martedì 21 aprile 2020

RECENSIONE DE "LA CIOCIARA" DI ALBERTO MORAVIA

Pubblicato nel 1957, La ciociara è uno dei più importanti romanzi dello scrittore italiano Alberto Moravia; l'opera fu resa celebre anche dall'omonima trasposizione cinematografica del 1960 diretta da Vittorio De Sica.
Da molti considerato un romanzo di guerra, in realtà ha come centro della narrazione lo stupro di Rosetta e per questo va considerato, come dichiarò lo stesso Moravia, un'opera sulla violenza.

Protagoniste de La ciociara sono Cesira, una bottegaia che vive a Roma, e sua figlia Rosetta. 
La guerra imperversa ma non sembra sconvolgere più di tanto Cesira, la quale se ne disinteressa e tira avanti curando gli affari della bottega. Solo quando la situazione del conflitto la tocca direttamente, rendendole impossibile la conduzione della sua attività, decide di lasciare Roma con sua figlia e rifugiarsi dai genitori che vivono in Ciociaria. Il treno per Fondi su cui è in viaggio viene però fermato lungo il tragitto, è perciò costretta a scendere e inizia un lungo periodo da rifugiata sui monti della Ciociaria.  
Il lungo periodo da rifugiata passa lentamente e pone la povera donna in condizioni di disagio sempre più profondo, con la miseria che si fa sempre più pesante e la continua paura di rastrellamenti.
Quando tutto sembra finito, e finalmente Cesira viene scortata dagli americani al paese dei genitori, si consuma il vero dramma; nel paese completamente disabitato, Cesira e Rosetta vengono sorprese da un gruppo di soldati marocchini, i quali le aggrediscono e abusano della ragazza. 
Lo stupro cambia radicalmente il carattere della mite e buona Rosetta; inizia a concedersi con estrema facilità a tutti gli uomini che mostrano interesse per lei. Sconvolta dal cambiamento della figlia, Cesira continua a darsi da fare per riuscire a tornare con lei a Roma.

Come disse lo stesso Moravia, La ciociara non è un romanzo sulla guerra. Il conflitto è tutto intorno ai personaggi, si respira nell'aria e tiranneggia nei pensieri, ma pochi sono i contatti diretti delle protagoniste con gli eventi bellici. Cesira della guerra capisce poco e inizialmente non se ne interessa, finisce però per rimanerci invischiata e ne scopre gli orrori attraverso le parole di Michele, figlio di un rifugiato, e con i pochi ma tragici contatti diretti.
Non trattando gli eventi di guerra, l'autore si impegna a evidenziarne i tragici effetti sulle persone e sulle loro vite. Cesira, donna semplice e ignorante che pensa solo a lavorare e ad assicurare un buon futuro alla figlia, progressivamente viene resa più povera e alla fine è costretta a vedere la sua amata figlia deturpata nello spirito dallo stupro. Lei scopre cosa comporta davvero quella guerra che prima vedeva come qualcosa di lontano e indefinito, e noi lo capiamo attraverso la sua esperienza.
L'amore in questo romanzo viene coscientemente evitato nella sua forma positiva per essere poi presentato nei suoi lati più sporchi e oscuri. Innamoramenti e scene di sesso non se ne vedono per quasi tutto il romanzo; poi irrompe violentemente lo stupro di Rosetta, e da quel momento la ragazza diventa l'amante di un gruppo di delinquenti. Questo modo di gestire la presenza dell'amore nel romanzo ci permette di vederlo in tutto il suo squallore quando è deturpato.
Moravia sceglie perciò di non raccontarci la storia o il substrato politico da cui si sviluppò; il suo intento è quello di mostrare come la guerra sia un evento capace di deformare le persone, abbattendo ogni legge morale e facendo emergere il lato peggiore di ognuno con un'opera lenta e inesorabile di sfinimento.
Nel romanzo c'è anche un richiamo all'esperienza di fuggiasco vissuta dallo stesso Moravia e dalla moglie Elsa Morante; fuggirono da Roma su un treno per Fondi dopo l'8 settembre 1943, perché lo scrittore era sulla lista degli uomini da arrestare, ma il treno fu fermato a metà strada e dovettero rifugiarsi sulle montagne della Ciociaria.

I personaggi principali del romanzo sono Cesira e Rosetta, ma degni di nota sono anche Michele e suo padre Filippo.
Cesira è una bottegaia ciociara che vive e lavora a Roma. Vedova di un marito mai amato, opera al solo scopo di assicurare un futuro tranquillo a sua figlia. Inizialmente non si cura della guerra e continua a lavorare finché non le diventa impossibile l'approvvigionamento di beni. Nel periodo in cui è rifugiata sulle montagne, conosce l'incertezza e la paura costante generati dalla guerra, e ascoltando Michele impara anche a preoccuparsi di cose al di fuori della semplice sussistenza; scopre che la compagnia costante del dolore e della morte portano le persone a dimenticare le proprie regole morali e lei stessa, che è sempre stata una donna onesta, si spinge a rubare i soldi a un uomo appena morto davanti ai suoi occhi. La storia viene raccontata da lei, infatti il romanzo è scritto in prima persona.
Rosetta è la figlia diciottenne di Cesira. Molto buona, mansueta e sempre ubbidiente, è la luce degli occhi della madre. La sua mitezza e la sua bontà, in cui la madre vede perfezione, sono in realtà principalmente figlie dell'inesperienza e questo le si ritorce contro quando viene stuprata dai soldati marocchini. Dopo l'abuso, inizia a concedersi agli uomini con assurda facilità, come se inconsciamente si arrendesse alla costrizione e facesse ciò che gli aggressori le avevano imposto con la forza al momento della violenza; se prima obbediva solo alla madre palesando quasi una mancanza di volontà, dopo si concede agli uomini con la stessa sottomissione. Solo alla fine, dopo la morte di uno degli amanti, sembra avere una sorta di ravvedimento.
Michele e Filippo sono due personaggi minori la cui importanza è in funzione di Cesira. La bottegaia di inizio romanzo è infatti paragonabile a Filippo, donna di grande senso pratico e concentrata quasi esclusivamente sull'accumulo di merce o denaro, poi lentamente matura e diventa più simile a Michele, acquistando consapevolezza della realtà circostante e dei disordini morali che porta con sé. Michele nel romanzo è l'intellettuale che istruisce Cesira, perdendosi in lunghe riflessioni che lentamente la fanno maturare, ma nonostante la sua avversione per i fascisti e i tedeschi non si comporta mai da eroe; muore salvando prima Rosetta e poi tentando di salvare un gruppo di contadini dalla furia dei nazisti, ma i suoi gesti eroici sono isolati e non programmati, si trova ad agire d'impulso, inoltre non servono a niente (Rosetta subirà violenza in seguito e i contadini vengono lo stesso uccisi).

Tante furono le critiche mosse a La ciociara dopo l'uscita. Le principali riguardano la struttura del romanzo, da tutti ritenuto troppo dispersivo e lento nella parte centrale, poi troppo precipitoso nel finale. La parte conclusiva molti critici l'hanno definita posticcia e buonista; secondo loro quel barlume di speranza delle protagoniste è una forzatura inserita per dare un finale più lieto alla storia.
Lo stesso Moravia si pose il problema della parte centrale lenta, ma in una lettera a Bompiani giustificò la sua scelta con l'intenzione di mostrare la lenta e straziante immersione delle protagoniste in un'atmosfera di paura; l'editore gli diede ragione. In effetti è proprio nella lenta fase centrale che Cesira matura e passa dall'essere la bottegaia superficiale e ignorante a essere riflessiva e consapevole della realtà circostante. 
La lentezza della fase centrale crea poi un contrasto con la fase finale veloce, rendendo alla perfezione il precipitare degli eventi che fa crollare il mondo addosso a Cesira e Rosetta. Quando infatti il pericolo sembra passato, le protagoniste vengono colpite al cuore e vedono iniziare il loro vero inferno.
Per quanto mi riguarda, la scelta della lentezza centrale è una scelta azzeccata sia per il contrasto con la parte finale, sia perché ci permette di cogliere la maturazione della protagonista. L'unico modo che Moravia aveva per evitare questa stasi era cominciare il romanzo con un personaggio già consapevole, ma così la storia sarebbe stata completamente diversa e avrebbe perso buona parte della sua forza. Per funzionare, La ciociara doveva mostrarci una persona del popolo, semplice e ignorante, disinteressata e inconsapevole; questo rendeva necessaria la maturazione.
Anche la costruzione del personaggio di Cesira non è stata ottimale secondo i critici; a loro dire non è credibile che la protagonista parli a inizio libro da semplice bottegaia ignorante per poi perdersi in profonde riflessioni sul mondo e sulla psiche della figlia nella parte finale. Effettivamente anch'io ho trovato poco naturale l'evoluzione del linguaggio e del modo di ragionare di Cesira, ma credo che sia un piccolo sacrificio al realismo che permette di cogliere meglio il messaggio lanciato dall'autore; forse l'uso della narrazione in terza persona sarebbe stato preferibile.

De La ciociara si ricorda spesso il film premio oscar, mentre il libro è un po' oscurato dalle critiche che ha ricevuto e dal paragone con il più grande capolavoro di Moravia, Gli indifferenti
Al netto di qualche imperfezione di cui forse lo stesso autore era cosciente, come si evince dalla corrispondenza con l'editore Bompiani, il romanzo merita comunque di essere letto. Si tratta di un libro importante, che illustra la guerra vista dagli occhi di chi la subisce senza nemmeno sapere cosa sia; non c'è la politica, non c'è l'eroismo della Resistenza, ci sono due donne sole che cercano di sopravvivere. Vediamo il disfacimento morale che si verifica nella persona costantemente in preda alla paura, così come è evidente la lenta ma inesorabile morte della speranza. 
Dobbiamo leggere libri come questo e usarli come scudo contro gli ideali malati che ogni tanto nascono nel mondo per giustificare atti di forza o sospensioni della libertà. La ciociara è una lettura fondamentale oggi più che mai.

Francesco Abate


2 commenti:

  1. È il mio romanzo preferito di Moravia, crudo e durissimo ma reale.
    Tante povere donne, anche oggi che la guerra è finita, subiscono lo stesso orrendo trattamento delle protagoniste del libro e nessuno le aiuta.
    Baci.

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    Risposte
    1. Purtroppo lo stupro è già un atto di violenza molto comune e, in un contesto privo di leggi e di morale come la guerra, diventano la norma; poi ci sono gli stupri comandati apposta per colpire la popolazione ad aggravare la situazione.
      Il caso ne "La ciociara" richiama poi al fenomeno del "marocchinato" in cui le truppe marocchine, per nulla scoraggiate dai loro capi francesi, si comportarono in modo atroce con la popolazione italiana (stuprarono donne, uomini e bambini senza nessuna pietà).
      La guerra è qualcosa di terribile e certi libri si dovrebbero leggere così da sfuggire alla tentazione di giustificarne di nuove come oggi si fa troppo spesso.
      Baci.

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