venerdì 8 febbraio 2019

RECENSIONE DEL ROMANZO "I MISERABILI" DI VICTOR HUGO

I miserabili è il romanzo più famoso e forse più importante dello scrittore francese Victor Hugo, autore considerato il padre del Romanticismo francese che con la sua figura ha dominato la vita politica e culturale di Francia per quasi tutto l'Ottocento.
Per capire appieno il significato di quest'opera straordinaria e complessa al tempo stesso, è di sicuro necessario partire da ciò che scrive lo stesso Hugo nelle sue pagine: "Il libro che il lettore ha sotto gli occhi in questo momento è, da un capo all'altro, nell'insieme e nei particolari, ..., il cammino dal male al bene, dall'ingiusto al giusto, dal falso al vero, dal buio alla luce, ..., dal nulla a Dio. Punto di partenza: la materia, punto d'arrivo: l'anima". Il punto centrale dell'opera è la rinascita del galeotto Jean Valjean il quale riesce a riemergere dalla sua condizione di miserabile e redimere la propria anima salvando da una condizione simile altre persone.

Il romanzo si apre con il racconto della vita e le opere del vescovo Myriel, uomo di chiesa molto pio che rifugge ogni lusso e ogni comodità mondana per stare il più vicino possibile ai poveri e ai disperati. Un giorno nell'abitazione del vescovo arriva l'ex galeotto Jean Valjean il quale, pur avendo terminato il periodo di detenzione, è respinto da tutti per via della sua condizione. Il vescovo lo ospita senza esitazioni e si comporta con lui senza alcun sospetto, senza mostrarsi in alcun modo prevenuto nei confronti di quello che la società ha ormai marchiato come delinquente. Jean Valjean cede però ai suoi istinti e fugge dopo averlo derubato; quando viene acciuffato e riportato indietro perché restituisca la refurtiva, il vescovo lo salva dichiarando di avergli donato ciò che in realtà l'ospite aveva rubato. Confuso e commosso da quel supremo atto di bontà con cui il vescovo l'ha salvato dal carcere, Jean Valjean cambia radicalmente vita.
Il nuovo corso della sua esistenza lo spinge a imbattersi in Fantine, costretta a prostituirsi per mandare soldi ai Thernardier perché allevino la sua figlioletta Euphrasie, inconsapevole di quanto la piccola sia sfruttata e maltrattata. L'ex galeotto aiuta Fantine, poi dedica le sue attenzioni alla piccola, salvandola dalla miseria a cui è destinata.
Crescendo, la piccola Euphrasie si innamora di Marius, un giovane di buona famiglia finito in miseria per colpa di un dissidio col nonno. 
Non voglio dirvi altro per non svelarvi i tanti colpi di scena che il romanzo riserva, chiudo questo breve riassunto della trama dicendo che Marius resta coinvolto nei moti del 5-6 giugno 1832 e, per mezzo suo, si trova nella mischia anche il povero Jean Valjean.

Come ci dice lo stesso Hugo nelle righe che ho citato prima, I miserabili ci mostra il cammino dell'uomo dalle tenebre del male alla luce del bene. Jean Valjean è un ex galeotto, in quanto tale è segnato per sempre e la società lo rifiuta, è per questo destinato a una vita da criminale. Il suo incontro col vescovo cambia però ogni cosa, la sua anima è investita dalla luce candida emanata da quella di Myriel e da quel momento inizia a rischiararsi sempre di più. Il vescovo non opera un miracolo, semplicemente getta dentro l'anima oscurata dalle tenebre quel poco di luce necessaria a mostrargli la strada da seguire per la redenzione: Myriel non è un santo, è una guida. Come la luce del sole illumina la luna e questa di riflesso illumina le notti terrestri, così lo splendore dell'anima di Myriel si riflette in quella di Jean Valjean e finisce per tirare fuori dall'oscurità anche altre persone. Fantine, costretta alla prostituzione da un'ingenuità giovanile e dalla cattiveria di una donna, pur sul finire della propria esistenza trova l'affetto e le cure che la società le ha sempre negato, anche se un imprevisto non le concede una morte serena. La figlia di Fantine, Euphrasie, sfruttata e maltrattata dai locandieri a cui fu affidata dalla povera donna, viene tratta in salvo, protetta dalle nuove insidie che si presentano nella sua vita e infine condotta a un matrimonio felice con l'uomo che ama. Marius, un giovane che preferisce vivere in miseria piuttosto che riappacificarsi col nonno che l'ha tenuto lontano dal padre naturale, viene salvato dalla morte e, sposandosi, torna in pace anche col nonno. La luce benevola partita dal vescovo rimbalza su Jean Valjean e lo rende splendente, questo splendore illumina a sua volta Fantine, Euphrasie e Marius.

La contagiosità del bene e la redenzione, pur essendo i temi centrali dell'opera, non sono gli unici trattati. Come ho già avuto modo di dire, I miserabili è un romanzo molto ricco di contenuti.
Trattandosi di un romanzo storico, getta una luce su un determinato periodo storico e sulle condizioni della gente. Hugo non ci racconta di tutto il popolo, ma di alcuni suoi membri, eppure questi rappresentano ognuno una parte consistente dello stesso. 
Jean Valjean ruba un pane per fame, si ritrova in galera e poi, una volta uscito, viene scacciato da tutti. Attraverso la sua storia, Hugo ci mostra come il carcere francese sia più dannoso che utile, infatti trasforma un'anima buona caduta in errore in un'anima nera impossibile da recuperare. La società attraverso il carcere conduce l'uomo alla dannazione invece di redimerlo, questa per Hugo è una gravissima ingiustizia. 
Fantine è una povera e ingenua ragazza che si innamora di un uomo ricco. Lei lo ama e si concede, mentre per lui è solo un gioco. Questa sua ingenuità la paga cara: si ritrova senza soldi e con una figlia, costretta prima a emigrare e poi addirittura a prostituirsi. Lei è buona, ma sono la cattiveria del suo amante prima e la malvagia sollecitudine di una donna poi a condannarla a una miseria fisica e morale non preventivabile in gioventù.
Euphrasie paga l'errore di sua madre e la malvagità dei locandieri a cui viene affidata, i Thernardier. Povera e maltrattata, è destinata a una vita stentata e squallida.
Il piccolo Gavroche ci mostra come non ci sia per i poveri monelli parigini alcuna speranza di scalata sociale. Si trova povero suo malgrado, sopravvive con piccoli furtarelli o aiutando delinquenti più grandi e pericolosi, si trova coinvolto in una sommossa di cui non può comprendere le ragioni politiche. Di animo è essenzialmente buono, ma la società non gli concede alcuna speranza e resta immerso nella sua miseria.
Alla luce delle singole vicende dei personaggi, possiamo dire che Hugo ci mostra i miserabili per insegnarci che, nella società così com'era strutturata allora, non avevano scampo. Il povero pagava a caro prezzo qualsiasi errore, veniva punito e mai perdonato, era segnato e gli era riservata una vita di dannazione morale oltre che fisica.
Alcuni personaggi del romanzo ci mostrano però come si possa anche essere refrattari al bene, cioè come si possa continuare a fare il male anche dopo aver ricevuto il bene. La pece si può illuminare quanto si vuole, resta sempre nera. E' il caso dei Thernardier, i quali maltrattano la figlia affidata loro dalla povera Fantine nonostante questa li paghi, e che poi cercano di truffare Jean Valjean che cerca di riprendersi la piccola. Nel corso della storia i Thernardier tornano più volte, essi rappresentano in un certo senso il male assoluto, più volte si pongono a ostacolo dell'opera pia di Jean Valjean senza però riuscire a fermarlo anzi, diventando nel finale veicolo della Provvidenza per assicurare all'ex carcerato la felicità.
Anche l'irreprensibile poliziotto Javert ha un suo significato. Egli mette l'ordine davanti a tutto, la legge per lui è giusta e infallibile. Quando in Jean Valjean egli vede la sua legge oscurata dalla luce della vera giustizia, il galeotto che compie il bene, crolla psicologicamente. Credo che Javert serva proprio a mostrarci la distanza che si crea spesso tra leggi dello stato e giustizia.

Pur non essendo un personaggio vero e proprio, un ruolo di primo piano in questo romanzo lo ricopre la Provvidenza. Più volte Jean Valjean è sul punto di crollare, più volte la Provvidenza gli tende una mano e lo aiuta a portare a compimento la propria opera. Addirittura alla fine essa trasforma il male in bene, rendendo i cattivi un veicolo per l'opera suprema dei buoni e trasformando la disperazione in felicità. 

I miserabili è a tutti gli effetti un romanzo storico, quindi la vicenda principale e i vari personaggi servono all'autore anche come spunto per descrivere e spiegare alcune vicende con le relative ripercussioni sociali. Hugo dedica ampie pagine all'analisi della sconfitta di Napoleone a Waterloo, ma ci trascina anche in riflessioni sul valore del monachesimo o su un'analisi dello sviluppo delle fogne e del loro valore simbolico. Leggendo le pagine dedicate alle fogne, ci imbattiamo anche in un insospettabile Hugo ecologista, egli infatti sottolinea come letame e liquami si potrebbero recuperare per concimare i terreni, risparmiando spesa pubblica ed evitando di inquinare i fiumi. Ovviamente anche nell'analizzare gli eventi storici più grandi, Hugo non toglie spazio alla Provvidenza, che per lui ha un ruolo centrale in tutto ciò che riguarda l'uomo.
Non mancano nel romanzo anche analisi politiche delle idee e delle vicende di quegli anni. Non dobbiamo dimenticare che Hugo fu uomo politico oltre che intellettuale, quindi sul piano ideologico quelle vicende le visse in prima persona.

Parlando di romanzo storico, ci viene sempre in mente I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Analogie tra questo romanzo e quello del Manzoni ce ne sono diverse. Entrambe le opere furono concepite molti anni prima della loro stesura, entrambe furono rivedute e corrette più volte. In tutti e due i romanzi la Provvidenza ha un ruolo centrale, in entrambi il personaggio femminile principale incarna quasi una virtù suprema (Lucia ne I promessi sposi, Euphrasie ne I miserabili) e in tutti e due il giovane protagonista maschile (Renzo in Manzoni e Marius in Hugo) si trova coinvolto in una sommossa. Abbiamo in entrambe le opere un uomo di chiesa estremamente buono che svolge un ruolo decisivo nella vicenda, così come in tutte e due c'è il delinquente che si redime (fra Cristoforo in Manzoni e Jean Valjean in Hugo). Non manca poi in tutte e due il cattivo che subisce una conversione (l'Innominato in Manzoni e Javert in Hugo), anche se le due situazioni li portano a decisioni molto diverse. Tutti e due i romanzi ci conducono a un certo punto in un monastero. Da buoni romanzi storici, è bene dirlo anche se è scontato, attraverso la vicenda ci aprono la finestra su un'epoca storica.

I miserabili è a mio parere una lettura fondamentale. Il romanzo di Hugo ha tutto ciò che serve per rendere magnifico un libro: una trama entusiasmante, personaggi ben caratterizzati, riflessioni profonde e significati sempre attuali su cui non dovremmo mai dimenticare di meditare. Si tratta di un'opera molto ricca che si fa leggere volentieri e porta a un profondo coinvolgimento del lettore.
Unica pecca, secondo il mio modesto parere, è che l'analisi dei fatti storici, che è indispensabile in un romanzo di questo genere, a volte tende a essere troppo approfondita e spezza troppo la storia principale, rendendo in alcuni passaggi la lettura non troppo piacevole. Hugo come Manzoni è preciso nella presentazione e nell'analisi di quelle epoche che narra, ma sono comunque pagine che allontanano dalla storia principale e per questo possono risultare un po' fastidiose. Si tratta però di una piccola pecca (per me, magari per altri è un pregio) che non scalfisce la magnificenza del romanzo.

Francesco Abate

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