Neanche si è sgonfiata la polemica sui video delle feste di Sanna Marin, che internet si riempie di nuove immagini scottanti. A cadere sotto i colpi della videocamera stavolta è stato il vicepresidente della Juventus, Pavel Nedved.
Una donna prima e un uomo ora sono stati ripresi durante momenti privati e questi filmati sono stati poi pubblicati senza il loro consenso, causando loro gravi problemi personali e, nel caso della Marin, politici.
Come spesso accade, anche in questo caso assistiamo ad un'incomprensibile inversione della colpa. A finire nel fuoco incrociato delle polemiche sono le vittime di un reato, la Marin e Nedved, mentre poco si dice contro chi ha diffuso quei filmati e quindi ha commesso l'illecito. Chiunque diffonda un video o una foto in cui compare una persona fisica compie un trattamento di dati personali; la diffusione di dati senza l'autorizzazione del soggetto a cui gli stessi fanno riferimento è una violazione delle norme a tutela della privacy. Non può essere invocata in questi casi la tutela della libera informazione perché né la Marin né Nedved hanno commesso reati o danneggiato in alcun modo la collettività, quindi ciò che hanno fatto a quelle feste era affar loro. Diverso fu il caso di Berlusconi alle cui feste erano presenti prostitute minorenni, lì si trattava di far emergere un comportamento illecito tenuto da un uomo delle istituzioni.
Al di là della questione della colpa, resta comunque da fare un'amara riflessione: il Grande Fratello ci guarda e i suoi occhi siamo noi. Viviamo una realtà in cui qualsiasi nostro comportamento può finire in rete, qualsiasi parola o gesto che compiamo potrebbe perseguitarci e intaccare la nostra vita. Lasciarsi andare, vivere qualche ora spensierata, fare qualche pazzia, ormai non è prudente nemmeno per un cittadino comune, perché chiunque potrebbe filmarlo e diffonderlo, creandogli problemi nella vita personale o in quella sociale. Questo fenomeno sfocia in casi estremi come ad esempio il revenge porn, in cui viene filmata una persona in atteggiamenti intimi per poi ricattarla o umiliarla. Qualunque cosa facciamo o diciamo può finire in pasto al pubblico, diventa perciò impossibile ogni spontaneità e di conseguenza viene uccisa la libertà.
George Orwell in 1984 descrive un mondo in cui ogni cittadino è costantemente spiato. La grande forza del regime di cui racconta lo scrittore britannico non è lo spionaggio costante delle case attraverso le tv, ma è l'aver reso potenziali spie tutti i cittadini; se non sai da chi difenderti, non puoi permetterti il lusso di comportarti liberamente, quindi non ti ribellerai. Oggi siamo tutti potenziali spie, tutti pronti coi nostri smartphone a fotografare o filmare, tutti potenziali ladri di momenti privati da rivendere per loschi fini o per ingenuità. Pensateci quando domani bacerete qualcuno al chiaro di luna, o canterete brilli per la strada: può essere che vi stiano filmando, e quel video tra un paio d'anni potrà rovinarvi un fidanzamento o farvi perdere il lavoro.
Siamo tanti occhi curiosi. Tanti occhi senza cervello.
Francesco Abate
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