del precariato, della miseria, e spesso alla morte in qualche guerra dichiarata per chissà quale interesse economico, o più di frequente alla morte dello spirito tra le fauci del consumismo. Chi punisce l'assassino è a sua volta tale, solo che la legge lo risparmia perché il crimine è mascherato dalla ragion di Stato.

Approfitto della pubblicazione di questa poesia per spronarvi a non confondere mai la giustizia con la vendetta, a fuggire quindi alle soluzioni come la legge del taglione o la pena di morte. Vi esorto anche a restare vigili nello spirito, a vedere oltre i pregiudizi e cercare le mani davvero sporche del sangue della vittima di turno.

Vi ricordo che potete trovare i link a tutte le mie poesie pubblicate sul web accedendo a questa pagina.

 Francesco Abate

giovedì 30 ottobre 2025

"LA FIABA NUCLEARE DELL'UOMO BAMBINO" DI HAMID ISMAILOV

 

La fiaba nucleare dell'uomo bambino è un romanzo dello scrittore uzbeko Hamid Ismailov che affronta il tema dei test nucleari sovietici e del loro impatto sulla vita della gente comune.
Ismailov racconta la storia di un uomo, Erzan, intrappolato nel corpo di un bambino. L'incantesimo non è opera di un mago o una fata, né di una strega, ma è il frutto della spietata sete di potere e ricchezza dell'essere umano. Erzan, infatti, vive in una zona della steppa kazaka vicina ad un poligono usato dai sovietici per i test nucleari, esposto quindi alle conseguenze di queste grandi esplosioni che stravolgono la natura e le vite di chi la abita, perché l'essere umano non è qualcosa di scisso dall'ambiente, ma ne fa parte. Il piccolo Erzan però va oltre, commette l'impudenza di fare un bagno in un lago contaminato dai test nucleari, e da allora il suo corpo smette di crescere. 
L'incantesimo subito da Erzan lo porta a sviluppare un profondo senso di inadeguatezza, infatti tutti i suoi amici crescono, e cresce anche la sua amata Ajsulu, che sboccia come un fiore mentre lui rimane una piccola gemma. La vita di un bambino come tanti, cullato dai sogni e dall'amore per la musica, viene stravolta per sempre dalla prepotenza di chi gioca sulla vita dei propri cittadini al solo scopo di soddisfare la propria brama di potere.
Gli effetti dei test nucleari non si vedono solo su Erzan. Questo romanzo vive su uno splendido e spietato contrasto tra la vita tranquilla dei poveri contadini e il delirio atomico di una superpotenza nucleare, con quest'ultima che come un treno travolge tutto ciò che incrocia e si lascia alle spalle solo dolore e morte.

Sebbene sia intriso delle superstizioni e della semplicità dei poveri contadini kazaki, La fiaba nucleare dell'uomo bambino è un romanzo che tratta temi drammatici ed è molto legato alla realtà storica del luogo.
Nelle pagine di questo libro vediamo un ambiente devastato dalla corsa al potere militare; la logica della guerra ferisce e uccide tutto ciò che è vita, compreso l'essere umano. Il tema è attualissimo, ma sono chiari i riferimenti ai test atomici svolti dai sovietici nel Poligono di Semipalatinsk dal 1949 alla caduta del regime, così come il bagno fatale di Erzan richiama al Lago Chagan, specchio d'acqua radioattivo ancora esistente in Kazakistan. Questo romanzo è perciò a suo modo anche un romanzo storico, sebbene mostri gli eventi attraverso gli occhi di chi la storia non si accorge nemmeno di viverla.
Ismailov ci mostra come l'essere umano non possa essere scisso dalla natura, e che quindi ogni violenza compiuta contro l'ambiente è una ferita aperta nelle carni degli uomini. L'autore ci dice inoltre che la scelta di armarsi fatta da chi detiene il potere non è mai favorevole ai cittadini, che vengono sacrificati volentieri per qualche missile in più.
I messaggi contenuti in questo romanzo dovrebbero suonare nelle nostre orecchie fino a farci scoppiare i timpani, forse così smetteremmo di correre dietro alla folle logica della pace ottenuta con missili e bombe.

Francesco Abate

domenica 26 ottobre 2025

PARLIAMO DI EUDEMONIA: LA LENTEZZA

Ecco a voi un estratto del mio ultimo romanzo, Eudemonìa, che vede protagonisti Francesco e Dante, appena usciti dal palazzo di re Matteo e in procinto di partire alla ricerca di Dio:
Arrivato all'auto, estrasse le chiavi dalla tasca, quando una mano gli si posò sulla spalla. Era Dante che lo stava toccando, il volto era inespressivo, ma si vedeva che era sul punto di dirgli qualcosa. "Conviene proseguire a pieni" dichiarò, dopo qualche secondo di attesa.
"Perché?"
"Quello che cerchi non può essere trovato correndo, dovrai camminare e valutare bene ogni passo."
"Che dici? Basterà pianificare un itinerario. Con la macchina risparmieremo tempo e potremo percorrere distanze maggiori."
"Grandi distanze percorse in poco tempo vuol dire tanti posti non visti, tante parole non scambiate e tante informazioni non recepite. Non è il modo migliore per fare una ricerca. Quando si cerca qualcosa è necessario procedere con lentezza, meditare e assaporare ogni cosa, anche la più insignificante."
Francesco decise di cedere, si convinse che Dante avesse un'idea precisa di dove cercare, altrimenti non sarebbe stato così determinato nel rinunciare a un mezzo di trasporto. "Dove pensi che dovremmo cercare?" gli domandò.
"Io non ne ho idea. L'universo intero è il nostro campo di ricerca."
"Bene. Quanti miliardi di anni ci concede il re per la missione?"
Dante non si scompose, il suo viso rimase inespressivo. Francesco si chiese se avesse colto il sarcasmo o meno.

In questa scena Dante, la ragione, suggerisce a Francesco di cercare con lentezza. La lentezza in effetti domina quasi tutto il romanzo, perché Eudemonìa è una lunga ricerca, e si giunge alla meta agognata solo cogliendo ogni piccolo segnale lanciato dall'universo, anche il più insignificante.


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Francesco Abate