Il pendolo di Foucault è un romanzo di Umberto Eco pubblicato nel 1988, il più importante dopo Il nome della rosa.
Ambientato nel Piemonte di fine anni Ottanta, narra una vicenda che si sviluppa dalle Crociate e passa attraverso i secoli e gli eventi più significativi della storia dell'umanità. Nel libro c'è di tutto, dalla filosofia al misticismo, dalla storia ai complotti per il dominio del mondo, dalla Cabala ebraica agli Assassini musulmani.
Il romanzo parla del giovane Casaubon, il quale incontra casualmente in una delle tante manifestazioni degli anni Settanta Jacopo Belbo, dipendente di una piccola casa editrice. L'incontro fortuito ha seguito perché Casaubon è impegnato in una tesi di laurea sui Cavalieri Templari, mentre Belbo ha appuntamento con un certo Ardenti, il quale vuole sottoporre alla sua attenzione un manoscritto che proprio dell'ordine templare parla. L'incontro non produce niente di interessante, quella di Ardenti è infatti una storia farneticante inerente un misterioso tesoro dei Templari, qualcosa di moda allora come oggi, ma da quel momento inizia un rapporto di amicizia tra Casaubon e Belbo che porta il primo a lavorare per la Garamond. Quando la casa editrice decide di aprire una sezione dedicata all'occultismo, Belbo, Casaubon e Diotallevi iniziano a maneggiare numerosi scritti inerenti l'esoterismo e misteri verosimili. I tre decidono di inventarsi un Piano tutto loro, cioè un complotto che ha attraversato i secoli e ha influenzato il più possibile la storia umana, con una rete di società segrete interessata a conoscere un segreto capace di consegnare la Terra nelle proprie mani. Il Piano che elaborano è sgangherato, ma finisce dapprima per coinvolgerli troppo, infine li mette in guai seri.
Il pendolo di Foucault è un romanzo che nasce per analizzare e criticare l'esoterismo e in generale un misticismo da due soldi che divenne di moda negli anni Ottanta e ogni tanto torna a riemergere, ci basti pensare, volendo valutare la situazione ai giorni nostri, ai tanti che credono nella Cabala o in fantomatici misteri delle logge massoniche. Questi segreti, capisce alla fine Casaubon, servono semplicemente a creare all'uomo degli alibi, a giustificarne i fallimenti. Chi fallisce, immaginandosi di aver fallito per via di un complotto cosmico, si sente meno in colpa con sé stesso. Questo bisogno di un segreto porta alla creazione di analogie forzate, spesso senza senso, e a una visione sballata dei fatti, così tutto appare verosimile e si finisce per crearsi una verità su misura.
Il protagonista alla fine realizza che il vero Segreto è l'assenza di un Segreto, l'universo è ciò che vediamo e che percepiamo, va bene sforzarsi di comprenderlo e non fermarsi alle apparenze, ma non ha senso capovolgere tutto nel tentativo di cercare quello che non c'è.
Questo contrasto tra "quel che è" e "quel che crediamo sia" diventa evidente associando il titolo del romanzo al suo contenuto. Il titolo richiama al celebre esperimento dello scienziato francese Jean Bernard Léon Foucault, il quale appese un gigantesco pendolo alla cupola del Pantheon e dimostrò la rotazione terrestre, ma parla poi di esoterismo. Il Pendolo stesso, emblema della scienza, diventa il centro del complotto anti-scientifico, di un rito magico finalizzato alla conquista delle forze segrete della Terra. Questo accostamento dimostra come perfino la scienza, la quale dimostra delle verità inconfutabili, possa essere stravolta per far passare messaggi privi di ogni fondamento. I giochi di analogie inventate trasformano le scoperte scientifiche in verità esoteriche, così fanno anche i protagonisti nel loro Piano inventato per gioco.
Nel corso dello svolgimento del romanzo si incontrano e analizzano, con processi mentali più o meno fantasiosi, diversi gruppi massonici e diverse credenze esoteriche. Un ruolo di primo piano è dato da Eco alla Cabala, cioè la dottrina mistica ed esoterica ebraica circa Dio e l'universo, di cui è sin dall'inizio credente uno dei protagonisti, Diotallevi. Ispirata alla Cabala è anche la struttura del romanzo, esso è infatti diviso in dieci parti, ognuna delle quali porta il titolo di una Sefirot, cioè di una delle emanazioni di Dio attraverso cui è avvenuta la creazione secondo la Cabala; i titoli sono inoltre sistemati secondo l'ordine seguito dall'Albero delle Sefirot, diagramma che è alla base di ogni riflessione cabalistica e che pone all'apice Keter e alla base Malkuth. Per la Cabala le Sefirot sono fondamentali perché non rappresentano solo le emanazioni divine, ma anche gli stati d'animo dell'uomo, le particolari vicende della sua vita e in un certo senso tutto l'universo in cui vive, mentre l'Albero ci fa capire come si possa giungere alla piena unità con Dio.
I protagonisti principali della vicenda sono tre: Casaubon, Jacopo Belbo e Diotallevi.
Casaubon, l'io narrante della storia, affronta inizialmente le teorie occultistiche con scetticismo e con un approccio scientifico. Man mano che si avventura nel mondo dell'esoterico, eccitato da alcune coincidenze, inizia però ad avere dei dubbi e a credere che qualcosa di vero possa esserci, finendo per non essere più capace di distinguere il reale dall'immaginario. Solo alla fine, di fronte all'evidenza della confusione del gruppo massonico che gli dà la caccia, ha un'illuminazione e capisce la verità.
Jacopo Belbo è anch'egli scettico verso le teorie con cui è chiamato a confrontarsi per via del suo lavoro. Per lui però il Piano è un'occasione di riscatto, non ci crede ma ha bisogno di farlo, ridarebbe infatti un senso alla sua esistenza e ne cancellerebbe la mediocrità che pesa su di lui come un macigno. Nonostante non nutra nel Piano una fede cieca, finisce per viverlo e usarlo come mezzo di riscatto, venendo però travolto dagli eventi.
Diotallevi è di per sé un personaggio più mistico, profondo conoscitore della Torah (il Pentateuco, l'insieme dei primi cinque libri della Bibbia) e della Cabala. Vive il Piano in modo più religioso, per lui è un gioco ma, quando per coincidenza un dramma si abbatte su di lui, subito si convince che saranno tutti e tre puniti per aver giocato con qualcosa di sacro.
Il pendolo di Foucault è un romanzo molto ricco di contenuti. Scritto nel linguaggio piuttosto aulico di Eco, ricco di richiami non sempre facilmente comprensibili alla storia, alla filosofia e alla religione, non è certo un libro di facile lettura. Soprattutto nella prima parte, quando lo scrittore si dilunga nei primi incontri dei protagonisti coi Templari e i Rosa-Croce, con lunghe narrazioni delle teorie fantastiche circolate nei secoli su questi gruppi, spesso si è scoraggiati al proseguimento della lettura perché nasce la sensazione che in fondo nelle pagine a seguire non accadrà nulla. Fortunatamente, andando avanti con un po' di pazienza, la storia inizia a prendere un andamento più appassionante e a quel punto diventa difficile abbandonare la lettura. Questo è il brutto e il bello di Eco, dice tante cose ma non lo fa in modo semplice.
Molto interessante è la scelta di mostrarci per esteso i meccanismi attraverso cui i protagonisti elaborano il Piano. Eco ci dimostra come è facile trovare analogie tra fatti completamente estranei tra loro, magari anche distanti di secoli, quando si è deciso di volerne trovare una; ci fa vedere come è facile stravolgere la lettura della storia e delle teorie scientifiche. L'autore ci dimostra come nascono tutti questi gruppi e questi portatori di pseudo-verità che ogni anno vengono a dirci che il mercurio si può trasformare in oro o scempiaggini simili. Per questo, trattando di teorie che spesso rifioriscono, che in questi stessi anni stanno ritrovando vigore, il romanzo dev'essere assolutamente letto e compreso.
Parlando di teorie esoteriche e Templari, non si può non pensare a Dan Brown. Negli anni più volte è stato fatto un accostamento tra Il codice Da Vinci dello scrittore americano e Il pendolo di Foucault di Eco. Su questo paragone io non posso esprimermi, non avendo letto il romanzo di Dan Brown (ho visto solo il film che ho trovato carino), ma su sollecitazione della critica rispose lo stesso Eco, intervistato da Deborah Solomon per La Repubblica in un articolo del 25 novembre 2007, e disse: "Sono stato costretto a leggerlo, perché tutti mi facevano domande in proposito. Le rispondo che Dan Brown è uno dei personaggi del mio romanzo Il pendolo di Foucault, in cui si parla di gente che inizia a credere nel ciarpame occultista". Lo scrittore poi, rispondendo ancora alla Solomon, ribadì: "... nel pendolo di Foucault ho rappresentato quel tipo di persone (quelle che si interessano di cabala, occultismo e simili - nda) in maniera grottesca. Ecco perché Dan Brown è una delle mie creature". Credo siano parole che non necessitino di alcun commento.
Il pendolo di Foucault non è un romanzo di semplice lettura, non è uno di quei libri che puoi leggere mentre ascolti la musica e qualcuno ti chiama continuamente e ti interrompe. Eco ci propone un testo che è come i distillati ben invecchiati, che non vanno tracannati e che, assaggiati da un ragazzino in cerca solo della sbornia, non hanno successo. Se avrete la pazienza di assaporare questo libro anche nelle sue parti più dure, di affrontare argomenti vari e non sempre di facile comprensione, di veder stravolgere tutto il sapere umano per gioco e con una logica discutibile, vi ritroverete con la mente più ricca e l'appagante sensazione di aver speso bene il vostro tempo. Come il distillato ben invecchiato, non sempre ha un buon impatto sulla lingua, ma lascia la bocca buona e il cuore felice.
Francesco Abate
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