lunedì 11 maggio 2015

LETTERATURA: RECENSIONE DEL “SIDDHARTHA” DI HERMAN HESSE

Siddharta, pubblicato nel 1922 dallo scrittore tedesco Herman Hesse, può considerarsi un’opera dello spirito, infatti indaga la ricerca spirituale che ogni essere umano compie nella propria vita e la illustra analizzando il cammino di Siddhartha, protagonista della storia. L’interessamento alle tematiche spirituali di Hesse ha origini profonde, egli infatti fu figlio di un missionario protestante e della figlia di un missionario cultore di orientalistica, fu avviato a sua volta agli studi teologici, però non li concluse.

Siddhartha è il figlio di un bramino, è educato secondo le tradizioni della sua gente, ma queste non sembrano appagare la sua sete di conoscenza, egli non si sente appagato dai precetti che osserva. Si stacca perciò dalla sua gente e intraprende un cammino che lo porta prima tra i samana (asceti che praticano meditazione, digiuno ed elemosina), poi alla perdizione ed infine, quando tutto sembra perduto, all’incontro con un semplice barcaiolo. Il giovane Siddhartha si distacca dalle tradizione della sua gente, poi da quelle dei samana ed infine fugge anche dalla dottrina del Buddha perché comprende che non può essere la dottrina a portare all’Illuminazione, un uomo deve trovare il proprio Io e non può riuscirci seguendo i precetti di qualcun altro perché è impossibile illustrare il cammino che porta all’Illuminazione. Giunto a tale conclusione, Siddhartha decide di abbandonare la vita di ascetismo che aveva abbracciato e riscopre i piaceri del mondo, il sesso, la ricchezza e i vizi. Sulle prime riesce ad assaporare le “cose umane” rimanendone però distaccato, poi però ne finisce assorbito e si perde. Di colpo, dopo molti anni, Siddharha capisce di essere perduto e prende una drastica decisione, proprio mentre sta per attuarla però ritrova la sua rinascita e l’incontro con una persona vista anni prima lo porta ad abbandonare la ricerca.

Dal 1922, anno della pubblicazione, ad oggi, Siddhartha è un romanzo di riferimento per i giovani. Pur essendo scritto in maniera semplice e scorrevole, esso affronta lo spinoso tema della ricerca dell’Io e quindi della conoscenza della propria spiritualità. Partendo dai precetti presenti da secoli nelle culture indù e buddhiste, il protagonista vive alla ricerca di sé stesso e delle verità sul mondo. Capisce prima che non troverà quel che cerca nelle dottrine, perché le parole non possono enunciare concetti tanto profondi e complessi ed anche il pensiero non può comprenderli appieno, poi scopre che non è la negazione del mondo a portare alle verità assolute anzi, la conoscenza profonda dei lati negativi dell’animo umano diventa decisiva per il cammino verso l’illuminazione del protagonista. La conclusione finale del romanzo è che il mondo è il tutto, per comprenderlo e per giungere all’illuminazione è importante abbandonare il concetto di tempo, capire che le cose non sono prima qualcosa e poi qualcos’altro, ma sono tutto in ogni momento, e capendo tale verità bisogna arrivare ad amare tutte le cose. A questa conclusione si ci può arrivare solo smettendo di cercare la verità, vivendo ascoltando la voce che ognuno ha dentro di sé ed osservando tutto ciò che ci circonda (chi cerca infatti perde di vista ciò che non cerca, finendo per avere solo una visione parziale delle cose).
Non stupisce che il romanzo sia divenuto una lettura fondamentale per i giovani di diverse generazioni. Un tema molto complesso come la ricerca spirituale è infatti affrontato con semplicità, cosa che ovviamente manca ai saggi dei filosofi e dei teologi, rendendo quindi il romanzo sempre scorrevole e facile da leggere. La diffusione dell’opera è stata poi di certo aiutata anche dal fascino che le culture orientali esercitano su noi occidentali da diversi decenni. Ad affascinare è sicuramente stata anche la scelta dell’autore di rinnegare la dottrina come caposaldo della ricerca spirituale, cosa che nell’Europa cristiana suona un po’ come un sacrilegio, ed affidare il ruolo di protagonista all’uomo che per scoprirsi e per scoprire il mondo deve vivere, osservare e capire. Sparisce anche la negazione di ciò che è materiale e l’assunto che tutto quello che è tangibile è negativo, spariscono anzi i concetti di bene e male così come definiti nella cultura occidentale.



CITAZIONI
<< Singolare fu in verità la mia vita – pensava – singolari deviazioni ha preso. Ragazzo, non ho avuto a che fare se non con dèi e sacrifici. Giovane, non ho avuto a che fare se non con ascesi, meditazione e concentrazione, sempre in cerca del Brahman, sempre intento a venerare l’eterno nell’Atman. Ma quando fui un giovanotto mi riunii ai penitenti, vissi nella foresta, soffersi il caldo e il gelo, appresi a sopportare la fame, insegnai al mio corpo come morire. Meravigliosa mi giunse allora la rivelazione attraverso la dottrina del grande Buddha, e sentii la conoscenza dell’unità del mondo circolare in me come il mio stesso sangue. Ma anche da Buddha e dalla grande conoscenza mi dovetti staccare. Me ne andai, e appresi da Kamala la gioia d’amore, appresi da Kamaswami il commercio, accumulai denaro, dissipai denaro, appresi ad amare il mio stomaco, a lusingare i miei sensi. Molti anni dovetti impiegare per perdere lo spirito, disapprendere il pensiero, dimenticare l’unità. Non è forse come se lentamente e per lunghe deviazioni io mi fossi rifatto, d’uomo, bambino, di saggio che ero, un uomo puerile? Eppure è stata assai buona questa via, e l’usignolo non è ancor morto nel mio petto. Ma che via fu questa! Son dovuto passare attraverso tanta sciocchezza, tanto vizio, tanto errore, tanto disgusto e delusione e dolore, solo per ridiventare bambino e poter ricominciare da capo. Ma è stato giusto, il mio cuore lo approva, gli occhi miei ne ridono. >>



Francesco Abate

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