lunedì 16 marzo 2020

COMMENTO AL CANTO XXXI DELLA "DIVINA COMMEDIA - PARADISO"

In forma dunque di candida rosa
mi si mostrava la milizia santa,
che nel suo sangue Cristo fece sposa
Il canto XXXI riprende la descrizione della Candida rosa fatta in quello precedente senza soluzione di continuità, infatti nel primo verso il dunque indica la prosecuzione del discorso prima troncato. A Dante si mostrano dei beati, qui chiamati milizia santa, i quali sono stati redenti col sangue di Cristo e a lui si sono congiunti. La schiera degli angeli, che volando vede e canta la gloria di Dio (colui che la innamora) e la bontà che la rende ciò che è (cotanta), si comporta come uno sciame d'api che si tuffa nel fiore per prenderne il polline per poi tornare all'alveare (là dove suo laboro s'insapora - dove il polline preso diventa miele): scende nel gran fiore adorno di tanti petali (i beati) e poi risale là dove soggiorna sempre il suo amore, cioè da Dio. Gli angeli hanno le facce rosse come la fiamma viva, le ali d'oro, e le vesti candide più della neve; la loro descrizione riprende l'iconografia classica della Bibbia, che fu anche ripresa dall'arte senese e mugellana. Quando scendono nel fiore, gli angeli porgono a ogni beato la pace e l'ardore che acquistano sbattendo le ali (ventilando il fianco). La presenza tra Dio e il fiore di tanti angeli non impedisce la vista della luce divina, questo perché la luce di Dio penetra nell'universo a seconda della capacità di recepirla e nulla può esserle di ostacolo; questo passaggio non solo specifica come la luce divina non possa essere attenuata, ma nel dirci che gli angeli non la ostacolano fa anche riferimento al loro essere diafani, caratteristica che il poeta cita anche nel Convivio. Questo regno tranquillo e pieno di gioia è abitato da personaggi antichi, che credettero nel Cristo venturo, e da gente nuova, che ha creduto nel Cristo venuto, e tutti guardano verso un solo punto, verso Dio. 
A questo punto l'autore interrompe la descrizione e muove un'invocazione a Dio, luce trina che brilla in un'unica stella, che appaga i beati scintillando davanti ai loro occhi, e gli chiede di guardare giù alla vita dei mortali, che è tanto complessa ed agitata da poter essere chiamata procella (Oh trina luce che 'n unica stella / scintillando a lor vista, sì li appaga, / guarda qua giuso a la nostra procella). Se i barbari che scendono dalle regioni del nord Europa, quelle vigilate dalla costellazione dell'Orsa Maggiore (Elice - altro nome della ninfa Callisto che, secondo la mitologia greca, fu trasformata prima in orsa da Giunone e poi nella costellazione da Zeus), la quale ruota vicino a quella di suo figlio (riferimento alla costellazione del Boote; sempre secondo la mitologia greca, il figlio di Callisto, Arcade, durante una battuta di caccia stava per uccidere un'orsa, non sapendo che quella fosse sua madre, e Zeus evitò il misfatto trasformando entrambi in costellazioni poste vicine nel cielo: lei l'Orsa Maggiore, lui il Boote), si stupivano vedendo la grandezza di Roma quando il Laterano era la più grande opera umana, il poeta ci chiede di immaginare lo stupore che prova lui, che è salito dalle cose mortali al cospetto di quelle divine, che ha lasciato il popolo fiorentino per vedere quello giusto e puro dei beati. La gioia e il gaudio che prova gli fanno desiderare di non udire e non dire niente. Dante fa come il pellegrino che si riposa dopo il lungo viaggio che l'ha condotto al tempio e che spera di poter raccontare come questo sia: muove lo sguardo lungo la luce divina e lungo i gradini, in alto, in basso e da ogni lato. Vede volti conformati alla carità, fregiati dalla luce divina e dal proprio sorriso, ornati di compostezza spirituale. 
Dante ha guardato l'insieme della Candida rosa (la forma general di paradiso) e non ha ancora fermato lo sguardo in un punto preciso. Si volge verso Beatrice per farle delle domande che sono nate nella sua mente, ma vede qualcosa di diverso da quel che s'aspettava (Uno intendea, e altro mi rispose): al posto della donna c'è un uomo anziano vestito come gli altri beati. Gli occhi e il volto del nuovo arrivato sono soffusi di benigna gioia, ha un atteggiamento devoto simile a quello di un padre amorevole. Dante gli chiede dove sia Beatrice; lui risponde che proprio il desiderio della donna lo ha spinto a venire lì, poi gli dice che lei è tornata al seggio che Dio le ha assegnato per i suoi meriti e lo invita a guardare il terzo gradino dall'alto per vederla. Il poeta non risponde, alza lo sguardo e la vede  incoronata da un'aureola che riflette i raggi divini; osserva che la distanza che li separa è di gran lunga superiore a quella che separa un occhio umano posto sul fondo di un abisso dalla parte del cielo dove si formano i tuoni, eppure lui la vede perfettamente perché lì non c'è alcun mezzo (acqua o aria) che ne attenui l'immagine. 
Dante rivolge una preghiera a Beatrice, la donna in cui la sua speranza ha preso vigore: lei soffriva per la cattiva salute della sua anima e arrivò a lasciare le sue impronte (vestige) nel Limbo per salvarlo, lui riconosce che ha potuto compiere questo viaggio salvifico nell'aldilà e conoscere la grazia e la virtù di ciò che ha visto grazie al suo potere e alla sua bontà, lei lo ha liberato dalla schiavitù del peccato facendo tutto quello che era in suo potere, le chiede perciò di custodire in lui la sua magnificenza così che la sua anima si stacchi dal corpo così pura come lei l'ha resa. Beatrice lo guarda e sorride, poi torna a guardare in direzione di Dio.
Il beato lo invita, affinché Dante compia perfettamente il cammino che lui è stato inviato a guidare dalle preghiere di Beatrice, a percorrere con gli occhi la Candida rosa (questo giardino) così che il suo sguardo si prepari a sostenere la visione di Dio; poi gli assicura che la Vergine Maria (la regina del cielo), per cui lui arde d'amore, gli concederà ogni grazia perché lui è il suo fedele Bernardo. Scopriamo perciò che la nuova guida di Dante è san Bernardo di Chiaravalle, teologo e monaco vissuto tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo; fu simbolo del culto mariano, e questo potrebbe già spiegarne la presenza in quest'ultima fase del viaggio dantesco, ma probabilmente fu scelto come ultima guida dall'autore perché autorevole rappresentante della conoscenza intuitiva di Dio, quindi la teologia (che è ragione soggetta alla fede) cede il passo alla conoscenza immediata del mistero divino (quindi al dominio totale della fede).
Per farci capire il proprio stato d'animo, Dante si paragona al pellegrino venuto a Roma da lontano, forse dalla Croazia, a vedere il velo della Veronica, che non sente appagato il suo desiderio ma chiede a Gesù Cristo se quella sia davvero la sua immagine; così lui guarda san Bernardo, colui che nel mondo dei vivi poté gustare la pace dei beati grazie alla contemplazione. Il velo della Veronica è un'antica reliquia bizantina: secondo la leggenda, è il velo che l'emorroissa guarita da Gesù (episodio contenuto nei vangeli sinottici) usò per asciugare il volto sanguinante di Cristo. 
San Bernardo si rivolge al poeta chiamandolo figliuol di grazia, perché è ciò che è adesso grazie alla volontà divina, e gli dice che non gli sarà nota la Candida rosa se continuerà a tenere gli occhi fissi sul fondo, poi lo invita a guardare i gradini più alti, così all'apice vedrà la regina a cui il Paradiso è suddito e devoto. 
Dante alza gli occhi e, come al mattino la parte orientale del cielo è più luminosa di quella occidentale, vede nella parte più alta della rosa un punto che vince tutti gli altri in luminosità. Il cerchio di luce che circonda la Vergine è più intenso nel mezzo e meno ai lati, come accade nel cielo, che è più luminoso dove si attende il carro che guidò male Fetonte (il Sole - secondo il mito greco, Fetonte era figlio di Elio e provò a guidare il carro del sole, finì però nel fiume Eridano e morì). Là dove sta la Vergine ci sono più di mille angeli festanti con le ali aperte (penne sparte), ciascuno con uno splendore diverso a seconda del grado di carità. Nel mezzo dei loro giochi e dei loro canti Dante vede ridere la Madonna, la quale emana così tanta bellezza da riempire di letizia gli occhi di tutti i beati; tanto è bella che l'autore non proverebbe a descriverla nemmeno se il suo linguaggio fosse ricco quanto la sua immaginazione. San Bernardo, non appena vede che il poeta tiene gli occhi fissi nella calda luce della Vergine, volge a lei anche il suo sguardo pieno di devozione, invogliando Dante a guardarla con affetto ancora più intenso.

Francesco Abate    


3 commenti:

  1. In questi ultimi canti Dante secondo me ha tirato fuori tutta la sua maestria, sono immagini poetiche che lasciano un segno.
    Baci.

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    1. Dante è stato così bravo perché doveva dimostrare che la lingua volgare poteva essere all'altezza anche di un poema, e poi perché voleva regalare a tutti una bellissima immagine di Dio.
      Abbraccio te, Olivia, e Francesco che è sempre bravissimo.

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    2. Grazie per i commenti.
      Francesca ha centrato il punto: Dante con la Commedia voleva dare la dignità di lingua letteraria al volgare, e qui si trova al cospetto delle immagini più sacre del mondo cristiano, quindi ha deciso di superare sé stesso e ci è riuscito. Qui si compie la magnificenza della Commedia.
      Baci a tutte e due.

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