Il Deserto dei Tartari è il romanzo che ha consacrato Dino Buzzati come uno dei principali autori del Novecento. Si tratta di un'opera che ha ispirato numerosi artisti, i più importanti dei quali sono il regista Valerio Zurlini, che nel 1976 ne fece un film, lo scrittore sudafricano J.M. Coetzee, che nel 1980 scrisse il romanzo Aspettando i Barbari usando una trama simile, e il cantautore Franco Battiato, che si paragona a Giovanni Drogo nella canzone Dieci Stratagemmi.
Non deve stupire il successo che il romanzo di Buzzati riscuote sin dalla sua uscita nel 1940, è un'opera che affronta la più grande angoscia dell'uomo moderno, la fuga del tempo. Il sottufficiale Giovanni Drogo, assegnato alla Fortezza Bastiani, passa l'intera esistenza aspettando la grande occasione, quell'assalto nemico che gli permetterà di distinguersi e diventare un eroe. Mentre l'attesa si consuma, il tempo passa e il mondo cambia, gli affetti appassiscono e muoiono, la giovinezza svanisce e la salute si indebolisce; quando finalmente la grande occasione è sul punto di arrivare, non c'è più la forza di coglierla, così Drogo si ritrova ad aver buttato via i migliori giorni della vita senza aver ottenuto nulla in cambio. Giovanni Drogo è l'uomo moderno, che sogna in grande ed è sempre in attesa di una grande occasione, ma finisce per farsi sfuggire quello che già ha: il tempo, la salute e gli affetti.
La storia del protagonista de Il Deserto dei Tartari è pienamente umana, presa in prestito dalla vita vera dell'autore. Buzzati ha più volte dichiarato di essersi ispirato alla sua esperienza di redattore del Corriere della Sera nel periodo tra il 1933 e il 1939; costantemente in attesa della notizia che avrebbe dato la svolta alla sua vita e alla sua carriera, con la sensazione opprimente di lasciarsi scivolare la vita dalle mani distratto da quell'eterno appostamento. A testimoniare questa somiglianza tra Drogo e Buzzati c'è anche l'assenza della figura paterna: lo scrittore era orfano di padre e nel romanzo della famiglia di Drogo è citata soltanto la madre.
Sebbene sia un romanzo realistico, l'ambientazione è frutto della fantasia ed è anche poco definita. La Fortezza Bastiani è l'ultimo avamposto settentrionale di un Regno di cui non viene mai citato il nome, i nemici sono indefiniti e indicati solo nella loro qualità di nemici, la pianura presidiata dalla fortezza è chiamata "Deserto dei Tartari" ma non vi è alcun segno della popolazione mongola da cui prende il nome. La scelta non è casuale, è la storia qualunque di un uomo qualunque che si svolge in un luogo qualunque. Drogo potrebbe essere italiano, potrei essere io che ora scrivo o tu che ora leggi, potrebbe essere chiunque: siamo tutti in attesa della grande occasione, della svolta, e tutti possiamo dimenticare di vivere.
Questo romanzo ha un finale che lascia l'amaro in bocca, anche se in molti hanno voluto vedervi un significato positivo. Giovanni Drogo, ormai malato al punto da non reggersi in piedi, viene allontanato suo malgrado dalla fortezza proprio nel momento in cui i nemici stanno arrivando davvero, quindi gli viene negato quello che ha atteso per tutta la vita. Moribondo e deluso, si consola ingaggiando una lotta con la morte, deciso a non farsi trovare né disperato né scomposto, bensì calmo e sorridente come un soldato che muore eroicamente in battaglia. Per alcuni questo finale ha un significato positivo, perché il protagonista si riscatta trovando la gloria nell'atto finale della vita; per me invece siamo in presenza di un uomo che ha sprecato l'esistenza correndo dietro ad una fantasia e ne è consapevole, nel suo immaginario duello con la morte ci vedo solo la rassegnazione di chi si accontenta del surrogato di quello che ha sempre desiderato, una gloria fasulla utile a nascondere l'errore.
Il Deserto dei Tartari ci dice che la distruzione dell'esistenza di un uomo nell'attesa della grande occasione è figlia di un concorso di colpa. Giovanni Drogo viene assegnato alla fortezza, non sceglie di andarci, e quando chiede di andare via viene convinto con uno stratagemma a restare; col passare del tempo però sposa la fantasia del nemico alle porte e, quando tornando in città si accorge di aver perso tutti gli affetti e la vita precedente, sceglie di restare per sempre nella fortezza consacrandosi a quella folle e inconcludente attesa. Buzzati in questo libro ci dice che la colpa dello spreco di vita è tanto della società, che ci spinge a cercare il successo e crea in noi l'aspettativa della grande svolta, quanto dell'uomo, che perde di vista le cose fondamentali della vita e sposa l'idea comune di successo (nel caso di Drogo il successo è l'eroismo militare).
Il Deserto dei Tartari è considerato uno dei più importanti romanzi del Novecento ed è a mio parere un libro da leggere assolutamente.
Il tema che tratta Buzzati è molto moderno, basti pensare alla pressante richiesta di affermazione che oggi schiaccia tutti noi e alimenta nella popolazione problemi come lo stress e l'insoddisfazione di sé. La società ci spinge a dare sempre il massimo e ci colpevolizza se non riusciamo, intanto nell'attesa della svolta rischiamo di perdere quello che abbiamo e che davvero può darci la felicità, cioè la vita e l'affetto delle persone care. Non dobbiamo fare come Giovanni Drogo, ma dobbiamo imparare a capire quando l'attesa è inutile o quando non ne vale la pena; dobbiamo inoltre capire che, se quello che aspettiamo non arriva, forse stiamo aspettando la cosa sbagliata.
Sebbene il tema sia importante, il libro è scritto in modo molto semplice e lineare, risulta perciò di facile lettura.
Francesco Abate
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