lunedì 11 settembre 2017

RECENSIONE DI "IVANHOE" DI WALTER SCOTT

Vedendo l'immagine che ho scelto per aprire la recensione di un romanzo pregno di lotte cruente e valori cavallereschi come Ivanhoe, immagino che molti si sentano confusi. Ho scelto il fotogramma del Robin Hood di Walt Disney per mostrare quanto le leggende dell'Inghilterra del XII secolo ancora oggi siano popolari nel mondo intero.

Ho scelto di leggere Ivanhoe di Walter Scott per tornare un po' indietro negli anni. Quando ero piccolo, mia madre intuì la mia passione per la lettura e fece di tutto per coltivarla. I primi due libri che mi regalò la Befana, i primi due che furono acquistati appositamente per me, furono due edizioni per bambini de L'Isola del Tesoro e La Spada nella Roccia. Ricordo che si trattava di due libri dalle pagine profumate. Il primo non mi prese tanto, mentre della leggenda di re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda mi innamorai letteralmente. Nonostante siano passati tanti anni e le mie letture siano notevolmente cambiate, con Ivanhoe ho riscoperto il piacere che si può avere immergendosi in storie di nobili cavalieri, di lotte all'ultimo sangue e di amori conquistati con la spada. A differenza delle leggende di re Artù lette da piccolo, con Walter Scott ho trovato un magnifico abbinamento tra le gesta leggendarie e un clima storico reale.
Non bisogna dimenticare che Ivanhoe è un romanzo storico. Le vicende narrate sono ovviamente invenzione dell'autore, però sono inserite in un contesto storico reale ed anche molti personaggi sono realmente esistiti. La storia si svolge nell'Inghilterra del XII secolo, durante la reggenza del principe Giovanni che, approfittando dell'assenza di Riccardo Cuor di Leone, tenta di appropriarsi del trono d'Inghilterra. All'insaputa di Giovanni, Riccardo è tornato dalla sua prigionia e vive come cavaliere errante, desideroso di riappropriarsi del trono ma allo stesso tempo pronto a tuffarsi nelle avventure cavalleresche che ama molto più della politica. Ivanhoe è un cavaliere ricopertosi di valore in Palestina e fedelissimo a Riccardo. Ci sono poi i Templari, in questo romanzo dipinti come malvagi e avidi di potere, il cui campione Brian de Bois Guilbert si rivela nemico acerrimo di Ivanhoe. Non poteva mancare poi l'abilissimo arciere-bandito Robin Hood, che aiuta Riccardo Cuor di Leone a sventare un complotto ordito da alcuni nobili fedeli al principe Giovanni.
Nella vicenda ha un ruolo centrale la disputa tra sassoni e normanni. Ai tempi in cui si svolgono i fatti brucia ancora nel cuore dei sassoni la conquista normanna dell'Inghilterra. Nel romanzo i sassoni principali sono Cedric, padre di Ivanhoe, lady Rowena e Atelsthane. Cedric, legato ancora al vecchio orgoglio sassone, odia i normanni e cerca in ogni modo di mantenere i sassoni separati dai conquistatori così da poter un giorno riconquistare il potere. Deve però scontrarsi con la mentalità diversa delle nuove generazioni: suo figlio Ivanhoe è fedele suddito del normanno Riccardo Cuor di Leone e arriva a seguirlo in Palestina per la crociata, venendo perciò rinnegato; sua figlia Rowena ama Ivanhoe e non si interessa minimamente della questione sassone; Atelsthane, pur essendo un buon cavaliere, non ha sete di potere ed è disinteressato ad ogni disputa, egli brama solo buon cibo e comodità. Riccardo Cuor di Leone riesce comunque a mitigare l'ostilità dei sassoni e finisce per integrarli nella nobiltà inglese, cosa che invece il principe Giovanni nemmeno aveva provato a fare. Ovviamente in questo romanzo re Riccardo è il sovrano buono e amato da tutti, mentre Giovanni è quello cattivo e ingiusto. In tutte le leggende inerenti quest'epoca storica si scrive così, anche se la storia fu un pochino diversa (magari la approfondirò in uno dei prossimi post su questo blog).

Ivanhoe è un romanzo storico, genere di cui noi italiani tutti conosciamo il celebre I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Scott però scrive in un modo molto diverso da Manzoni. Nel suo romanzo non troviamo citate le gride, la descrizione dei fatti dell'epoca è un po' meno accurata rispetto a quella fatta dall'autore italiano. Di sicuro la scelta di Scott deriva anche dal fatto che sarebbe stato molto più difficile citare documenti del 1190, Manzoni trattava di un'epoca ben più vicina quindi avrà avuto meno difficoltà, ma io credo che il risultato finale dia ragione all'autore inglese. Mentre le grida citate a menadito di Manzoni spezzano un po' la storia e appesantiscono la lettura (scommetto che in tanti le avete anche saltate, ammettetelo!), Scott in Ivanhoe mantiene una narrazione scorrevole e centrata sui fatti del romanzo. Walter Scott si concentra di più sulla descrizione dei luoghi così com'erano all'epoca dei fatti, circa sei-settecento anni prima della stesura del romanzo, che su quella dei fatti, riuscendo così ad immergere il lettore nell'atmosfera di un'epoca antica.
Anche in Ivanhoe è poi forte il tema della Provvidenza. La conclusione della vicenda sembra decisa da una volontà superiore, non posso dirvi di più altrimenti vi rovinerei il finale.

Un altro motivo per cui è importante leggere Ivanhoe è che permette di osservare le radici dell'antisemitismo. Quando noi pensiamo al dramma degli ebrei, subito ci viene in mente l'Olocausto. Tendiamo però a dimenticare che i lager e le leggi razziali furono solo l'apice delle persecuzioni inflitte in Europa agli ebrei, infatti essi furono apertamente discriminati già in epoche molto più antiche. Nel romanzo tra i personaggi principali vi sono due ebrei: l'usuraio Isaac e la sua bellissima figlia Rebecca. Leggendo la vicenda narrataci da Scott, ci rendiamo conto di quanta poca considerazione essi godessero sia nel XII secolo che nel XIX. Isaac è buono, aiuta Ivanhoe dopo aver ricevuto da lui aiuto ed ama sua figlia più della sua vita, eppure è oltraggiato in ogni modo, alla corte di Cedric viene ospitato senza però che gli sia usato alcun riguardo; la bellissima Rebecca subisce a causa della sua religione una sorte ancora peggiore, nonostante curi amorevolmente Ivanhoe, deve subire l'onta di essere garbatamente disprezzata dallo stesso perché ebrea, rischia poi di essere bruciata come strega dai Templari solo per aver praticato con efficacia l'arte medica e per aver avuto la sfortuna che un templare si innamorasse di lei. Se le vicende ci mostrano tante ingiustizie riservate agli ebrei, anche il modo in cui sono narrate ci mostrano come le idee dell'autore non siano poi tanto diverse, inoltre il fatto che le esprima così liberamente ci fa capire come esse all'epoca fossero comuni. Può essere questo uno spunto di riflessione certamente non previsto dall'autore, ma che ci permette di comprendere meglio come si sia potuti arrivare ai campi di concentramento.

Per tanti anni Ivanhoe è stato ritenuto un romanzo storico per ragazzi. Si tratta di un errore fatto comunemente con le storie di cavalieri e dame, amori, tornei e assedi ai castelli. Il romanzo però è pregno di contenuti importanti, ci permette di comprendere meglio un momento storico e politico tormentato e cruciale nella storia dell'Inghilterra (e quindi, indirettamente, dell'intera Europa), ci fa riflettere sulla differenza tra legalità e giustizia (perché Robin Hood è un fuorilegge, eppure è un giusto), sulle radici dell'antisemitismo ed anche sulla corruzione del clero. 
La bravura di Scott è stata quella di inserire tanti contenuti in una vicenda che rischiava di essere una banale storiella di cavalieri e dame. Ha saputo abbinare una trama avvincente con una buona densità di contenuti. 
Consiglio di leggere questo romanzo perché vi tiene incollati alle pagine con il fascino avvincente delle storie cavalleresche e quando lo avrete chiuso vi sentirete più ricchi dentro.

Francesco Abate


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