giovedì 9 gennaio 2020

STORIA: LE TENSIONI TRA L'OCCIDENTE E L'IRAN

La terribile spirale di violenza che si è scatenata dopo l'assassinio di Qassem Soleimani voluto dal presidente americano Trump, e che ha fatto temere a molti l'inizio di una nuova guerra, impone una riflessione sulla tensione che appare sempre alta tra l'Iran e l'Occidente.
Come sempre si dovrebbe fare in questi casi, per capire meglio il presente e non cadere preda dei preconcetti, è fondamentale ricorrere alla storia.

Alla fine della prima guerra mondiale, l'allora Persia stipulò un accordo con la Gran Bretagna, grazie al quale mantenne la propria indipendenza (al contrario di tanti stati della Mezzaluna fertile) pur concedendo grossi privilegi fiscali e militari agli inglesi. Il petrolio era stato scoperto una decina di anni prima e la compagnia incaricata di estrarlo era la Anglo-Persian Oil Company, quindi anche nell'estrazione del petrolio gli inglesi avevano un ruolo di primo piano.
I rapporti tra i due paesi non furono minati nemmeno dai colpi di stato del 1921 e del 1925, che portarono alla fine della dinastia Qajar e alla presa di potere di Reza Shah Pahlavi, il quale divenne scià dell'Iran (il nome era stato cambiato in occasione del colpo di stato).
I primi attriti tra Iran e Gran Bretagna si ebbero nel corso del secondo conflitto mondiale, quando lo scià, pur dichiarandosi neutrale, non nascose una certa simpatia nei confronti della Germania e ospitò nel territorio iraniano personale tedesco. Questo comportamento mise in allarme Francia e Germania, le quali fecero pressioni e costrinsero lo scià ad abdicare, lasciando il posto a suo figlio Muhammad Reza.
Le prime grosse tensioni diplomatiche, che corrisposero anche ai primi gravi segnali di squilibrio politico interno del paese, arrivarono nel 1951 e furono dovute alla politica del primo ministro nazionalista Mossadeq. Questi il 30 aprile del 1951 firmò il decreto con cui veniva nazionalizzato il petrolio iraniano. Questo provvedimento colpì nel vivo gli interessi inglesi, i quali protestarono formalmente ricorrendo prima all'AIA e poi all'ONU, ma non videro mai accolte le proprie rimostranze. La Gran Bretagna reagì con il boicottaggio commerciale dell'Iran, intaccandone gli interessi economici e facendo venir meno l'assistenza tecnica per gli impianti petroliferi; ciò non convinse però Mossadeq a tornare sui propri passi.
Mossadeq agì anche per limitare i poteri dello scià e questa sua iniziativa, che da molti fu gradita e gli garantì l'appoggio dei comunisti iraniani, si rivelò per lui un'arma a doppio taglio. Con l'indebolimento dello scià, si scatenarono violente manifestazioni con cui si chiedeva la fine della monarchia e il passaggio alla repubblica; Mossadeq represse tali manifestazioni con la forza, perdendo l'appoggio dei comunisti e ritrovandosi isolato politicamente.
La prospettiva della caduta dello scià, da sempre fedele alleato dell'occidente, in piena guerra fredda fece tremare Gran Bretagna e USA le quali, nell'estate del 1953, con un colpo di stato misero agli arresti domiciliari Mossadeq e diedero di nuovo tutti i poteri in mano allo scià. 
Lo scià cancellò le riforme sociali di Mossadeq e represse con forza ogni opposizione, dando inizio a una vera e propria dittatura di cui la polizia politica Savak fu lo strumento più temibile. Con gli aiuti economici degli USA, l'Iran formò uno degli eserciti più potenti del Medio Oriente (tanto che Nixon, dopo la sconfitta in Vietnam, lo tenne presente per eventuali azioni militari nella zona, volendo evitare ulteriori coinvolgimenti diretti dei militari americani). Nel 1971 Muhammad Reza si fece incoronare a Persepoli imperatore di una nuova Persia ariana, con l'intenzione di sostituire la tradizione islamica del paese con quelle dell'antico impero di Serse e Dario. Indifferente all'Islam, tentò anche delle riforme sociali in senso laicizzante, ma si trattò di interventi di facciata (esempio: costrinse le donne a togliere il velo e le ammise all'università, ma non abolì i privilegi maschili nel diritto matrimoniale e di famiglia) che servirono solo a inimicargli le istituzioni religiose del paese e la parte credente del popolo, che vide questi interventi come una violenza culturale.
L'impopolarità dello scià crebbe nel 1976, quando la crisi economica impoverì notevolmente il paese. Si formarono gruppi terroristici la cui azione era finalizzata a scatenare la rivoluzione. In questo clima emerse la carismatica figura dell'ayatollah Khomeini, diventato guida dei rivoluzionari grazie alle proteste del 1963, contro il servizio militare obbligatorio per i religiosi e le riforme agrarie, e del 1964, contro il servilismo dello scià nei confronti degli USA, a seguito delle quali fu costretto all'esilio.
Il 1979 fu l'anno di svolta: il 16 gennaio lo scià fu costretto a fuggire dal paese e tre giorni dopo vi rientrò Khomeini, accolto come un trionfatore. A marzo un referendum sancì la fine della monarchia e la nascita della repubblica.
Khomeini si preoccupò subito di cancellare gli oppositori e creare un governo totalmente religioso, in cui lo affiancavano i Guardiani della rivoluzione e la milizia armata dei pasdaran (di cui Soleimani era membro di primo piano). 
Con la rivoluzione e il progetto khomeinista di esportare la rivoluzione islamica in tutto il mondo, si deteriorarono definitivamente i rapporti tra Iran e USA, anche in virtù dell'appoggio di quest'ultimi allo stato di Israele. 
Un'apertura dell'Iran verso l'occidente si ebbe tra il 1989, anno della morte di Khomeini (a cui successe l'ayatollah Khamenei) e il 2005. In questi anni si successero governi riformatori che chiusero all'idea di esportare la rivoluzione islamica e di fare guerra agli altri paesi, aprendo un dialogo con l'Occidente. Questa fase però fallì per varie ragioni: i vari schieramenti riformatori erano molto divisi e non ebbero il coraggio di apportare cambiamenti radicali; alle istituzioni elettive si affiancavano quelle non elettive, che erano nelle mani dei religiosi e ponevano un freno alle iniziative riformiste; con l'11 settembre gli USA inserirono l'Iran tra gli "stati canaglia", vanificando le aperture diplomatiche del recente passato e alimentando l'immagine dell'Occidente dispotico e sanguinario agli occhi del popolo (immagine alimentata anche dalle invasioni di Afghanistan e Iraq).
Il vento riformatore dell'Iran si arrestò definitivamente con l'elezione del conservatore Ahmadinejad, il quale impoverì ulteriormente il paese con riforme economiche disastrose e lo isolò ancor di più avviando un programma nucleare che avrebbe permesso al paese di dotarsi della bomba atomica. Ahmadinejad fu rieletto nel 2009 grazie a conclamati brogli elettorali.
Nel 2013 alla guida del paese è stato eletto il moderato Ruhani, il quale ha avviato una nuova fase di distensione, riuscendo anche a portare avanti un dialogo storico e costruttivo con gli USA di Barak Obama, assicurandosi il diritto di portare avanti il programma nucleare senza però usarlo per scopi militari. 
Il resto è storia di questi giorni.

Ci tengo a precisare che questo post non nasce allo scopo di fare valutazioni politiche. Semplicemente ho riportato i fatti storici più utili alla comprensione della situazione attuale per permettere a voi lettori di capire meglio il presente e formarvi una vostra opinione. Non è questione di essere pro-Occidente o pro-Iran, è questione di capire perché succedono determinate cose e fare una scelta ponderata, qualunque essa sia.

Francesco Abate 

2 commenti:

  1. Il problema è che secondo me al governo di troppi paesi c'è gente avida, fondamentalista, guerrafondaia (mi riferisco a entrambe le parti in causa) a cui del bene mondiale non importa niente.
    Un post molto utile, grazie per la condivisione.
    Ti abbraccio.

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    Risposte
    1. Grazie per la lettura.
      Purtroppo finché la politica si farà per ottenere fama e potere, e finché la gente sceglierà i propri governanti con la pancia, non andremo da nessuna parte.
      Baci.

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