mercoledì 31 luglio 2024

X AGOSTO DI GIOVANNI PASCOLI

 

San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de' suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono...

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

Come ho già avuto modo di dire in un precedente post, X agosto è la poesia che mi ha fatto innamorare dei versi e se oggi leggo e scrivo lo devo in buona parte a questo capolavoro di Giovanni Pascoli.
Pubblicata per la prima volta sul <<Marzocco>> il 9 agosto 1896 e successivamente inclusa nella raccolta Myricae, questa poesia formata da quartine di endecasillabi e novenari alternati ha il potere di affascinare per la contrapposizione che crea tra il Cielo, infinito e tranquillo, e la Terra, violenta e piena di dolore.
Il poeta vede nella pioggia di stelle cadenti del 10 agosto le lacrime di san Lorenzo e sostiene di sapere cosa provochi il pianto del santo. Sull'immagine della pioggia di lacrime Pascoli torna nell'ultima quartina, quando descrive il Cielo immortale e immobile che piange sulla Terra, che è un atomo opaco del Male.
Per descrivere la crudeltà in cui annegano gli uomini il poeta ricorre a due immagini forti e dolorose, molto vicine alla sua esperienza personale (il padre fu ucciso quando era ancora un bambino). Prima ci mostra una rondine abbattuta mentre tornava al nido col cibo per i suoi cuccioli, poi un uomo ucciso mentre portava in dono delle bambole alle figlie che lo aspettavano a casa. In entrambe le immagini, la vittima mostra al Cielo quel che portava, come a lanciare un atto d'accusa, inoltre in tutti e due i casi l'assassinato viene descritto in modo da avvicinarlo a Gesù Cristo: la rondine è là, come in croce; l'uomo, come Gesù, al momento di morire dice Perdono. La dura esperienza personale di Pascoli lo porta a considerare, e mostrare, come le vittime di questa barbarie non siano solo coloro che perdono la vita, ma anche i loro cari; per mostrarci ciò, ci racconta come il nido a cui tornava la rondine attende e pigola sempre più piano, così come anche nella casa dell'uomo ucciso lo aspettano, aspettano in vano. Alle immagini violentemente dolorose della rondine e dell'uomo uccisi che guardano il Cielo e lo accusano mostrandogli l'atto d'amore interrotto per sempre vengono così affiancate quelle dei cari che in silenzio si consumano nella vana attesa.

Ancora oggi, nonostante abbia letto molto da quando tanti anni fa l'ho scoperta, giudico X agosto una delle più belle poesie mai scritte. Trovo straordinaria la grazia con la quale Pascoli ha saputo contrapporre la sanguinosa realtà umana all'universo immenso, la perfezione delle immagini scelte per dipingere il dolore delle vittime innocenti e la delicatezza con cui accenna al lutto dei cari. C'è in questi versi un silenzio tanto tragico quanto pacifico, non un urlo straziante ma un pianto sommesso.

Francesco Abate

martedì 30 luglio 2024

INFERNO AL TERRACINA BOOK FESTIVAL

 

Sono felice di annunciarvi che avrò il piacere di presentare Inferno al Terracina Book Festival il prossimo 31 agosto a partire dalle ore 18.
Sarà per me l'occasione, oltre che di parlare del mio libro, di incontrare alcuni dei finalisti dell'ultimo Premio Nabokov.

Non vedo l'ora.

Francesco Abate

domenica 21 luglio 2024

BRASILE

 

Brasile è una poesia contenuta nella mia raccolta Inferno.
In questa poesia parlo del paese più grande del sud America, che è anche simbolo dello sfruttamento ad opera dell'Occidente. Terra ricca di risorse agricole e minerarie, il Brasile è stato interamente sfruttato dagli Stati Uniti e dai paesi europei (da qualche anno ci si è messa anche la Cina) per la coltivazione del cacao e l'estrazione delle risorse minerarie, riducendo la popolazione locale ad un deposito di manodopera a basso costo da sfruttare e buttare via.
Il Brasile è uno dei tanti esempi di sfruttamento neocoloniale operato dall'Occidente. Eppure i brasiliani vivono con passione un sogno, il calcio, e questo nella mente di un bambino povero e sofferente può diventare l'unica fonte di speranza, l'unica strada da percorrere per riscattarsi. Nella poesia io canto appunto ad un bambino brasiliano che sogna di diventare calciatore, che gioca mentre il suo paese viene depredato e maltrattato dalle potenze straniere.
"Rotola nella ghiaia il tuo sogno
e rotola nello spazio il tuo pianeta
ma gli applausi che senti
sono ululati di lupi bipedi
venuti a pulire il paese."
Concludo la poesia con una raccomandazione:
"Difendi il tuo sferico sogno
e dimentica questo sferico pianeta
che mai ti protegge
e dà forza alle bestie
venute a spegnerti i sogni."


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Francesco Abate

giovedì 18 luglio 2024

HAMAS DI PAOLA CARIDI

 

<<E' troppo semplice descrivere Hamas meramente come una organizzazione terroristica. E' un movimento nazionalista religioso che ricorre al terrorismo - così come il movimento sionista fece durante la lotta per la creazione dello stato - nella convinzione sbagliata che quello sia l'unico modo per far terminare un'occupazione oppressiva e che avrebbe restituito uno stato palestinese.>>
Ho voluto iniziare il post riportando queste parole pronunciate dall'ex presidente dell'American Jewish Congress, Henry Siegman, per mostrare subito come non sia affatto esaustivo descrivere Hamas semplicemente come organizzazione terrorista.
Come tutti sappiamo, è in corso dal 7 ottobre 2023, data del sanguinoso massacro perpetrato dalle Brigate Izz al Din al Qassam, l'ala militare di Hamas, il genocidio del popolo palestinese ad opera delle forze di occupazione israeliane. Come sin troppo spesso è accaduto nella storia, una nazione militarmente forte sta usando un torto subito per giustificare azioni abominevoli e contrarie al diritto internazionale.
In un momento storico in cui la questione palestinese è riesplosa con tanta prepotenza, diventa necessario conoscerne meglio uno dei protagonisti, il gruppo denominato Hamas. Per approfondire un po' ciò che riguarda questa fazione, della quale tutti parlano ma pochi sanno davvero qualcosa, si rivela molto utile un saggio che vi consiglio, scritto dalla giornalista Paola Caridi e rieditato proprio all'indomani degli attentati del 7 ottobre 2023: Hamas. Dalla resistenza al regime.
La conoscenza che abbiamo di Hamas si ferma spesso alla sua identificazione come gruppo terrorista, ma in realtà la sua complessa storia ci rivela un movimento molto complesso in cui convivono un'anima politica ed una militare; l'ultima purtroppo ha preso di recente il sopravvento.
La fondazione di Hamas risale all'anno 1987, durante la Prima Intifada. Il gruppo non fu fondato dall'oggi al domani, ma nacque da una costola dei Fratelli musulmani palestinesi con l'intento di perseguire in modo più attivo il proprio obiettivo di creare il buon palestinese musulmano e liberarlo dall'oppressione israeliana. Delle varie costole dei Fratelli musulmani esistenti in Medio Oriente, Hamas è stata l'unica a usare con una certa sistematicità la violenza, ma questo si spiega facilmente col fatto che è stata l'unica a dover affrontare l'occupazione di una forza straniera.
L'uso della violenza ad opera di Hamas toccò il suo picco con la stagione degli attentati suicidi, che durò dal 1994 al 2005. Anche in questo caso, la violenza, seppur ingiustificabile, nacque come reazione ad un atto subito: il 25 febbraio 1994, ultimo venerdì di ramadan, il colono israeliano Baruch Goldstein aprì il fuoco dentro la Moschea Ibrahimi, la più santa dopo le moschee della Spianata di Gerusalemme, uccidendo ventinove fedeli in preghiera prima di venire linciato dalla folla. Hamas considera ancora oggi quello il momento della svolta che portò all'inizio degli attentati suicidi che per più di dieci anni terrorizzarono gli israeliani.
Il 2005 fu l'anno in cui Hamas decise la tregua unilaterale, la fine della stagione dei suicidi, ed iniziò la propria attività politica in vista delle elezioni del 2006. Il 25 gennaio 2006 il mondo fu scosso da una notizia sconvolgente: Hamas aveva vinto le elezioni, battendo nettamente Fatah. Poteva essere un'occasione da cogliere per normalizzare il movimento, per dare forza alla sua componente politica a discapito di quella militare, ma in politica estera quasi mai l'Occidente ci vede lungo e anche allora non fece eccezione: Israele, USA ed UE scelsero di isolare Hamas e di ostacolarne in tutti i modi l'azione di governo, riconoscendo solo Fatah come interlocutore e rendendo di fatto l'Autorità Nazionale Palestinese ingovernabile. Israele, che per conto dell'ANP riscuote le tasse, bloccò a più riprese l'erogazione dei fondi, lasciando ad Hamas il compito di governare un territorio senza avere denaro a disposizione.
Quella del 2006 fu però davvero una grande occasione persa, e col senno di poi si può dire con ancora più forza. Hamas era stata eletta alla guida della Palestina non per la sua storia di violenza, ma perché negli anni aveva sviluppato una fitta rete di assistenza sociale, riuscendo ad aiutare i palestinesi più in difficoltà, quelli dei campi profughi della Striscia di Gaza sempre più isolata dall'occupante israeliano. La svolta politica di Hamas l'aveva anche portata a delle aperture che ne mitigavano l'estremismo; se, come già detto, nella carta costitutiva era detto senza mezzi termini che Israele andava distrutto, nelle dichiarazioni ufficiali dei suoi esponenti politici dopo le elezioni era ventilata l'ipotesi di una lunga tregua (dieci o venti anni) e la richiesta del riconoscimento dei confini del 1967, aprendo di fatto ad un riconoscimento dello Stato di Israele e ad una convivenza più pacifica. Se la comunità internazionale avesse assecondato Hamas nella svolta politica, avrebbe consolidato la forza dell'area diplomatica del movimento e limitata l'influenza dei gruppi militari. La strategia occidentale invece ha legato le mani ad Hamas, mostrando ai suoi elementi più estremisti come la via diplomatica fosse inutile, ed ha finito col tempo per indebolire l'area politica del movimento, aprendo di fatto la strada al massacro del 7 ottobre 2023.
Insieme alla miopia occidentale, che ha reso impotente la parte politica di Hamas rinforzando quella militare, decisivo per il ritorno alla violenza in Palestina è stato anche il disinteresse dei paesi arabi. Se in passato i paesi arabi avevano più o meno solidarizzato col popolo palestinese (pur dividendosi nei momenti decisivi, lasciando campo libero agli israeliani), in tempi recenti è emersa chiaramente l'insofferenza per la questione che tendono a normalizzare attraverso accordi con Israele siglati senza neanche interpellare i delegati dell'ANP. Ne sono un esempio lampante gli Accordi di Abramo, siglati dai paesi arabi con Israele al solo scopo di salvaguardare gli scambi commerciali ed isolare politicamente l'Iran, nei quali non si tiene minimamente conto degli interessi e della volontà dei palestinesi. Fallita la strategia dell'impegno politico, e visto l'isolamento in campo internazionale, è facile immaginare come gli estremisti all'interno di Hamas abbiano avuto gioco facile nel riacquistare potere.

Con questo post non pretendo di aver fornito un identikit completo di Hamas, un movimento così complesso e dalla storia tanto lunga non può essere spiegato in poche righe. Il mio intento è solo quello di aprire la mente a chi, semplicisticamente, etichetta il movimento come terrorista ed accetta supinamente la narrazione ambigua dei paesi occidentali (quelli che storcono il naso davanti al genocidio ma continuano a vendere armi ad Israele).
Per avere un quadro più esaustivo vi consiglio vivamente di leggere il saggio Hamas. Dalla resistenza al regime di Paola Caridi. Il saggio è scritto bene ed è facilmente leggibile anche da chi conosce poco la storia palestinese e vi permette di entrare nella complessità di Hamas, condizione indispensabile non solo per capire meglio cosa sta succedendo adesso in Medio Oriente, ma anche per imparare che la realtà è sempre molto più complessa di quanto sembri e che le etichette possono descrivere bene solo i prodotti sugli scaffali di un supermercato.

Concludo urlando: STOP AL GENOCIDIO!

Francesco Abate 

lunedì 8 luglio 2024

GERMOGLI BRUCIATI (AI BAMBINI)

 

Germogli bruciati (ai bambini) è una poesia contenuta nella raccolta Inferno.

I bambini sono la categoria più esposta ad ingiustizie e violenze, sia nelle zone di pace che in quelle di guerra, e la loro mattanza resta nel silenzio perché non hanno la forza di trasformare il loro dolore in un caso mediatico, come possono fare altre categorie di vittime.
Quando Israele dichiara di operare per la distruzione di Hamas, sta nascondendo decine di migliaia di bambini uccisi dai bombardamenti e dai fucili dei soldati, e quando la Russia sostiene di combattere per estirpare il nazismo dall'Ucraina, tace le migliaia di bambini uccisi o ridotti in miseria; questo vale per tutti i conflitti in ogni angolo del pianeta, non solo per i due che ho citato. Non c'è bisogno però di andare lontano per trovare bambini vittime di violenze fisiche o psicologiche: tra reati sessuali, violenze in famiglia e traffico di organi anche sotto il nostro naso ci sono tante piccole vittime silenziose.
I bambini sono il nostro futuro, i germogli dell'umanità, eppure vengono bruciati senza alcuna pietà. Ecco di cosa parla questa poesia ("Poteva essere giardino, invece è deserto: / tutti i germogli sono stati bruciati").


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Francesco Abate

martedì 2 luglio 2024

"PASSA LA NAVE MIA, SOLA, TRA IL PIANTO" DI GIOSUE CARDUCCI

 

Passa la nave mia, sola, tra il pianto
de gli alcion, per l'acqua procellosa;
e la involge e la batte, e mai non posa
de l'onde il tuon, de i folgori lo schianto.

Volgono al lido, ormai perduto, in tanto
le memorie la faccia lacrimosa:
e vinte le speranze in faticosa
vista s'abbatton sovra il remo infranto.

Ma dritto su la poppa il genio mio
guarda il cielo ed il mare, e canta forte
de' venti e de le antenne al cigolio:

- Voghiam, voghiamo, o disperate scorte,
al nubiloso porto de l'oblio,
a la scogliera bianca de la morte.

Questo sonetto fu scritto da Carducci nel 1851 col titolo La mia vita, ma vide la luce nelle Poesie solo nel 1871.
Il poeta in questi versi dipinge la propria vita come una nave in balìa della tempesta. I suoi ricordi e le sue speranze sono marinai abbattuti, chini senza forze sui remi, mentre lui è il capitano che li invita a vogare non per resistere, ma per giungere al nuvoloso porto dell'oblio, alla scogliera bianca della morte.
In questo sonetto è molto forte l'influenza di Petrarca, infatti l'incipit ricorda molto quello di una poesia del Canzoniere ("Passa la nave mia colma d'oblio").
Sebbene nella poesia la nave sia in balìa della tempesta, i versi non descrivono scene violente, perché il poeta è già vinto, non sta lottando. L'imbarcazione procede accompagnato dal verso dei gabbiani, che diventa il pianto de gli alcion, chiaro riferimento al mito greco di Alcione mutata in uccello marino (Ovidio, Metamorfosi). La tempesta infuria, tiene la nave in suo potere; i ricordi volgono lo sguardo indietro e piangono, mentre le speranze vinte dalla stanchezza si accasciano sul remo. Dritto sulla poppa c'è lo spirito del poeta (il genio mio) che canta forte e continua ad incitare i suoi marinai (speranze e memorie, appunto); non è però un incitamento a lottare, bensì è un invito all'autodistruzione, all'abbandono attivo delle speranze, alla corsa verso la morte e l'oblio.

In questo sonetto, tanto dolce e triste, si può cogliere il senso di delusione della vita che può impossessarsi di un uomo e spingerlo a desiderare la morte come una liberazione.

Francesco Abate