domenica 23 giugno 2024

VENEZUELA

 

Venezuela è una poesia contenuta nella raccolta Inferno.
In questa poesia racconto il sogno del paese che parve rinascere sotto il governo di Hugo Chavez e il successivo incubo, l'inferno, con la dittatura del suo successore Maduro.
Con l'avvento di Chavez "L'appestato si rialzò dalla strada / e camminò nel mezzo della folla / col sorriso di chi rivede una donna / partita anni addietro ma sempre desiderata", poi venne Maduro e "Il sano prese aspetto di lebbra / e la folla si piegò su sé stessa / con la testa che mordeva la coda / per staccarla dal resto del corpo".
Questa poesia mostra come una potenziale rinascita sia diventata l'ennesimo inferno, l'ennesima dittatura che consolida il proprio potere calpestando la povera gente.

Vi ricordo che potete acquistare Inferno in tutte le librerie e in tutti i collegamenti che trovate in questa pagina.
Se volete, potete anche seguirmi sui social alle seguenti pagine: FacebookMeWe.
Se vi fa piacere, fatemi sapere cosa pensate dei miei libri commentando sul blog, sulle pagine social o lasciando una recensione sulle piattaforme di acquisto.

Francesco Abate

giovedì 13 giugno 2024

ALLA PRIMAVERA, O DELLE FAVOLE ANTICHE DI GIACOMO LEOPARDI

 

Alla Primavera, o delle Favole antiche è una canzone composta da Giacomo Leopardi a Recanati nel gennaio 1822, composta da cinque strofe di diciannove versi ciascuna.

Il tema della canzone è l'identità tra l'immaginazione antica, la mitologia, e quella fanciullesca, oltre alla triste consapevolezza che la morte del mito ha privato la Natura della sua empatia nei confronti dell'essere umano, trasformando il mondo in un vuoto palcoscenico dove le persone vivono i propri drammi.
Il concetto dell'identità tra il mito e l'immaginazione fanciullesca Leopardi lo ribadisce anche nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Anche nello Zibaldone l'autore affronta il tema della nostalgia per i miti antichi, richiamando delle immagini che in seguito inserirà nella canzone: <<Che bel tempo era quello nel quale ogni cosa era viva secondo l'immaginazione umana e viva umanamente cioè abitata o formata di esseri uguali a noi, quando nei boschi desertissimi si giudicava per certo che abitassero le belle Amadriadi e i fauni e i silvani e Pane, ec. ed entrandoci e vedendoci tutto in solitudine pur credevi tutto abitato e così de' fonti abitati dalle Naiadi ec. e stringendoti un albero al seno te lo sentivi quasi palpitare tra le mani credendolo un uomo o donna come Ciparisso ec. e così de' fiori ec. come appunto i fanciulli.>>

Nel titolo della canzone si può notare come i termini Primavera e Favole siano scritti con la lettera maiuscola. L'intento di Leopardi è quello di evidenziare le due parole, sottolineandone così anche l'identità.
Il poeta non parla di mito, ma di Favole antiche, perché riprende l'etimologia della parola fabula, la quale deriva dal verbo for, faris che significa "parlare" o "comunicare".

L'ultima strofa della canzone esprime con potenza e chiarezza il tema della poesia. Leopardi constata come l'uccello che canta non partecipa al dolore umano ("Ma non cognato al nostro / il gener tuo..."), quindi muore il mito di Filomela che, trasformata in usignolo dopo aver subito una violenza ed assistito ad alcune atrocità, canta al tramonto note di dolore per il genere umano. Con quello di Filomela muore tutto il mito antico, infatti l'Olimpo è vuoto ("Ahi ahi, poscia che vote / son le stanze d'Olimpo...").
La morte del mito rende la Natura sorda alle sofferenze umane, quindi Leopardi chiude la canzone esortandola ad essere, se non partecipe, almeno spettatrice, e di restituirgli l'ardore della prima giovinezza:
"tu le cure infelici e i fati indegni
tu de' mortali ascolta,
vaga natura, e la favilla antica
rendi allo spirito mio; se tu pur vivi,
e se de' nostri affanni
cosa veruna in ciel, se nell'aprica
terra s'alberga o nell'equoreo seno,
pietosa no, ma spettatrice almeno."

Francesco Abate

giovedì 6 giugno 2024

EBRU TIMTIK E' IMMORTALE

 

Ebru Timtik è immortale è una poesia contenuta nella raccolta Inferno.
In questa poesia parlo dell'avvocata turca di origine curda Ebru Timtik, attivista dei diritti umani accusata dal governo turco di fare parte di un'organizzazione terroristica, arrestata e morta dopo più di 250 giorni di sciopero della fame. Ebru Timtik ha lottato fino alla morte per avere un processo giusto, contro il governo crudele e autoritario di Erdogan e le ingiustizie inferte ai curdi.
Ebru Timtik ha lottato per la giustizia, "ma la sciabola del sultano / taglia tutte le teste / che si alzano a guardarlo."
Ebru Timtik sapeva benissimo che il coraggio di difendere la propria libertà spaventa a morte i dittatori:
ma il sultano trema, ha paura,
mostra i denti come un cane
messo spalle al muro da un orso
perché dal popolo si alza un grido
il cui eco nell'aria non scema:
"Ebru Timtik è immortale".


Vi ricordo che potete acquistare Inferno in tutte le librerie e in tutti i collegamenti che trovate in questa pagina.
Se volete, potete anche seguirmi sui social alle seguenti pagine: FacebookMeWe.
Se vi fa piacere, fatemi sapere cosa pensate dei miei libri commentando sul blog, sulle pagine social o lasciando una recensione sulle piattaforme di acquisto.

Grazie e buona lettura.

Francesco Abate

domenica 2 giugno 2024

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO DI MARCEL PROUST

 

Alla ricerca del tempo perduto è l'opera più importante dello scrittore francese Marcel Proust, scritta tra il 1906 e il 1922, composta di sette volumi (tre dei quali pubblicati postumi) ed inserita nel guinness dei primati per la sua lunghezza.
Questi sette romanzi sono un lunghissimo viaggio nella mente di un uomo per niente speciale, se non dotato di una straordinaria sensibilità, che in sole due occasioni scopriamo chiamarsi Marcel (viene chiamato per nome dalla fidanzata Albertine nel libro V - La prigioniera) e che intuiamo quindi essere l'autore stesso della Ricerca. Il narratore, Marcel appunto, ripercorre i ricordi della sua esistenza dall'infanzia fino ai primi anni del Novecento, concludendo il racconto con la nascita del proposito di scrivere un romanzo sugli uomini e sul tempo. Alla ricerca del tempo perduto è quindi un romanzo circolare, che termina con la propria genesi; lo stesso Proust infatti dichiarò in più occasioni di aver scritto simultaneamente l'inizio e la fine dell'opera.
Proust in quest'opera ripercorre la propria esistenza, tornando a guardare la società in dissoluzione nella quale si è mosso e i sentimenti che hanno accompagnato le sue esperienze, e giunge alla conclusione che il senso ultimo della vita sia nell'arte e nella letteratura.

Alla ricerca del tempo perduto è l'immenso progetto di Proust di tracciare una sintesi dell'esistenza umana e dei moti dell'anima. L'opera è scritta con un linguaggio molto ben cesellato, ricco di sfumature e raffinatezze tali da evidenziare anche il particolare più minuscolo di un sentimento o di uno stato d'animo.
Sebbene le intenzioni dell'autore siano buone, e la scrittura ottima, Alla ricerca del tempo perduto è un concentrato assoluto di noia che scoraggia alla lettura anche l'anima più volenterosa. Non dubito che in tanti l'abbiano letto o lo leggano, anche perché la Ricerca è un po' come l'Ulisse di Joyce, un'opera che fa sentire il lettore in diritto di guardare gli altri esseri umani dall'alto in basso. Chiaramente io esprimo solo la mia opinione di lettore, e ribadisco che sul piano del linguaggio e dei temi l'opera abbia dei pregi innegabili, ma i romanzi per compiere la propria opera devono prima di tutto invitare alla lettura e la Ricerca, almeno a mio modo di vedere, non lo fa.

Francesco Abate