Siamo purtroppo abituati alle immagini delle case rase al suolo nella Striscia di Gaza, così come ci stiamo abituando alle notizie dei gazawi uccisi mentre sono in fila per accaparrarsi un po' di cibo, alle foto dei bambini ridotti pelle e ossa, alle aggressioni dei coloni in Cisgiordania. Dal 7 ottobre 2023 Israele ha accelerato l'esecuzione del genocidio dei palestinesi, e nel silenzio di chi ci rappresenta ci stiamo abituando all'orrore.
Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza è una raccolta di poesie scritte da poeti palestinesi impegnati a sopravvivere al genocidio nella Striscia di Gaza. Due di loro in realtà hanno già perso la vita: Heba Abu Nada è stata uccisa nell'ottobre del 2023, Refaat Alareer due mesi dopo.
La raccolta ha il merito di raccogliere fondi per le attività di assistenza sanitaria a Gaza di Emergency, ma merita di essere letta soprattutto per il suo contenuto.
A scrivere le poesie di questo libro sono persone che hanno perso la casa, che soffrono la fame, che ogni giorno rischiano la vita e vedono i propri cari falciati inesorabilmente dalla Stella di David sporca del loro sangue. Nelle poesie però non si trova solo dolore, ma è sempre presente il senso di rabbia di chi non chiede altro che una casa e un'esistenza normale, ricevendo in cambio bombe e colpi di cecchini. Con le sue poesie questo libro ci ricorda che i gazawi non sono alieni, o una specie animale particolare, sono esseri umani che amano, odiano, sognano e fanno progetti per il futuro, futuro che Israele e l'Occidente hanno deciso di distruggergli.
Già dal titolo, però, l'opera ci dice che c'è anche altro. Nei poeti non muore del tutto la speranza, rappresentata dal grido degli studenti che manifestavano nelle università occidentali; ridotti al silenzio, i palestinesi hanno affidato alle nostre gole la loro richiesta di giustizia. Le nostre voci purtroppo si stanno affievolendo, perché siamo anestetizzati e non sentiamo il loro dolore in tutta la sua potenza, cerchiamo lo svago ed evitiamo la lettura di testi politici e di protesta, però Marwan Makhoul nei suoi Versi senza casa ci dice che non è possibile lo svago mentre c'è un massacro:
Per scrivere una poesia non politica,
devo ascoltare gli uccelli,
e per sentire gli uccelli
bisogna far tacere gli aerei da caccia.
La poesia è qualcosa che le bombe non possono distruggere, che si alza sopra le macerie e vola in giro per il mondo, seminando nel cuore dei lettori i sentimenti e le idee di quelle menti e quei cuori che il genocida israeliano sta tentando di annichilire. Leggere Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza è un modo per empatizzare con chi vive un'esperienza così lontana dalla nostra vita, per assimilare la sua indignazione e la sua voglia di ribellarsi. Queste poesie non servono solo a umanizzare le vittime, sono necessarie a darci la spinta per alzarci in piedi ed opporci alla barbarie in cui sta affogando il nostro mondo sedicente civile.
Francesco Abate
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