Egitto è una poesia contenuta nella mia raccolta, Inferno, nella sezione dedicata all'inferno dei popoli.
Nei versi c'è il lamento che un egiziano muove al proprio presidente, al-Sisi. Il presidente di una nazione dovrebbe essere un padre per i propri cittadini, esercitare il potere per garantire loro benessere e giustizia, per questo nella poesia il cittadino si rivolge ad al-Sisi con tono confidenziale, chiamandolo per nome.
Dici di essere mio padre, Abdel,
perché allora non mi lasci uscire?
Al-Sisi attua sui dissidenti egiziani una feroce repressione, come abbiamo saputo attraverso le vicende di Giulio Regeni e Patrick Zaki, tutto col silenzio complice della comunità internazionale, che si guarda bene dal censurarlo vista la fitta rete di interessi economici in comune (cito un esempio: l'Egitto ha comprato numerose navi italiane, quindi i nostri politici illuminati si guardano bene dal farlo arrabbiare).
Il dissidente che canta non è però una vittima inerme, né un sofferente che chiede pietà: è un eroe che rivendica la forza delle proprie idee e vede la sofferenza nel potente che usa la forza per difendere il potere:
Pensi che io stia qui a tremare,
ma il freddo tormenta le ossa
del debole, del mostro,
di chi beve potere per nascondere il vuoto.
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Francesco Abate
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