Dalla
rivoluzione di febbraio era uscito un governo presieduto da L’vov e che, in
barba ad operai e contadini che avevano fatto la rivoluzione, faceva gli
interessi di latifondisti e grandi immobiliaristi. I soviet erano divisi, al
loro interno la posizione dominante l’avevano i menscevichi e i social
rivoluzionari, mentre i bolscevichi erano in minoranza. Operai e contadini
avrebbero voluto l’uscita immediata della Russia dalla prima guerra mondiale e
la riforma agraria, invece il governo, i cui finanzieri non volevano entrare in
conflitto con Francia e Inghilterra, dichiarò la continuazione della guerra
finché la Germania non sarebbe caduta e ammonì i contadini affinché
desistessero dal continuare l’occupazione delle terre. Dalla Svizzera Lenin, in
una lettera, tornò a auspicare l’armamento del proletariato.
Aprile
1917 = dalla Svizzera, Lenin arrivò a Pietrogrado (fino al 1914 la città si
chiamò Pietroburgo, poi Pietrogrado, poi nel 1924 divenne Leningrado e nel 1991
tornò ad essere Pietroburgo), favorito dai tedeschi e attraverso Germania e
Svezia. Allora enunciò le Tesi di aprile in
cui chiudeva all’ipotesi di continuare la guerra e disse che contadini poveri e
proletariato avrebbero dovuto prendere il potere.
Maggio
1917 = il governo provvisorio dichiarò la continuazione della guerra a scopo
difensivo. Nel nuovo gabinetto di coalizione entrò a far parte Kerenskij come
ministro della guerra e lui stesso ebbe una posizione dominante nel governo di
L’vov.
Kerenskij
cercò di galvanizzare l’esercito perché combattesse per sconfiggere gli imperi
centrali, il ministro dell’agricoltura Cernov, un social rivoluzionario, difese
il latifondo dall’assalto dei contadini e il ministro del lavoro Skobelev
cominciò una politica di contenimento dei salari.
La
guarnigione di Pietrogrado, contraria alla continuazione della guerra, tentò di
insorgere e chiese al locale soviet di assumere il potere. Alla rivolta, dopo
averla inizialmente sconsigliata, parteciparono i bolscevichi, ma finì con una
facile repressione attuata dal governo. Lenin, accusato di essere un agente
tedesco, dovette fuggire in Finlandia; Trotzkij (un menscevico, che però era
molto vicino a Lenin) fu arrestato. L’vov decise di estendere la repressione
nelle campagne, ma gli altri membri del governo non furono d’accordo e dovette
dimettersi. Dopo le dimissioni di
L’vov, il governo fu affidato a Kerenskij. Kerenskij
nominò Kornilov, unico generale zarista ad aver sempre manifestato idee
repubblicane, comandante supremo.
25
agosto 1917 = Kornilov, durante una riunione della Consulta di stato, chiese
poteri amplissimi tra cui la militarizzazione degli addetti a produzioni
chiave, inoltre quando i tedeschi arrivarono a Riga, chiese la proclamazione
dello stadio d’assedio a Pietrogrado (che equivaleva a mettere anche il governo
nelle sue mani). Quando Kerenskij rifiutò le richieste e destituì il generale,
perché non disposto a mettere il suo governo nelle sue mani. Kornilov marciò
sulla capitale. I bolscevichi organizzarono la resistenza ed ebbero un ruolo di
primo piano nella lotta a Kornilov e, una volta sconfitto il generale,
acquistarono un notevole ascendente nei Soviet, quindi si posero come forza
alternativa al governo di Kerenskij.
20
ottobre 1917 = Lenin tornò a Pietrogrado.
23
ottobre 1917 = durante una riunione del comitato centrale del partito
bolscevico, Lenin pose la questione del potere. Lenin vedeva la rivolta operaia
di Torino e l’ammutinamento della flotta tedesca come l’inizio della
rivoluzione mondiale, quindi premeva per l’insurrezione armata dei proletari. Al
contrario Kamenev non credeva nell’imminenza della rivoluzione mondiale, quindi
era propenso a battersi democraticamente per il rafforzamento dei Soviet e per
la formazione dell’assemblea costituente.
Novembre
1917 = nella notte tra il 6 e il 7 formazioni armate dei bolscevichi occuparono
i centri nevralgici di Pietrogrado. Solo il palazzo d’inverno riuscì a
resistere fino all’8 novembre, poi fu preso e i ministri furono arrestati
(tranne Kerenskij che era fuggito). Lo stesso giorno il II congresso pan russo
decretò l’assunzione del potere e formò un governo rivoluzionario di soli
bolscevichi il cui presidente sarebbe stato Lenin; Stalin fu commissario per le
nazionalità e Trotzkij commissario agli affari esteri. La rivoluzione fu
chiamata rivoluzione d’ottobre perché all’epoca i russi seguivano ancora il
calendario giuliano, quindi l’8 novembre per loro era il 26 ottobre.
Il primo atto del nuovo
governo bolscevico fu la pace senza annessioni e senza indennità.
Il governo emanò anche il decreto sulla terra = abolì
la grande proprietà fondiaria, mettendo a disposizione dei comitati agricoli le
tenute dei latifondisti, le terre del demanio e della chiesa. Proibì il lavoro
salariato nelle campagne.
Il governo decretò anche
il controllo operaio sulla produzione, conservazione e compravendita di tutti i
prodotti e materie prime. Decretò anche l’eguaglianza di tutti i popoli della
Russia e riconobbe il loro diritto all’autodeterminazione. Sulle prime Lenin
non avrebbe voluto le elezioni per la formazione dell’assemblea costituente,
che dichiarò non utile in una forma di democrazia “superiore al governo della
borghesia”, ma dovette cedere e le elezioni diedero una maggioranza notevole a
socialrivoluzionari e menscevichi, mentre ai bolscevichi andò circa il 25%.
Lenin continuò ad
auspicare che gli altri paesi sviluppati seguissero il modello russo.
Il 18 gennaio 1918 la costituente si riunì a
Pietrogrado, in un palazzo presidiato dalle truppe rivoluzionarie. La prima
votazione fu un chiaro pronunciamento antibolscevico, con l’elezione alla
presidenza di un social rivoluzionario moderato: furono approvati tre decreti
concernenti la riforma agraria, la pace e la proclamazione della repubblica.
Mentre si discuteva il primo decreto, un marinaio armato salì fino al seggio
del presidente e invitò l’assemblea a sciogliersi perché << la guardia
era stanca >>. Il giorno dopo un decreto del comitato esecutivo dei
Soviet dichiarò sciolta la costituente. Del popolo nessuno si ribellò, infatti
le aspettative di contadini ed operai erano già state soddisfatte, inoltre il
popolo russo non aveva una tradizione parlamentare e non aveva coscienza delle
libertà civili, quindi non capì la gravità di quanto era appena accaduto.
Francesco Abate
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