Da sempre la retorica nazionalista presenta la diserzione come la più abietta delle azioni, il peccato più grave di cui macchiarsi, un imperdonabile tradimento ai danni della nazione e dei connazionali, figlia dalla più patetica vigliaccheria. Ma se oggi disertare fosse l'unica soluzione, l'unica via di salvezza?
Per l'attivista e saggista Franco Berardi, detto Bifo, disertare è oggi l'unica difesa che ha l'essere umano dal crollo della società. Il nostro modello di vita comune attraversa una crisi irreversibile; per anni ci hanno illuso che l'espansione non sarebbe mai finita, che l'essere umano avrebbe vissuto in un mondo sempre migliore e sarebbe stato sempre più felice, adesso invece ci troviamo a fare i conti con i disastri causati dal capitalismo e dal neoliberismo, con un ambiente che si rivolta contro al super-sfruttamento al quale lo stiamo sottoponendo, con la sovrappopolazione e con l'avanzamento di culture che fino a pochi anni fa abbiamo schiacciato e sfruttato (e che per questo ci odiano). Messi di fronte all'amaro calice della fine dell'espansione ed alla vista della morte (il Covid ha demolito la nostra illusione di invulnerabilità), la nostra psiche cede e ci abbandoniamo sempre di più a comportamenti irrazionalmente violenti, i quali spiegano fenomeni come l'invasione russa dell'Ucraina (una guerra inter-bianca ed inter-capitalista) o le manifestazioni violente sempre più frequenti anche nelle nostre città.
La società crolla, eppure chi la regge, per conservare il potere, ci chiede di sorridere, far finta di niente e vivere seguendo la strada che Palahniuk illustra nel romanzo Fight Club: produci, consuma, crepa. Il finto benessere non inganna però la nostra mente, e un malessere cresce nella popolazione occidentale, aumentando sempre di più casi di depressione o scelte in contrasto con l'espansione come quella di non fare figli.
Questo malessere, che è una conseguenza della crisi irreversibile vissuta dalla società, potrebbe però essere quell'adattamento che può salvare l'essere umano. Secondo Berardi infatti la soluzione è proprio quella di disertare, cioè abbandonare il gioco per non dover seguire le sue regole. Per l'autore ci sono cinque tipi di diserzione:
1) diserzione dalla politica, cioè rinunciare alla finzione democratica e smettere di credere che si possa salvare il mondo eleggendo qualcuno al governo delle nazioni;
2) diserzione dal lavoro, sottrarsi allo sfruttamento finalizzato alla produzione dell'inutile e dedicare le proprie energie "alla cura, alla trasmissione del sapere, alla ricerca, all'autosufficienza alimentare";
3) diserzione dal consumo, evitando di consumare qualsiasi cosa che non sia prodotta dalle comunità di autoproduzione, boicottando così la circolazione delle merci;
4) diserzione dalla guerra, non aggredire e non difendere, non combattere per nessuna ragione;
5) diserzione dalla procreazione, perché mettere al mondo un essere umano quando le probabilità che sia felice sono vicine allo zero è un atto egoista e irresponsabile.
Come può facilmente intuire chiunque stia leggendo, applicare del tutto queste diserzioni è praticamente impossibile in questo mondo e in questa epoca. Di questo è consapevole anche l'autore, che specifica come si debba provare ad avvicinarsi il più possibile all'indipendenza dal legame sociale, evitare ogni attaccamento alle cose, disprezzare ed ignorare ogni legge.
Con la società che crolla intorno a noi, Berardi ci suggerisce quindi di fuggire e pensare a noi stessi, evitando così di restare travolti dal crollo.
Leggendo questo saggio, mi è tornata alla mente una poesia che scrissi nel 2017, La vera rivoluzione, nella quale scrivevo che "La vera rivoluzione è fermarsi" in una società che ci fa correre a vuoto dietro traguardi che sono i suoi e non i nostri.
Posso dire di condividere in grandissima parte il pensiero di Franco Berardi, solo che nel disertare io mi pongo sempre un intento costruttivo. Di disertori in genere ce ne sono due tipi, c'è quello che si nasconde e basta, poi c'è quello che combatte per conto proprio. Io non credo che basti chiamarsi fuori dalla società, bisogna cercare di contaminare col germe della diserzione quante più persone possibile, far capire agli altri quello che si è capito, cioè che i valori della società attuale non significano più niente, si deve provare a trasformare la propria svolta in un vero cambiamento culturale; ovviamente non è facile e non è qualcosa che può riuscire in pochi anni, ma provarci non ci impedisce di essere felici, quindi se si dovesse fallire si morirebbe comunque con la consolazione di aver seguito le proprie inclinazioni e di essere stati liberi, perciò vale la pena provare.
Francesco Abate
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